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Il Corriere della Sera sculaccia il corrierista principe Monti

Povero Mario Monti. Pure il Corriere della Sera ora lo abbandona. O meglio, lo sculaccia un po’ in prima pagina. D’altronde, il quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli, affidando il commento e l’analisi della presa di posizione dell’ex premier e leader di Scelta Civica (il governo Letta cambia marcia oppure Scelta Civica rivedrà il suo atteggiamento verso l’esecutivo) ad Antonio Polito, aveva di sicuro un obiettivo preciso, visto il pensiero dell’ex direttore del Riformista, mai troppo tenero su Twitter verso Scelta Civica e pure nei confronti della montezemoliana Italia Futura.

Le due ipotesi (da scongiurare) in caso di nuove elezioni
Il giudizio di Polito nell’editoriale di prima pagina del Corriere non lascia spazio a dubbi interpretativi, visto anche il titolo (“L’assurdo tiro al bersaglio”): “Anche nella polemica politica dovrebbe vigere il principio alla base dell’istituto tedesco della “sfiducia costruttiva”, chi dice che se Letta non cambia marcia se ne va, dovrebbe anche dire per andare dove, per fare quale governo, e perché sarebbe migliore”. Al momento, aggiunge il commentatore del quotidiano Rcs, “le due ipotesi più probabili in caso di caduta dell’esecutivo sono infatti nuove elezioni con la vecchia legge o una nuova maggioranza basata sui trasformisti in uscita dal movimento di Beppe Grillo. Chi pensa che per l’Italia una delle due soluzioni sia migliore della condizione attuale, alzi la mano”.

Il ceffone al bocconiano
Polito poi arriva al vero bersaglio polemico, ovvero l’ex premier: “L’ultimo aut aut è venuto dal senatore Mario Monti, che pure conosce così bene il sistema tedesco tanto da aver chiesto al governo un vero e proprio contratto scritto come quello che regge le grandi coalizioni a Berlino”. La sua iniziativa, aggiunge Polito riferendosi all’ex commissario europeo ed editorialista principe dello stesso Corriere della Sera, “da un uomo che ha prestato il suo servizio allo Stato, anche pagando un prezzo personale in termini di popolarità, proprio per garantire la stabilità politica interna e la conseguente credibilità internazionale”.

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