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Iran, ecco gli otto candidati alla presidenza

Pubblichiamo un articolo uscito sul sito dell’Aspen Institute Italia

Sono otto i candidati impegnati nella campagna elettorale per le 11esime elezioni presidenziali nella Repubblica islamica, previste per il prossimo 14 giugno, che segneranno la fine del secondo e ultimo mandato di Mahmoud Ahmadinejad. I contendenti, tramite dibattiti televisivi e campagne gestite sui social network, promuovono i propri programmi elettorali allo scopo di guadagnare il sostegno popolare e il benestare della Guida suprema, l’Ayatollah Ali Khamenei.

Lo scorso 21 maggio si era concluso il processo di selezione che ha portato da ben 686 candidati che si erano registrati per contendersi la carica agli otto ufficialmente approvati: un processo affidato al Consiglio dei Guardiani, i cui dodici membri hanno il compito di vagliare le credenziali dei potenziali candidati in base ai criteri che il presidente deve possedere secondo la costituzione. Tra gli esclusi, spiccano Ali Akbar Hashemi Rafsanjani, ex presidente ed attuale capo del Consiglio per il Discernimento, ed Esfandiar Rahim Mashai, consuocero e braccio destro di Ahmadinejad. La squalifica di Mashai dalla competizione elettorale era prevedibile, data la sua categorizzazione come esponente “deviazionista” e la ben nota ostilità di Khamenei verso la sua retorica nazional-populista.

Tuttavia, la mancata approvazione di Rafsanjani, giustificata con l’età avanzata dell’ex presidente, ha suscitato scalpore: il profilo di rilievo di Rafsanjani e le innumerevoli cariche da lui ricoperte sin dalle origini della Repubblica islamica facevano infatti presupporre un’approvazione a denti stretti da parte del Consiglio, nonostante egli fosse accusato di aver sostenuto le proteste post-elettorali del 2009. Mentre Rafsanjani ha accettato la propria squalifica senza avanzare obiezioni, ben diversa è stata la reazione di Ahmadinejad, all’eliminazione di Mashai dalla corsa elettorale; si tratta in pratica del fallimento del “modello Putin-Medvedev” a cui l’attuale presidente ambiva. Ha così minacciato, qualora la candidatura del suo protetto non venga riconsiderata, di rilasciare informazioni imbarazzanti su esponenti della leadership coinvolti in atti di corruzione.

L’esito della selezione del Consiglio dei Guardiani sembra rafforzare le interpretazioni secondo cui la leadership ha optato per il pieno mantenimento del controllo nella gestione delle elezioni, anche a scapito della drastica riduzione dello spettro politico a cui i candidati rimasti appartengono. Sembra dunque improbabile che vengano ripresi in considerazione alcuni degli squalificati.

Gli otto candidati della rosa finale appartengono a tre gruppi diversi. Quattro di loro fanno parte dei “Principalisti”, schieramento che gode del sostegno del Leader supremo, di cui i candidati seguono pienamente la linea di pensiero sia in politica estera che interna.

Tra questi vi sono Qolam-Ali Haddad Adel, consuocero di Khamenei ed ex presidente del parlamento; Ali Akbar Velayati, uno dei consiglieri di Khamenei in questioni di politica estera; Mohammad Baqer Qalibaf, sindaco di Teheran dal 2005 che gode di popolarità nella capitale; e Saeed Jalili, segretario del Consiglio Supremo di Sicurezza Nazionale e capo negoziatore nucleare. I primi tre fanno parte della cosiddetta coalizione 2+1, la cui strategia sarebbe quella di scegliere, ad una settimana dalle elezioni ed in base alla popolarità registrata a seguito dei dibattiti televisivi, il candidato meglio posizionato facendolo competere a rappresentanza della coalizione, in modo da ottenere un maggior numero di voti.

Ad oggi, tuttavia, non ci sono elementi che indichino che questa strategia verrà effettivamente perseguita, dato che Haddad Adel, Velayati e Qalifab sembrano egualmente intenzionati a contendersi la carica; con il rischio che la decisione venga presa all’ultimo minuto, disperdendo voti ed indebolendo il fronte Principalista. Jalili, che non fa parte della coalizione 2+1 e la cui retorica sostenitrice della “resistenza” sia economica che verso la pressione “del nemico” richiama fortemente le parole di Khamenei, viene al momento considerato il favorito tra i Principalisti.

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