Skip to main content

Siria, le intese commerciali fra Stati Uniti e Arabia Saudita a prova di bomba

Politica, relazioni internazionali e rapporti commerciali s’intrecciano nel mondo e dunque anche in Medioriente. Il massacro di Assad a Damasco non può andare avanti, hanno deciso gli Stati Uniti, dopo che il regime ha sorpassato la red line con l’uso di armi chimiche. Ma, a distanza di una decina di giorni, viene alla luce un accordo commerciale grazie al quale Washington ha venduto all’Arabia Saudita, schierata contro il regime siriano, una mole importante di bombe cluster.

La vendita di cluster bomb all’Arabia

Il Dipartimento della Difesa Usa, si legge sul sito Ips – Inter Press Service, ha annunciato un robusto accordo: la costruzione e la vendita di 1300 cluster bomb (bombe a grappolo) all’Arabia Saudita, dal valore di 641 milioni di dollari. Le munizioni al centro della transazione sono tecnicamente legali secondo la nuova regolamentazione statunitense in materia, ma gli attivisti la criticano.

Il voto arabo e statunitense all’Onu

“Sia Usa che Arabia Saudita hanno recentemente condannato l’uso di munizioni cluster da parte del governo siriano, e la vendita è quindi una contraddizione palese”, ha dichiarato a Ips Daryl Kimball, a capo dell’Associazione Arms Control, ente di controllo con sede a Washington. L’esperto fa riferimento al voto dell’Assemblea Generale dell’Onu, che ha contato sul sì di usa, Arabia e di altri 105 Paesi con la forte condanna dell’uso di cluster bomb da parte della Siria.

I dubbi sul valore strategico-militare della vendita

Ma la vendita di queste armi, oltre ad essere discutibile dal punto di vista morale e legale, lo è anche da quello militare-strategico: “Queste bombe non vengono usate dagli Usa da oltre dieci anni, perciò è difficile capire quale sia l’interesse americano a venderle agli arabi”.

Come funzionano le cluster

Le bombe cluster sono munizioni che si aprono in aria rilasciando centinaia di altri ordigni più piccoli ed espandendo quindi la loro potenza durante l’attacco. Ma l’uso di queste armi viene condannato da anni dalla comunità internazionale a causa del fatto che alcune delle bombe rilasciate non esplodono al momento, ma restano sul terreno diventando un pericolo assoluto per i civili anche dopo la fine dei bombardamenti.

Gli altri acquirenti di cluster dagli Usa

Nel 2007, 47 governi hanno infatti approvato un accordo di divieto, la Convenzione sulle munizioni cluster, per metterne fuori legge la produzione, l’uso e i trasporti. 83 Stati hanno fino ad oggi ratificato la convenzione, ma non Usa e Arabia Saudita, il che fa rientrare nella legalità la vendita delle armi di fine agosto. Secondo alcuni report, gli Usa continuerebbero a vendere cluster bomb a India, Corea del sud e Taiwan.

Il dramma post-guerra

“La percentuale di sottomunizioni che non esplode in aria nell’immediato supera l’1%”, ha spiegato nel 2008 Rae McGrath, portavoce dell’Handicap International Network per le bombe cluster. “E nella migliore delle ipotesi, questi proiettili inesplosi dopo il conflitto continuano ad impedire ai civili l’accesso alle loro terre”.

“Dieci giorni fa gli Stati Uniti hanno venduto all’Arabia 1300 bombe cluster per 641 milioni di dollari. Smettetela con i pianti al telefono sulla Siria”, ha scritto il regista ed attivista Michael Moore su Twitter.

×

Iscriviti alla newsletter