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Perché il no di Obama a Putin farà più male a Obama

La cancellazione del summit bilaterale ObamaPutin in programma a Mosca a seguito del G20 di San Pietroburgo è il frutto di una pluralità di motivi di dissenso fra i due Paesi, menzionati esplicitamente in un lungo ed esauriente articolo del New York Times subito apparso a commento dell’annuncio della cancellazione. Da esso appare chiaro che la concessione dell’asilo al “transfugo” Snowden da parte del presidente Putin è stata in un certo senso solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso già colmo.

Tuttavia questa goccia potrebbe rivelarsi più pesante di quanto previsto perché al summit di San Pietroburgo saranno presenti molti paesi, fra cui tutti i Brics, piuttosto critici della politica “muscolare”, che gli Stati Uniti vanno conducendo ormai da oltre un decennio motivandola come necessaria sia per la tutela della loro sicurezza nazionale sia per la protezione dei diritti umani nel più vasto ambito del sistema internazionale.

Non è quindi improbabile che quella “goccia” possa essere menzionata negli interventi di alcuni dei leader convenuti a San Pietroburgo (e non mi stupirei se uno di questi sarà la Presidente Brasiliana Dilma Roussef) facendo di Snowden un dissidente o un obiettore di coscienza, rispetto a misure dell’amministrazione Obama alquanto opinabili rispetto alla loro conformità al diritto internazionale vigente e al rispetto della sovranità degli altri stati. Sovranità al cui rispetto molti dei membri del G20 tengono oggi, se possibile, ancora più che in passato.

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