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Che cosa ha detto Letta da leader al Meeting di Rimini

Tradizionalmente il Meeting di Rimini segna la riapertura della stagione politica dopo le vacanze. Quest’anno però né i partiti né le polemiche sono andate in ferie. La condanna definitiva di Silvio Berlusconi ha compromesso il fragile equilibrio sui cui reggono le larghe intese e ne ha ipotecato il futuro. Proprio per questo l’appuntamento con la grande kermesse del popolo di Cl assume un valore particolarmente interessante e probabilmente di svolta.

Nei giorni scorsi il ministro per le riforme Gaetano Quagliariello spiegava che a sostenere il governo non possono bastare i soli sforzi del Quirinale. Il suo messaggio era rivolto a Palazzo Chigi. L’argine per la tenuta dell’esecutivo passa non solo dall’apprezzamento dei mercati e delle istituzioni internazionali (lo spread ne è il termometro) ma anche e soprattutto dal consenso dei cittadini italiani. Se fino alla sentenza della Cassazione Enrico Letta ed i suoi ministri erano ostaggio dei partiti, ora vi è la possibilità di ribaltare il paradigma. Questo però richiede che il premier indossi l’abito (o la corazza) del leader. Quello che è accaduto ieri al Meeting.

Enrico Letta ha suonato la carica. Davanti ad una platea amica, e sotto lo sguardo incoraggiante dei ministri Lupi e Mauro, ha fatto forse le prove generali per quella che dovrà essere nei prossimi mesi la sua conduzione nei mari perigliosi del Parlamento. Al Meeting il premier ha parlato un linguaggio per quanto possibile concreto, diretto. Sull’Europa ha mostrato tutto il realismo necessario, per sottolinearne l’importanza ma anche i limiti. Ha rivendicato l’orgoglio nazionale (“quando vogliamo e siamo uniti, nessuno ci può battere”) e non ha lesinato messaggi tanto al Pdl (chi rompe, raccoglie i cocci) quanto al Pd (mancanza di serenità per difetto di identità). Soprattutto però ha fatto appello alla passione per la politica (quella “alta”). La campagna d’autunno di Letta sta tutta qui. Deve spiegare agli italiani che il suo governo non è succube dei ricatti e dei veti della sua maggioranza e deve instaurare un dialogo diretto con i cittadini senza l’intermediazione dei partiti.

Il messaggio di Rimini è fatto per essere ascoltato a tutte le latitudini: da Roma ad Arcore passando per Firenze. Il premier si fa leader ed è in campo.

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