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Spionaggio, così fan tutti (o quasi)

C’è un punto interrogativo nelle pieghe del caso Snowden, la spy-story americana che ha riacceso i riflettori sul rapporto tra privacy, libertà e tutela di interessi economici nell’era tecnologica.

Alla scoperta dell’esistenza di Prism, il programma allestito dall’intelligence a stelle e strisce per “controllare” milioni di cittadini, l’atteggiamento prevalente dei governi mondiali, compresi quelli europei, è stato di assoluta comprensione.

Così fan tutti, verrebbe da dire – e anche l’Italia in questo campo si sta attrezzando. Spesso Europa e Usa, proprio su questi temi, hanno instaurato intense collaborazioni e persino chi non considera per motivi puramente politici (o etici) la libera circolazione di dati una minaccia alla propria stabilità nazionale, accetta di buon grado che a recitare la parte del “cattivo” sia l’inossidabile amico zio Sam.

Ma cosa pensano, le medesime cancellerie, se ad essere spiate sono le loro mosse? Alla notizia svelata (e poi ritrattata) dal Guardian della presunta opera di controllo operata dagli Usa sui principali Paesi e Istituzioni europee, dalla Germania per arrivare alla Bce, le reazioni non sono state molto positive. “Indignazione” e “chiarimenti immediati” sono alcuni dei refrain nelle note stampa diramate da tutti i capi di Stato e di governo del Vecchio Continente. L’Europa, a ragione, protesta e chiede spiegazioni. C’è addirittura chi invoca ritorsioni commerciali.

Eppure – nota Guido Olimpio in un corsivo sul Corriere della Sera di oggi – nessuno può negare “che nei momenti critici, per scelta e per mancanza di mezzi, siamo dipendenti” dalla tecnologia Usa.
Un appunto ineccepibile e una certezza che per troppo tempo ha sollevato colpevolmente l’Europa dal definire una strategia che la affrancasse da una “amichevole dipendenza dagli Stati Uniti. Un Paese alleato e responsabile, che però, come ogni nazione che si rispetti, mette in cima ai suoi obiettivi la tutela dei propri interessi e solo un gradino dopo quella dei propri partner.

È – come conclude l’analisi di Olimpio – “una vecchia storia, ma sempre valida. Gli interessi vanno difesi con strumenti efficaci e autonomi. Perché anche l’amico ti ascolta”.
Sarà abbastanza per convincere i reticenti Paesi europei a collaborare per unire gli sforzi nella direzione di una politica di difesa comune? Pena, come insegna il caso Snowden, la marginalità mondiale.

Datagate, spiati i diplomatici europei. L’Italia passava dati agli Usa? (fonte video: La 7)

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