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Il futuro del Washington Post arresosi al re di Amazon Bezos

La carta stampata, italiana ed internazionale, non naviga in buone acque. E il trend negativo è dimostrato dalle cessioni che hanno riguardato colossi dell’editoria americana negli scorsi giorni. Ultimo quello del Washington Post, rilevato dal fondatore di Amazon Jeffrey Bezos (nella foto). Il miliardario re del web ha quindi scommesso sulla carta stampata. La sua sfida? Dovrà dimostrare che un imprenditore puro come lui può garantire una svolta in un settore piegato dai cali pubblicitari e nelle mani di famiglie storiche o di azionisti che hanno poco a che fare con l’editoria. Smantellare, insomma, i salotti buoni che esistono anche negli Usa.

Una mossa scioccante

Il fondatore e amministratore delegato di Amazon Bezos sarà quindi il nuovo proprietario del Washington Post, il più importante quotidiano di Dc, uno dei più letti d’America. Il gruppo Washington Post ha infatti accettato di vendere il suo principale quotidiano al 49enne Bezos, uno degli uomini più ricchi del Paese, per 250 milioni di dollari (L’aumento di capitale appena chiuso per l’italiana Rcs è stato di 420 milioni di euro). Ad annunciarlo è lo stesso Washington Post, sottolineando che si tratta di una mossa “improvvisa e scioccante”, considerando che “poche persone erano consapevoli che la vendita fosse in corso”.

La crisi della carta stampata e il caso del Boston Globe

L’acquisto, spiega ancora il Post, è stato effettuato a titolo personale, dunque sarà Bezos il proprietario, e non Amazon. Oltre a segnare la fine della storica amministrazione della famiglia Graham, ai vertici del quotidiano da quattro generazioni, l’operazione è l’ennesimo segnale della crisi che ha travolto la carta stampata in un’epoca dominata da Internet. Solo negli ultimi giorni anche il gruppo del New York Times ha deciso di vendere uno dei suoi quotidiani storici, il Boston Globe, a un privato: il proprietario della squadra di baseball dei Red Sox, John Henry, se lo è aggiudicato per appena 70 milioni di dollari.

La fine dell’era Graham

Fondato nel 1877, il Post è passato nelle mani dei Graham nel 1946. E’ uno dei quotidiani che ha fatto la storia del giornalismo americano, firmando, tra le altre cose, lo scoppio dello scandalo Watergate nel 1972 e ancora recentemente quello del Datagate, con l’intervista alla talpa Edward Snowden pubblicata in un’esclusiva condivisa solo con il Guardian. Eppure a causa delle diminuzione delle vendite e delle pubblicità, ha trascinato in basso i conti del gruppo nell’ultimo trimestre, che hanno segnato un ribasso del 14 per cento degli utili. Il gruppo, sottolinea il giornale, continuerà ad essere quotato con un nuovo nome ancora da definirsi.

La linea politica di Bezos

Con la fine dell’era Graham e l’arrivo di Bezos si crea una grande incertezza sulla futura direzione del quotidiano e su come sarà trasformato dal miliardario di Amazon. E la ricchezza della famiglia Graham è niente rispetto a quella di Bezos, che dorme sogni tranquilli con i suoi 25 miliardi di dollari, secondo Forbes. La linea politica di Bezos non è chiara e ciò potrebbe evitare un uso ideologico del Post. Ma il fondatore di Amazon si è mostrato più generoso con i democratici che con i repubblicani, sebbene negli ultimi vent’anni non abbia fatto donazioni durante la campagna elettorale. E Bezos ha incontrato il Obama solo la settimana scorsa, durante il discorso tenuto dal capo della Casa Bianca proprio in uno stabilimento di Amazon a Chattanooga, Tennessee.

Il focus sull’educazione con Kaplan

Il Post, evidenzia il Financial Times, ha sottolineato che dal 2007 la società si è sempre definita come un gruppo “media and education”, con il business editoriale secondario a quello dell’educazione in mano a Kaplan, acquisita nel 1984. La famiglia Graham ha tentato di allentare la dipendenza del gruppo dall’editoria per anni, e ha venduto Newsweek nel 2010 a Sidney Harman, imprenditore nel settore audio. Ma i travagli di Newsweek, ora senza versione cartacea, non sono finiti, ed è stata rivenduta all’editore dell’International Business Times.

Il Washington Post Company, che nel 2012 ha tentato di diversificare in più aree come quella degli ospizi e dei controlli industriali, cambierà nome nel giro di 60 giorni dalla vendita a Bezos.

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