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L'irrealistico “contratto di coalizione” di Monti

Si sta molto discutendo sulle ragioni che hanno potuto indurre il senatore Mario Monti a proporre un “contratto di coalizione” al presidente del Consiglio Enrico Letta, in mancanza del quale Scelta Civica potrebbe non proseguire nel sostegno al governo medesimo.

Non interessa infatti indagare sulle eventuali ragioni personali che possono avere indotto Monti a compiere questo passo; non interessa egualmente indagare sulle pur rilevanti modalità procedurali che hanno indotto Monti ad operare da solo, senza alcuna consultazione dei gruppi parlamentari di Scelta Civica. Questi infatti operano al Senato e alla Camera senza che si sia ancora in presenza di soggetti politici probabilmente distinti gli uni dagli altri.

Interessa invece affrontare la sostanza di una iniziativa politica che molto probabilmente ha finito con il testimoniare dell’esistenza della pluralità di ragioni che hanno concorso alla nascita del governo Letta, e che potranno certamente concorrere alla sua prosecuzione, al di là di questa stagione balneare.

Fin dal momento della sua nascita, è stato infatti posto in evidenza che sono stanzialmente tre le ragioni che hanno dato vita al governo Letta.
La prima consiste nel fatto che il governo è visto quale stato di necessità, conseguente alla disastrosa conduzione della campagna elettorale presidenziale condotta dal Partito Democratico.

La seconda consiste nella percezione che il governo Letta consente – per la sua stessa esistenza – di affrontare i nodi politici che Partito Democratico e Popolo della Libertà stanno vivendo in riferimento alle rispettive prospettive politico-elettorali.

La terza consiste proprio nel giudizio che Scelta Civica esprime oggi in Parlamento in riferimento al precedente governo Monti.
Questa ultima ragione si sostanzia di fatto in una qualche idea di coalizione politica: lo stato di necessità economico-finanziario viene infatti considerato quale causa reale della nascita del governo Monti prima e del governo Letta oggi.

Ma questa ragione non si combina in alcun modo con le altre due ragioni che sembrano oggi determinare – anche se solo a maggioranza – l’orientamento del Pd e del Pdl.

Sta di fatto che Scelta Civica vede nel governo Letta di fatto un governo di vere e proprie “larghe intese”, laddove lo stesso Letta aveva definito il proprio governo quale governo “di servizio”, quindi né di pura e semplice necessità politico-istituzionale, né quale governo di strategia politica generale, quale dovrebbe appunto essere un governo di larghe intese.

Manca pertanto allo stato dei fatti una vera e propria coalizione politica, e di conseguenza non appare realistico proporre un “contratto di coalizione” sul modello tedesco.

Nella concreta esperienza tedesca, infatti, la “grande coalizione” ha costituito uno sbocco che nessuno dei due maggiori partiti politici aveva escluso nella rispettiva campagna elettorale.
Nella concreta esperienza italiana, al contrario, il governo Monti è nato per una sorta di stato di necessità economico-finanziaria dell’Italia al quale hanno concorso da distinte posizioni il Partito Democratico, il Popolo della Libertà e l’Udc, sì che il governo Letta è figlio di quel preesistente stato di necessità che in qualche modo continua, e – allo stesso tempo – della nuova situazione politica alla quale Pd e Pdl si sono dovuti in qualche modo acconciare senza peraltro trasformarla – almeno fino ad ora – in una vera e propria coalizione politica.

Appare pertanto del tutto ragionevole vedere nell’imminente “cabina di regia” convocata dal presidente Letta, un punto di evidente significato politico, ma di altrettanto improbabili conseguenze operative capaci di andare al di là di pure e semplici affermazioni verbali.
Gli impegni verranno di conseguenza rimessi all’autunno.

Ed appare di conseguenza evidente che se per il governo Monti si era potuto trovare l’acronimo “ABC”, non si potrebbe certamente definire l’attuale governo Letta come un governo EBM!

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