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Della Valle è distratto, c’è chi scrive e chi compra (Loro Piana)

“Caro Presidente le scrivo”… così la distraggo un po’. Diego Della Valle non perde l’abitudine di scrivere quando si trova in stato di fibrillazione. E deve essere molto agitato, dato che il presidente destinatario della missiva non è certamente quello dell’ultima associazione di categoria o dell’antitrust, bensì quel Giorgio Napolitano che, personalissima opinione, tutto potrebbe fare in questo particolare momento della storia della Repubblica, tranne che entrare nel merito della questione Rcs.

L’ottimo imprenditore marchigiano, che ha contribuito con le sue scarpe a diffondere nel mondo il lifestyle italiano, evidentemente vive un particolare momento di confusione per ciò che riguarda faccende estranee al core business del gruppo da lui fondato e che tante soddisfazioni gli ha dato, sia personali sotto forma di grande notorietà e prestigio, sia ovviamente economiche.

Tuttavia, pare che “fare solo le scarpe” vada un po’ stretto al Diego nazionale, impegnato come è da tempo nel diversificare i suoi proventi in altri settori, editoria, finanza e trasporti che poco o nulla hanno a che fare con quelli rappresentativi dell’eccellenza italiana, ovvero le famose 3 F di fashion – food – furniture.

Ed è peraltro un’abitudine diffusa tra i principali attori italiani dei comparti tipici di quell’acronimo: basti solo ricordare i fasti passati dei Benetton, che con i loro maglioncini a V colorati ed una strepitosa campagna pubblicitaria avevano creato uno straordinario fenomeno imprenditoriale negli anni ottanta, per finire poi con perdere soldi, molti soldi, con Telecom Italia… Poi è arrivata Zara, ma questa è un’altra storia.

Curioso invece come nello stesso giorno della lettera in questione, il colosso del lusso francese LVMH rende pubblica la notizia dell’avvenuta acquisizione  –  80% del capitale – di Loro Piana, azienda familiare tutta italiana, leader del cashmere e della lana di altissima qualità, fiore all’occhiello del distretto di Biella, quasi 90 anni di storia, 130 punti vendita nel mondo ed un fatturato previsto per il 2013 di circa di 700 milioni di euro. E’ chiaro anche per i non addetti ai lavori che la cifra messa sul piatto da LVMH – 2 miliardi di euro – è il risultato di una attenta scelta strategica del gruppo francese, imputabile a quel principio di good will che induce un investitore a pagare più di quanto sarebbe assunto dai numeri allorché l’acquisizione si presume possa portare  a sinergie operative con altre aziende partecipate.

Venendo quindi al punto, ciò che è interessante notare è la comune frenesia di due imprenditori. Diego Della Valle, patron della Tods ed industriale del lusso, è agitato per la questione Corriere della Sera – tanto da scrivere a Napolitano – come lo era stato alcuni mesi orsono per la faccenda Generali. Il suo collega d’oltralpe Bernard Arnault, patron di LVMH,  è anche lui preso dalla smania di acquisizioni, ma, a differenza del nostro,  tutte mirate a consolidare la propria leadership  nei comparti riconducibili sostanzialmente alla parola “lusso”, ovvero quel segmento di mercato che è il target degli oltre 60 brand attualmente controllati dall’abile e lungimirante Arnault. Guarda caso, là dove noi italiani siamo maestri e dove tutti gli indicatori prevedono ottime performance future in termini di margini operativi.

Mentre l’italiano scrive, il francese compra: e compra italiano. Ricordando con un pizzico di nostalgia la soddisfazione ed il piacere provato quando riuscii a permettermi con i miei primi guadagni un abito su misura in filato Tasmania di Loro Piana, che dire? Bravò, Monsieur Arnault: continuii così nell’auspicio che sia da esempio per i nostri ansiosi e forse distratti Della Valle.

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