Skip to main content

Washington Post & Co. sono avvertiti. Il nemico si chiama Pay tv

Un giornale dà potere e prestigio, non solo in Italia ma anche nel resto del mondo. Dà accesso a stanze del potere a cui neanche migliaia di Rolls Royce danno. E il fondatore e ad di Amazon Jeff Bezos, potrebbe essere stato spinto all’acquisto del Washington Post (WaPo) anche da questo motivo secondo Marco Benedetto, per anni top manager e Dg del gruppo Espresso e ora editore del sito Blitz Quotidiano

E a brindare resta l’ex editore del quotidiano, la famiglia Graham, che si è liberata così di “un peso morto”. La crisi dei giornali è evidente, spiega Benedetto in una conversazione con Formiche.net, ma la sua vera causa non è certo Internet. Su chi puntare il dito? Sulle pay tv che hanno sottratto audience ai quotidiani.

Il focus della famiglia Graham sul settore Education

“Il giornale WaPo – sottolinea Benedetto – rappresenta solo la decima parte del valore complessivo del gruppo Washington Post, la cui forza è il settore ‘Education‘, con il marchio Kaplan. E la famiglia Graham, che anni fa si fece affiancare anche da un consulente d’eccezione come Warren Buffett, ha guadagnato molto dall’aver ceduto il WaPo perché si è liberata di un peso morto. Del resto per Bezos, che conta su un capitale privato di 25 miliardi di dollari, “il prezzo pagato di 250 milioni è niente”.

I prossimi passi di Bezos

Cosa farà adesso il re di Amazon? “Entrerà nel gruppo, ma non avendo più l’ansia della Borsa potrà lavorare con calma, tranquillizzare tutti dicendo che non cambierà nulla. E solo in un secondo momento affronterà temi più spinosi come quelli relativi a personale e costi”.

Ma quanto rischia di rimanere indietro l’Italia rispetto a questo nuovo modello giornalistico che si fonda su una contaminazione forte tra carta stampata e sfera digitale? “L’Italia è già indietro. Che la situazione per i quotidiani sia difficile è evidente. E questa crisi non si chiama internet, per il cui traffico si considerano dati Audiweb tra l’altro scarsamente credibili, ma televisione, soprattutto quella a pagamento. In Italia nessuno vuole accorgersene. E nel frattempo Sky supera Mediaset per fatturato”.

Il fenomeno della pay tv

Sky infatti ha sorpassato Mediaset e Rai, con la quota più alta di ricavi e la minore flessione. Le stime Agcom riferite al 2012 parlano di un totale ricavi televisivi pari a 8 miliardi 224 milioni 190mila euro, che nella suddivisione si traducono in 2 miliardi 631 milioni e 620mila euro per Sky, con una flessione dell’1,4% “a riprova – dice la relazione dell’Agcom – della maggiore capacità di tenuta della televisione a pagamento”. Per Mediaset invece ricavi pari a 2 miliardi 487 milioni e 790mila euro, con flessione però di ben il 13,2%. “Il costo di una pay tv come Sky per media giornaliera – evidenzia Benedetto – è infatti simile a quello di un quotidiano, con la differenza che la tv la vedono tutti. E conta su ricavi pubblicitari che equivalgono a quelli di un grande quotidiano come il Corriere della Sera”. Tutti soldi che prima finivano nelle casse della carta stampata, insomma.

Un declino lungo anche in Usa

Anche negli Usa il declino dei giornali cartacei “è cominciato molto prima di internet. Non a caso, ha coinciso con lo sviluppo delle pay tv. Anni fa – prosegue – il sistema televisivo americano si basava su tre o quattro network nazionali che, tra l’altro, si vedevano solo nelle grandi metropoli. La vecchia serata di un americano medio? Fatta di birra, poltrona e un giornale da leggere. Ma oggi, con oltre cento canali tv, il declino della carta stampata è assicurato. E lo stesso fenomeno si è verificato in Gran Bretagna, dove la crisi dei giornali tradizionali è arrivata insieme a quella dei pub. La gente resta a casa, con il telecomando in mano pronto ad una scelta immensa. Il declino del quotidiano insomma è molto più lungo di quanto ci si possa immaginare, e, soprattutto, è partito prima che arrivasse l’era internet”.

Le conseguenze delle quotazioni in Borsa

Ma non solo pay tv. Secondo Benedetto “ad aggravare la situazione è stata la decisione di quotare in borsa dei grandi giornali, che ha introdotto nel settore logiche inesorabili, parametri di crescita e prospettive che impongono tagli e risparmi”.

I veri nemici dei giornali

Oggi ci troviamo in un “momento di trasformazione, con una struttura dei costi vecchia e con fatturati che non ci sono più, tra l’altro mangiati dalla televisione. Bisogna pensare a recuperare le spese sostenute in attesa di momenti migliori, quando ripartirà il mercato pubblicitario nel frattempo rovinato anche dalla Rai”, che abbatte la concorrenza vendendo spazi a bassi prezzi. “Altro che internet – conclude infatti Benedetto -. I grandi nemici dei giornali sono Rai e Sky”.

×

Iscriviti alla newsletter