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Papa Francesco non fa il Don Gallo sulla droga libera

Chi era rimasto deluso dall’omelia che Papa Francesco aveva tenuto nel Santuario di Aparecida, nel corso della quale aveva sostanzialmente tracciato un itinerario di fede (i tre elementi erano stati: la speranza nella lotta contro il male, la sorpresa di sentirsi amati da Dio, e la gioia di essere cristiani), all’ospedale São Francisco de Assis ha ritrovato tutto il programma pastorale e sociale di Bergoglio.

La visita al nosocomio, costruito dai Terziari Francescani, che si occupa prevalentemente del recupero dalle dipendenze da droga e alcol, era stata direttamente inserita dal Pontefice all’interno del programma della Gmg inizialmente previsto per Benedetto XVI, proprio per marcare in concreto quell’idea di “Chiesa povera per i poveri” che si fa prossima alle “periferie esistenziali”, e che è diventata il punto cardine di questo papato. Francesco vi è giunto in serata (quasi mezzanotte ora italiana), accompagnato dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, e da monsignor Orani João Tempesta, arcivescovo di Rio, che in questi giorni brasiliani è l’ombra di Bergoglio nel corso delle sue visite.

Il Papa, visibilmente toccato dalle esperienze di vita raccontate da due tossicodipendenti in cura presso la struttura, ha creato una sorta di ponte ideale (chissà quanto involontario) con l’ultima uscita da San Pietro prima del viaggio carioca, quella a Lampedusa. Là Francesco aveva attaccato i “mercanti di morte”, “coloro che sfruttano la povertà degli altri, queste persone per le quali la povertà degli altri è una fonte di guadagno” sulla pelle dei migranti, che scappano da situazioni di miseria e disagio umanitario; all’ospedale São Francisco in Brasile ha ripreso l’espressione per condannare i narcotrafficanti, “quei mercanti di morte che seguono la logica del potere e del denaro a ogni costo” e che attentano alla vita delle persone con le dipendenze chimiche delle droghe.

La sua, tuttavia, non è stata una reprimenda solo contro i criminali. Perché dopo l’invito ad “abbracciare” coloro che cercano di uscire dalla dipendenza, come il frate di Assisi fece con il lebbroso prima della sua conversione, non è mancata neppure la tirata d’orecchi alle autorità politiche e ai governanti, ai quali spetta la lotta contro i traffici illeciti. Altro che liberalizzazione delle droghe “come si sta discutendo in varie parti dell’America Latina”, ha detto Papa Francesco. Per “ridurre la diffusione e l’influenza della dipendenza chimica è necessario affrontare i problemi che sono alla base del loro uso, promuovendo una maggiore giustizia, educando i giovani ai valori che costruiscono la vita comune, accompagnando chi è in difficoltà e donando speranza nel futuro”. Un invito a non far prevalere l’egoismo e non assecondare le “proposte illusorie degli idoli passeggeri del mondo”. Niente lassismo, ma maggiore giustizia ed educazione, dunque: anche perché l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che il 3% della popolazione brasiliana faccia uso di crack, posizionando il Paese verde-oro ai vertici nella classifiche mondiali.

Si è trattato di un discorso che probabilmente riecheggerà anche nella giornata odierna, quando Bergoglio visiterà la comunità di Varginha (una delle 13 favelas del complesso di Manguinhos, soprannominato significativamente la “striscia di Gaza”, per la quantità di conflitti armati che lo attraversano), un tempo una delle roccaforti del narcotraffico brasiliano e dello smercio della droga verso tutto l’emisfero nord del mondo. Oggi, infatti, le autorità sembrano essere riuscite nell’opera di “bonifica” del territorio dall’attività dei narcos, anche grazie a una maggiore presenza delle forze di polizia. Tuttavia, tra i tanti che sono passati da lì, c’è chi scommette si tratti di un’operazione di maquillage: “non c’è una vera pacificazione – dice chi conosce bene la situazione della favela – semplicemente il narcotraffico viene gestito in maniera diversa e meno visibile, e anche la corruzione verso alcune autorità pubbliche non è stata ancora debellata”. In sostanza, nelle operazioni cosiddette di normalizzazione, soprattutto quando vengono portate a termine in tempi così rapidi, “i risultati sono sempre relativi”, come scrive Giorgio Bernardelli su Mondo e Missione.

Ma per chi vi abita “è già un miracolo che il Papa venga qui“. A incoraggiare soprattutto i giovani a “non lasciarsi rubare la speranza”, perché “il ‘drago’, il male – ha detto il Pontefice ieri mattina ad Aparecida – c’è nella nostra storia, ma non è lui il più forte. Il più forte è Dio, e Dio è la nostra speranza”.

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