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Benessere e Felicità si misurano in città

Un noto editorialista e scrittore americano ha dato una stringata ma efficace definizione del Pil “è una cifra che comprime una grandezza immensa”

La traduzione italiana di questa affermazione si chiama Bes, cioè Benessere Equo e sostenibile: un set di indicatori in grado di misurare il progresso di una società, non solo la sua crescita economica.

E l’Italia, terra di mille campanili non si è accontentata. Al Rapporto Bes si è ora affiancato un ulteriore rapporto: l’UrBes dedicato a 15 città italiane, individuate secondo quanto stabilito dalla legge 135 del 2012 (quella sulle città metropolitane)

Il Rapporto rappresenta una sorta di “numero zero” della mappa della qualità della vita nelle realtà urbane d’Italia.

Un numero zero che dovrà essere implementato sia dal punto di vista del numero delle città analizzate che dal punto di vista del numero degli indicatori presi in considerazione, puntando a misurare e a considerare tutto ciò che va “oltre il Pil”, tutto ciò che può contribuire a definire lo “stile di vita italiano”.

È bene chiarire che non si stanno cercando giustificazioni ai problemi di mancata crescita. Tutt’altro. L’obiettivo è invece costruire un sistema di misurazione dello stato di benessere (o di malessere) del nostro Paese, a partire dalle nostre città, in modo che si possano indirizzare al meglio le politiche di sviluppo.

Qualcuno potrebbe anche chiedersi perché in un’era in cui “globalizzazione” sembra essere la parola d’ordine in ogni settore e per ogni iniziativa, CNEL, ISTAT e municipalità si interrogano sullo “stato di salute” delle città.

Già da alcuni anni l’OCSE fornisce una serie di dati che rilevano una accelerazione della cosiddetta urbanizzazione. Questa tendenza, di conseguenza, rafforza il peso delle grandi città o delle aree metropolitane nell’ambito dello sviluppo più generale degli Stati. Più della metà della popolazione totale dei paesi OCSE vive nelle aree urbane. La zona OCSE annovera circa ottanta aree metropolitane da 1,5 milione di abitanti medi ognuna, nelle quali tendono a concentrarsi una notevole parte delle attività economiche nazionali. Sono i casi, ad esempio, di Budapest, Seoul, Copenaghen, Dublino, Helsinki. Bruxelles poi concentra quasi la metà del PIL nazionale nell’area metropolitana, mentre Oslo, Auckland, Praga, Londra, Stoccolma, Tokyo e Parigi registrano un PIL che rappresenta circa un terzo di quello nazionale.

Alcuni esempi di casa nostra tratti dal Rapporto UrBes (il benessere equo e sostenibile delle città) presentato lo scorso 15 giugno a Pesaro dal Presidente del CNEL Antonio Marzano e dall’ex Presidente dell’Istat, oggi Ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Enrico Giovannini

Nella provincia di Napoli, nel 2012, il tasso di occupazione si ferma al 40,1%, con un incremento, dal 2008, del tasso di mancata partecipazione al lavoro di circa il 6%; nella provincia di Bologna il tasso di occupazione è al 72,8%, con un incremento del tasso di mancata partecipazione oltre il 5%.

Nel 2010 la percentuale più elevata di raccolta differenziata dei rifiuti urbani si registra a Torino, ma dal 2005 al 2011 la città che ha incrementato di più la percentuale di raccolta differenziata, dal 5,8 al 34,7%, è stata Cagliari.

Dati dunque che permettono di avere un quadro più “allargato” della situazione di alcuni importanti Comuni della Penisola italiana; dati fondamentali per determinare nuove policy. Appare evidente dunque che per essere più competitivi e avere più sviluppo bisogna ripartire dalle città. L’obiettivo è quello di costruire tante smart cities per avere uno smart State.

Effettuato il check up, cioè un percorso di analisi in grado di offrire una valutazione globale sullo stato di salute delle città poste sotto esame, si deve passare alla risoluzione di eventuali patologie con le cure e le terapie più idonee. E le “cure” in questo caso si chiamano “politiche”, “riforme”.

L’importanza del lavoro svolto dal CNEL e dall’ISTAT assume ancor più rilevanza se si considera che i Paesi che fanno parte delle Nazioni Unite sono impegnati nel tentativo di raggiungere un accordo sul futuro del Pianeta. La partita che si sta giocando nel palazzo di vetro a New York si concluderà con l’aggiornamento dei Millennium Development Goals (Mdg), otto obiettivi articolati in una sessantina di indicatori lanciati nel 2000 e validi per il primo quindicennio del nuovo secolo. E nella stesura dei nuovi obiettivi non mancherà un riferimento anche alla felicità, o meglio al progresso e al benessere, così come misurato ed illustrato dai rapporti Bes e UrBes.

È evidente infatti che l’attuale crisi è un acceleratore del cambiamento che può essere letta sia come problema che come opportunità.

Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose”. E se lo diceva Einstein…..

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