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Perché i rimedi di Google non convincono gli editori

Per Google una regolamentazione più severa a livello europeo verso l’uso dei motori di ricerca su Internet potrebbe finire per penalizzare l’innovazione. Il colosso americano, da oltre tre anni nel mirino della Commissione Europea, dalla quale sono partite accuse di abuso di posizione dominante, vuole averla vinta a tutti i costi.
“L’innovazione sarebbe davvero penalizzata se le cose fossero congelate al punto in cui sono ora”, ha detto Amit Singhal, uno degli ingegneri di Google responsabili della ricerca, intervistato dal Financial Times. “Stiamo costruendo il motore di ricerca del futuro, siamo vicini al punto in cui si parla a Google per chiedere qualunque cosa un utente voglia sapere”, ha dichiarato Singhal.

Richieste respinte
Le proposte presentate da Google per mettere fine all’indagine dell’antitrust per abuso di posizione dominante andavano migliorate. Joaquin Almunia, commissario europeo per la concorrenza, il mese scorso aveva detto di essere “sicuro quasi al 100%” che sarebbe stato chiesto a Google di farlo.
Ma le mosse di Google per evitare la multa non hanno convinto i suoi concorrenti che hanno così respinto tutti i ‘rimedi’ anticoncorrenza che l’azienda di Mountain View ha presentato alla Commissione Ue per mettere fine all’indagine partita dopo le segnalazioni di alcuni motori di ricerca specializzati che hanno dichiarato di essere discriminati nella competizione con il gigante californiano.

Un documento congiunto
Centinaia dei maggiori editori europei di giornali quotidiani e periodici e le loro associazioni di categoria a livello europeo e nazionale hanno predisposto un documento comune che evidenzia le criticità delle proposte di Google per bloccare la procedura di abuso. Nel documento si chiede “l’immediato rigetto” delle proposte e si ribadisce “la necessità dell’adozione di uno Statement of Objections, passo necessario per il proseguimento dell’indagine europea”.

Le proposte di Google
A Mountain View si erano impegnati a rendere chiaramente identificabili i risultati di una ricerca che rimandano ai servizi di Google e a evidenziare anche i link ai motori di ricerca concorrenti.
Ma ai concorrenti non piace questo rimedio con cui Google propone di ‘marcare’ in modo così tangibile i suoi link o i suoi contenuti.

Le indicazioni di FairSearch
Secondo il gruppo di 17 operatori battezzato FairSearch di cui fanno parte, tra gli altri, Microsoft, Oracle, Nokia, Expedia e TripAdvisor, i rimedi presentati sono talmente dannosi che ”sarebbe meglio non fare nulla”, perché – come riporta l’agenzia Ansa – se la Commissione li accettasse metterebbe fine all’indagine su Google senza risolvere i problemi dei suoi concorrenti.
Ad essere contestato è anche lo spazio che ormai i contenuti di Google occupano nelle pagine di ricerca.
Capita troppo spesso infatti che le informazioni che Google mostra dopo una ricerca siano sufficienti all’utente a tal punto da ridurre drasticamente la possibilità che lo stesso clicchi su altro e quindi vada a visitare altri siti.

Alla prova con il market test
Il Commissario Ue alla Concorrenza, Joaquin Almunia, ha fatto sapere che Bruxelles si esprimerà dopo aver esaminato tutte le osservazioni giunte da parte delle aziende interessate che partecipano al market test che sarà chiuso il 27 giugno. Le indicazioni di Fairserch, tra le altre, quindi saranno trasmesse ai servizi antitrust di Bruxelles chiamati adesso a decidere se proseguire l’indagine o chiuderla in caso i rimedi fossero giudicati sufficienti.

Google non dimentica…e vince
Ma una vittoria oggi Google l’ha portata a casa e riguarda la Spagna. Qui l’avvocato generale della Corte di giustizia Ue ha dato ragione a BigG che aveva presentato un ricorso contro il Garante privacy spagnolo, sostenendo che l’azienda non è tenuta a far valere il ‘diritto all’oblio’ e a cancellare i dati personali pubblicati da altri siti e che il motore di ricerca trova.
Come intermediario della Rete, infatti Google non è obbligato a rimuovere certi contenuti legalmente pubblicati online, nemmeno se ritenuti diffamatori dai protagonisti delle vicende raccontate. L’azienda californiana ha espresso grande soddisfazione per un parere che, se confermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, assicurerà agli utenti europei una navigazione senza rischi di censura.

 

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