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Ecco tutte le critiche al piano sul lavoro del governo Letta

Un enorme spreco di denaro, poche assunzioni, una tipologia di contratto obsoleta. E ancora, lo stralcio Expo come occasione perduta e con il nodo della contrapposizione Pd-Pdl. Il piano del governo sul lavoro non trova riscontri positivi nel mondo degli economisti. Da un lato gli attacchi sulla copertura sferrati dall’economista Tito Boeri dalle colonne di Repubblica, dove definisce la mossa del governo un “enorme spreco di denaro, con poche assunzioni”. Sottolineando che quando ci sono pochi fondi “spesi molto rapidamente, si buttano via soldi senza incentivare nuove assunzioni”. Secondo il docente bocconiano la maggiore criticità sta nel fatto che “si è puntato su un contratto di apprendistato che non funziona. Bisognava creare un nuovo percorso con un contratto a tutele progressive”.

Pollice in giù
Ovviamente il decreto non è definitivo, ma la bozza indica già a grandi linee cosa il governo intende fare. Michele Tiraboschi, docente di Diritto del lavoro all’Università di Modena e Reggio Emilia, confida a Formiche.net che i suoi dieci articoli, i cento commi e almeno i trecento fra precetti e disposizioni, rappresentano il grande limite, al di là delle coperture. “Si tratta di una misura enorme, di difficile lettura per operatori pratici ed aziende, in più l’80% dei provvedimenti non sono immediatamente operativi, ma tutto è rimandato a commissioni, circolari e l’unica parte succosa è quella sugli incentivi. Con un target obbligatoriamente molto limitato, legato a normative europee”.

Il nodo
E punta l’indice sulla vera criticità occupazionale, ovvero i ragazzi sopra i trent’anni. Anche la cosiddetta “garanzia per i giovani”, la grande bandiera, alla fine si riduce a “una mega commissione centralista con tanti generali e nulla più”. Ma proprio il nodo dello stralcio dell’Expo, per creare occasioni d’impiego flessibile in deroga a vincoli e limiti previsti come occasione per liberare il potenziale dell’occupazione al Nord, è stato usato dal Governo per concedere finanziamenti al Sud, dove di fabbriche ce ne sono meno. “Dai tempi della legge Treu – aggiunge Tiraboschi – sul tema del lavoro viviamo una contesa fra due diverse idee. Il pacchetto entrato in Consiglio dei ministri era peraltro assurdo, in quanto rinviava ad un accordo confederale nazionale l’attuazione di tali flessibilità, senza alcuno spazio al decentramento. Le flessibilità vanno governate caso per caso, per cui trovo che ci sia ancora una visione troppo centralista e dirigista: questo spiega il perché dello stralcio”.

Occasione persa?
Alberto Orioli sul Sole 24 Ore osserva che il ministro del Lavoro non crea lavoro, può solo evitare di distruggere quello potenziale. Così come la legge Fornero aveva “distrutto il potenziale dei contratti a termine che meritoriamente il pacchetto varato ieri corregge”. Ci sono anche dati positivi, come ad esempio la decontribuzione di 18 mesi per l’assunzione di giovani disoccupati o appartenenti a fasce deboli e la trasformazione dell’Aspi in bonus per chi assume. Ma sono andate in fumo (per via di pressioni diversificate di Pd e Pdl) le nuove tipologie di lavoro a somministrazione o accessorio, oltre a quelle relative ai contratti a progetto o a quelli a tempo senza causale. Questi ultimi avrebbero potuto rappresentare un’arma in più per giungere alla soglia dei 200mila posti annunciati dal premier. Che, al momento, sembrano più un obiettivo molto (forse troppo) ottimistico.

twitter@FDepalo

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