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Siria, l’Italia faccia pressing sull’amico Putin

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Il presidente del Consiglio italiano, Enrico Letta, ha trovato le parole giuste ed equilibrate per esprimere il senso della posizione italiana che da un lato ribadisce la ferma condanna per l’uso di armi chimiche contro la popolazione civile in Siria nonché l’amicizia strategica con gli Stati Uniti e dall’altro conferma tutte le perplessità nei confronti di un intervento militare che avvenga fuori dal perimetro delle Nazioni Unite.

La scelta del presidente Obama, poche ore dopo, di fermare le lancette degli strikes verso gli obiettivi del regime di Damasco offre a questo punto una opportunità ed una responsabilità ancora maggiore nei confronti degli alleati europei che giustamente si erano e si sono spesi per una soluzione “politica”. Lo spazio temporale che si apre è davvero stretto. Tre o quattro sono i giorni che mancano all’inizio e alla conclusione del vertice G20 di San Pietroburgo in Russia.

Si è quindi verificato ciò che reclamava anche ministro degli Esteri italiano – in perfetta e costante assonanza con il collega di Mosca, Lavrov – e cioè una posticipazione del conflitto dopo una franca discussione in ambito G20.

La pausa impressa da Obama per attendere l’eventuale via libera del Congresso consente questo ulteriore negoziato. E’ evidente infatti che la cosiddetta soluzione politica vada ricercata sì per scongiurare l’attacco missilistico degli Usa ma anche e soprattutto per mettere fine alla guerra civile che sta insanguinando la Siria e di cui Bashar Al-Assad non può certo chiamarsi fuori (indipendentemente da chi abbia effettivamente sparato i gas nervini).

La pressione della diplomazia europea e italiana dovrebbe essere indirizzata non nei confronti di Washington ma di Mosca essendo la Russia il grande Stato che protegge sul piano delle relazioni internazionali (l’Iran svolge un ruolo di protezione militare sul piano “locale”). Tocca a Putin fare una mossa concreta e tangibile per ridurre l’influenza di Assad e favorire una nuova governance di Damasco.

Se invece il governo russo continuerà a difendere il regime e a minacciare ritorsioni contro gli Usa (avendo già compiuto la scelta – gravissima – di ospitare il traditore Edward Snowden che sta quotidianamente mettendo a repentaglio la sicurezza nazionale americana), è chiaro che saranno confermati non solo i presupposti per un eventuale bombardamento degli obiettivi strategici in Siria ma anche per un eventuale allargamento del conflitto. Si tratta di una ipotesi sciagurata e da scongiurare in tutti i modi.

E quei modi passano dal nostro rapporto con Mosca. L’Italia in questo senso può, e deve, molto. Se i nostri rapporti ‘speciali’ con gli Usa e con la Russia sono sinceri, dobbiamo agire – per quel poco che si può – presto e con decisione. Questa volta parlando con Lavrov e Putin con la stessa fredda franchezza che la Bonino ha utilizzato nei confronti di Kerry ed Obama.

All’incrocio con la storia, non possiamo sbagliare target. Ed ora non ci sono più dubbi. E’ alla Russia che dobbiamo rivolgerci per consolidare quello che il ministro Mario Mauro ha definito, con impeto di speranza, un “contagio di ragionevolezza”.

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