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Quando Israele bombardò il reattore nucleare siriano

Una della valutazioni che finora ha frenato un intervento militare americano in Siria è la paura che il conflitto possa estendersi a Paesi limitrofi. Ciò metterebbe a repentaglio Israele e con esso le speranze di concludere positivamente i negoziati di pace con la Palestina, un obiettivo fondamentale per pacificare la regione.

Nel mutevole e delicato equilibrio mediorientale, la manovrabilità del regime di Bashar al-Assad rappresenta da tempo un elemento destabilizzante per raggiungere questi propositi.
Una minaccia che Israele decise di eradicare già nel 2007 con un piano segreto volto a bombardare il reattore nucleare che il dittatore di Damasco stava costruendo in Siria. Un progetto a cui l’allora presidente americano George W. Bush si oppose.

A rivelarlo è il sito di intelligence Israel Spy, che riporta un estratto esclusivo dal libro Spies Against Armageddon: Inside Israel’s Secret Wars, a firma di Dan Raviv e Yossi Melman.

LA TELEFONATA A DAGAN
Nell’estate del 2007 Meir Dagan, all’epoca direttore del Mossad, l’Istituto per l’intelligence e servizi speciali israeliani, si apprestava a incontrare il premier Ehud Olmert per un briefing. A metà strada ricevette la telefonata del suo capo analista che gli annunciava con cautela notizie importanti su un progetto al quale stavano lavorando. Intuendo qualcosa di importante, Dagan diede appuntamento all’uomo nell’ufficio di Olmert.

IL REATTORE NUCLEARE
I funzionari del Mossad illustrarono al primo ministro che cosa i satelliti spia israeliani – e ora gli agenti sul campo – erano stati in grado di verificare in una parte oscura della Siria orientale , a circa 300 km a nord est di Damasco. I siriani erano vicini a completare la costruzione di un reattore nucleare.
I ricercatori di “armi non convenzionali” del Mossad valutarono che il reattore era strettamente modellato su un progetto della Corea del Nord , costruito con l’aiuto di consulenti provenienti da quel Paese, e che l’obiettivo era quello di produrre plutonio come materiale fissile per le bombe . Il sito fu chiamato Al- Kibar.

BOMBARDARE IL SITO
La riunione si concluse con la decisione di intervenire prima che fosse troppo tardi. Il reattore sarebbe entrato in funzione in pochi mesi e un’azione militare sembrava ormai inevitabile.
L’onere delle decisioni si stava ormai lentamente spostando dai reparti d’intelligence all’esercito israeliano e , soprattutto, verso un processo politico guidato da Olmert e il suo gabinetto

L’OPPOSIZIONE DEGLI USA
Come da tradizione il premier, nella fase iniziale, decise di consultare gli Usa per ascoltare la loro opinione. Inoltre l’amministrazione Bush era considerata la più vicina agli interessi israeliani dai tempi di quella di Ronald Reagan. Dagan andò quindi a Washington per sottoporre il dossier alla Cia e al Pentagono, che sostennero di essere all’oscuro dei piani siriani, condotti in assoluta segretezza e autonomia, persino dall’alleato iraniano.
Nel giugno del 2007 Olmert volò negli Stati Uniti per incontrare faccia a faccia il presidente americano al quale chiese senza mezzi termini di partecipare a un intervento militare contro Damasco.
Ma George W. Bush, temendo gravi contraccolpi nella regione, espresse la sua contrarietà, spiegando che a suo avviso la strategia migliore sarebbe stata quella di mostrare al mondo le prove fotografiche di questo reattore in possesso di Israele, costringendo la Siria a smantellarlo.

LA STRATEGIA ISRAELIANA
La risposta non soddisfò Olmert, che si disse preoccupato dell’opinione di Bush e sembrava sempre più deciso a condurre l’intervento in modo solitario, intenzionato a far rispettare la dottrina Begin, secondo cui a nessun nemico si Israele sarebbe stato consentito disporre di armi nucleari, tanto meno in Medio Oriente.
Iniziò dunque una lunga serie di consultazioni interne per valutare le caratteristiche, i pro, ma soprattutto i contro di un attacco. Meglio sabotare il sito con pochi uomini scelti o bombardare con i caccia? E se il reattore fosse stato operativo entro l’autunno, come prevedibile, quali i tempi per disinnescarlo senza causare contaminazioni e quindi un disastro sanitario ed ambientale? E quale rischio di ritorsioni correvano i cittadini israeliani?

LA NOTTE DELL’ATTACCO
L’attacco venne tuttavia messo ai voti e approvato da tredici membri del Gabinetto allargato eccetto uno, Avi Dichter, dall’ex direttore Shin Bet, l’agenzia di intelligence per gli affari interni.
La notte dell’attacco, il 6 settembre del 2007, Olmert era in una stanza dell’Israel Force Defence, affiancato da alcuni assistenti e generali militari . Otto F-16 decollarono da una base nel nord di Israele , volando verso ovest , verso nord e quindi verso est in Siria.
Nell’occasione Israele usò armi “intelligenti”. Venne prima neutralizzato elettronicamente il sistema di difesa aerea siriano, impendendo di fatto che i radar localizzassero le forze israeliane. E poco dopo la mezzanotte i piloti lanciarono missili di precisione a distanza di sicurezza . Nel giro di due minuti, l’attacco era terminato.

IL VINCOLO DI SEGRETEZZA
Nonostante tutte le delibere, gli incontri e i circa 2.500 israeliani coinvolti nella pianificazione, il piano segreto non è mai trapelato e nemmeno accennato.
A tutti coloro che ne erano a conoscenza, anche ai piani più alti eccetto il primo ministro, venne imposto di firmare un impegno alla riservatezza.
Nessuno poteva escludere il rischio di ritorsioni, ma si pensò che se l’attacco non fosse stato reso noto e Assad non si fosse sentito umiliato pubblicamente, forse, non ci sarebbero state conseguenze, come poi è avvenuto. Mentre Israele non ha mai pubblicamente confermato di aver colpito la Siria, quella notte.

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