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Tunisia, gli effetti economici del caos. Report Sace

L’assassinio del leader dell’opposizione Mohamed Brahmi ha fatto piombare la Tunisia di nuovo nel disordine. Non solo politico ma anche economico. È quanto sostiene l’ultimo report dell’Ufficio Studi del gruppo assicurativo-finanziario Sace.

La stabilità era precaria, è vero, ma qualche ripresa negli ultimi mesi c’era stata. E ora il Paese sembra dover ricominciare da capo e senza il sostegno degli investimenti esteri che aiutavano a reggere la situazione.

“Il recente episodio di violenza potrebbe avere ricadute su settori strategici, come il turismo (che contribuisce complessivamente al 14% del Pil), e sulla capacità di attrarre investimenti esteri (che ha già registrato una riduzione del 10,6% degli investimenti esteri nel primo trimestre 2013, rispetto allo stesso periodo del 2012)”, sostiene Sace.

Leader caduti

Vecchio leader del partito Echaab, Brahmi era uno dei principali dirigenti della sinistra tunisina. Aveva criticato duramente il partito islamico Ennahdha, che attualmente è al potere in Tunisia, ed è stato ucciso ieri nella città di Tunisi.

La notizia ha scatenato le violenze in piazza. Solo pochi mesi fa il Paese aveva vissuto un episodio analogo: la vittima era un altro leader politico laico, Chokri Belaid. Una storia che sembra ripetersi e non permette ai tunisini di ritrovare la stabilità politica e istituzionale, conditio sine qua non per portare un maggiore benessere economico e sociale.

L’economia colpita

Dal 2011, quando è caduto il regime ed è stata eletta l’Assemblea Costituente, sono aumentate le differenze tra gli islamici moderati e quelli più tradizionalisti, con la minaccia dei radicalismi salafiti. L’economia tunisina ne ha risentito. Secondo Sace, durante la Primavera araba il deficit delle partite correnti è aumentato del 7% perché il turismo è crollato (-33%). Le importazioni sono aumentate e si sono evidenziate difficoltà nelle dinamiche di esportazione. Gli investimenti esteri sono fuggiti del 26% davanti ai rischi dei disordini sociali e agli scioperi.

“L’attività economica risente del rallentamento internazionale e in particolare dell’Ue, da cui è dipendente in termini di export, entrate del turismo, rimesse e afflussi di investimenti”, spiega Sace.

L’ombra dello Stato

Anche la pesante burocrazia e l’alto grado di corruzione in diverse istituzioni, quasi tutte dipendenti dallo Stato, hanno spaventato il capitale estero. Persino il sistema bancario ha un forte controllo statale. Una realtà destinata solo ad aumentare. Nel 2013 si prevede un aumento considerabile delle assunzioni nel settore pubblico (con una crescita del 5% della spesa) perché sembra essere questo l’unico modo che è stato trovato per combattere la disoccupazione, uno dei motivi principali dello scontento sociale.

I settori dell’opportunità

Ma c’è qualche speranza per l’economia in Tunisia. Nei primi mesi del 2012 c’è stata una ripresa dell’indice Ide (Investimento diretto all’estero) del 26,6% rispetto all’anno precedente, il che si traduce in 1.809,7 milioni di dinari.

Anche iI Fondo Monetario Internazionale – che ha firmato un accordo per 1,75 miliardi di dollari – crede che il Pil aumenterà al 4% nel 2013 e al 4,5% nel 2014. Tutto questo però in condizioni di stabilità politica e istituzionale.

Le nuove tecnologie e le telecomunicazioni sono i settori di maggiore crescita e profitto. Le facilitazioni e finanziamenti a fondo perduto promossi nelle zone di sviluppo regionali sono un’altra occasione di business per gli investitori stranieri.

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