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F-35, un paio di domande a Lockheed Martin

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Nel confronto in corso a livello politico e parlamentare sull’acquisto dei caccia F35, l’attenzione si sposta fra visioni vetero-pacifiste, di ostilità anti americana, di corte visioni economistiche (non spendiamo) cui si contrappongono le ragioni della strategia della Difesa, dei ritorni economici-tecnologici per il nostro sistema industriale, della opportunità di non cambiare decisioni e accordi internazionali sottoscritti da molti anni.

Non si vuole qui ritornare ancora sulla validità ed importanza di questa scelta che condivido totalmente per le ragioni di cui sopra, quanto suggerire una visione diversa e forse più utile al momento.

Che il progetto dell’F35 stia passando una fase problematica è evidente: la lievitazione dei costi e l’allungamento dei tempi contestualizzati nello scenario attuale di contenimento delle spese è sotto gli occhi di tutti. Questo non sorprende più di tanto e va affrontato senza con ciò dimenticare o svilire i significati dell’operazione che appare irrinunciabile.

Ma la Lockheed Martin, l’azienda statunitense fornitrice del velivolo, va affrontata con determinazione per ottenere garanzie e certezze sui costi finali e sui tempi. Soprattutto sull’F35 a decollo verticale, indispensabile per le strategie di copertura aerea di Italia, Spagna ed Inghilterra, che hanno tra l’altro attrezzato navi appositamente per usare questo tipo di aereo (mentre agli Usa interessa relativamente avendo una flotta di portaerei che utilizzano aerei a decollo tradizionale).

L’F35 a decollo verticale, macchina complessa, ha ancora problemi di sviluppo che necessitano di ulteriori investimenti. Lockheed li sta facendo? Se sì, con quali tempi ? Quali sono le garanzie che l’azienda fornisce?

Questi sono i quesiti da porre, normali in un rapporto cliente-fornitore qual è quello fra il nostro Paese e quell’azienda.

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