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Vi spiego perché difendo Alfano (che però ha sbagliato)

Mi auguro che il Senato respinga le mozioni di sfiducia presentate da Sel e dal M5s contro Angelino Alfano. Mi inducono ad assumere questa posizione non solo un sentimento di solidarietà nei confronti di una persona che stimo, ma anche e soprattutto la convinzione che il Paese non possa permettersi una crisi di governo carica di prospettive assolutamente incerte o comunque peggiori.

Fatti e interpretazioni

Del resto, non sarebbe la prima volta che, in una situazione di grande difficoltà, vengono accettate come vere delle rappresentazioni dei fatti che lasciano parecchi dubbi. Ricordo un caso specifico che, a suo tempo, fece molto discutere.

Il caso Pertini

Durante un viaggio in Spagna, il presidente Sandro Pertini (anche ai Padri della Patria succede di lasciarsi scappare qualche frase inopportuna e a Pertini capitava spesso) fece una dichiarazione “politicamente scorretta”, la responsabilità della quale venne fatta ricadere sul capo ufficio stampa (allora non si chiamavano ancora portavoce) Antonio Ghirelli, grande giornalista, scrittore e soprattutto storico  militante socialista). Da uomo di mondo, Ghirelli si dimise, ma lasciò intendere poi  in un libro (se non ricordo male intitolato ‘’Caro Presidente’’) come fossero andate veramente le cose.

Il precedente Kappler

La vicenda di Alfano, tuttavia, è molto più simile ad un’altra, avvenuta, anch’essa  durante la Prima Repubblica. Nella notte di Ferragosto del 1977, Herbert Kappler, l’ufficiale tedesco responsabile dell’Eccidio delle Fosse Ardeatine, fuggì dall’Ospedale del Celio, dove era ricoverato, con la complicità della moglie Anneliese. Era il tempo della “solidarietà nazionale”: scoppiò un caso politico che Andreotti risolse con la solita abilità (o gran bontà dei cavalieri antichi!) chiedendo al ministro della Difesa, Vito Lattanzio (era difficile attribuirgli delle responsabilità personali visto che non era in corsia a fare il piantone), le dimissioni e affidandogli contestualmente la delega per la  Marina mercantile.

Le responsabilità dei ministri

Una soluzione salomonica ma corretta, perché quella di un ministro è una responsabilità oggettiva, nel senso che è chiamato a rispondere (sul piano politico) anche del comportamento dei suoi collaboratori, essendo lui stesso al vertice di un pezzo di amministrazione.

Le colpe di Alfano

Da questo punto di vista, Alfano non può cavarsela sostenendo che non sapeva o che non era stato informato, perché un ministro è responsabile anche di una struttura ministeriale che non funziona a dovere. Certo, il titolare degli Interni non risponde del comportamento scorretto di un agente di Polizia, ma non può avere un capo di gabinetto che agisce a sua insaputa.

Atti e lotta politica

Ma queste regole esistono ancora in un’Italia che le ha disattese e stracciate tutte? Da noi  ogni atto viene ricondotto a motivi di lotta politica. Basterebbe chiedersi, infatti, perché Emma Bonino è rimasta “vergin di servo encomio e di codardo oltraggio”, accuratamente tenuta fuori da una vicenda che la riguarda, dal momento che anche la Farnesina è stata in qualche modo coinvolta nel pasticcio kazako.

Idem Alfano?

Tutto ciò premesso, non ha molto senso, ragionando in punta di diritto, paragonare le responsabilità di Alfano a quelle di Josefa Idem. L’ex ministro delle Pari opportunità è stata  chiamata a rispondere di una vicenda che riguardava la sua correttezza personale nei confronti dei regolamenti fiscali e immobiliari. Se il Pd non avesse la coda di paglia e non fosse afflitto da una visione primitiva dello Stato di diritto (nessuno dall’opposizione si era preso la briga di presentare mozioni di sfiducia individuale né da parte del Pdl erano giunte pressanti  richieste di dimissioni) la signora Idem sarebbe ancora al suo posto in attesa di una valutazione conclusiva degli organi preposti. Ma le due fattispecie potrebbero essere messe a confronto sole se Alfano avesse partecipato di persona al blitz di Casalpalocco. Cosa che, per fortuna, non è avvenuta.

La figuraccia politica

Resta la brutta figura sul piano politico, che viene usata come una clava da chi vuole demolire il governo delle larghe intese. Di questo, non di altro, si tratta.

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