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L’appello di Obama all’Unione europea

Pubblichiamo un articolo del dossier “Egitto reset, Obama chiama Ue, gas in Italia” di Affari Internazionali.

I discorsi di Barack Obama a Berlino (21 giugno) e del rappresentante statunitense presso la Nato, Ivo Daalder, a Bruxelles (17 giugno) offrono interessanti spunti di riflessione sul significato di decoupling e burden sharing, due elementi che hanno caratterizzato le relazioni transatlantiche negli ultimi cinquanta anni.

Mani libere

Il primo concetto – decoupling – riguarda il timore europeo che la sicurezza del vecchio continente sia slegata da quella americana. “Gli Stati Uniti sarebbero disposti a sacrificare Boston per salvare Amburgo?”, questa la profonda inquietudine delle cancellerie europee durante la guerra fredda. A più di vent’anni dal crollo del muro di Berlino, cambia la terminologia, ma la questione del decoupling rimane d’attualità.

Adesso gli esperti di sicurezza parlano di pivot americano verso l’Asia, di irrilevanza strategica dell’Europa, gravemente colpita dalla crisi finanziaria ed economica. La sicurezza non è più solo militare o nucleare, è anche economica e politica. Ci si chiede allora se gli Stati uniti sarebbero disposti a sacrificare i rapporti con Pechino per salvare quelli con Berlino. Il legame transatlantico è messo alla prova dalle potenze emergenti, dalle ancora indecifrabili dinamiche di un nuovo equilibrio multipolare, nel quale l’Europa sembra spostarsi inesorabilmente verso la periferia.

Il discorso di Obama davanti alla Porta di Brandeburgo di Berlino chiarisce l’ennesimo malinteso fra americani ed europei. In assenza di una minaccia diretta e nell’illusione della fine della storia, “la tentazione”, ammette Obama, “è quella di rinchiudersi”, di isolarsi ignorando nuove minacce, dal terrorismo all’intolleranza che fomenta gli estremismi.

Ma “l’autocompiacimento non è nel carattere delle grandi nazioni” e tali sfide possono essere affrontate solo se Europa e Stati Uniti intendono la loro relazione come qualcosa di più della somma di esperienze individuali, come una comunità di valori. L’Alleanza atlantica è “il fondamento della sicurezza globale” così come i legami commerciali fra le due sponde dell’Atlantico sono il motore dell’economia globale. Rievocando lo spirito di Berlino, Obama descrive quindi la preminenza strategica del legame fra America e Europa.

L’intervento di Daalder al Carnegie Europe di Bruxelles, ultimo discorso pubblico in qualità di ambasciatore degli Stati Uniti presso la Nato, pone alcune condizioni per il rafforzamento della comunità transatlantica. Anche in questo caso, vi è un importante elemento di continuità. Il burden sharing, ovvero il contributo degli europei allo sforzo militare dell’alleanza, in particolare sotto il profilo delle spese per la difesa, è una vecchia preoccupazione americana. Con la fine della guerra fredda e la scomparsa della minaccia sovietica, le capacità militari europee sono andate tuttavia drasticamente riducendosi.

La crisi finanziaria, accompagnata a pesanti investimenti delle potenze emergenti nella difesa, hanno peggiorato ulteriormente il quadro. Se da una parte Daalder riafferma la capacità di America ed Europa di “affrontare insieme qualsiasi sfida”, dall’altra mette l’accento sull’insostenibile disparità degli sforzi volti a mantenere in vita l’Alleanza: “un crescente coro di voci a Washington”, osserva Daalder “chiede che gli alleati contribuiscano maggiormente alla divisione delle spese”. In altre parole, dal discorso emerge chiaramente come la rilevanza strategica dell’Europa sia, secondo l’ottica americana, legata alla rilevanza militare della Nato, i cui costi devono essere ribilanciati – attualmente, il contributo degli Stati Uniti ammonta al 75% delle spese totali dell’Alleanza.

Leggi l’articolo completo.

Giovanni Faleg è ricercatore dello Iai.

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