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Come e perché l’Iran difende la Siria

L’impasse americana nell’affrontare la crisi in Siria ha aperto alla diplomazia segreta uno spazio di manovra che potrebbe risultare decisivo per una soluzione non traumatica del conflitto e per stabilizzare la regione.
La pedina più importante sullo scacchiere è senz’altro l’Iran, centrale nel gioco israelo-statunitense per rovesciare Bashar al-Assad mantenendo gli sciiti al potere.

LE MINACCE DI TEHERAN
La Repubblica islamica è avvezza a mostrare due volti.

Uno belligerante e minaccioso, rappresentato dalle parole della Guida Suprema islamica dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, la parte più intransigente, che ieri ha accusato gli Usa ritenendo che il presunto ricorso ad agenti neurotossici da parte del governo siriano sia soltanto una “scusa per attaccare Damasco“. Per Khamenei “gli Stati Uniti e i loro alleatisi legge sul sito web della tv panaraba Al-Jazeerasi stanno servendo delle accuse sugli armamenti chimici come di un pretesto, sostenendo invece di voler intervenire per ragioni umanitarie“.
Critiche sostenute anche dal sospetto e il timore del propagarsi all’intera regione medio orientale della guerra. Uno scenario che guadagna sostanza e concretezza da uno scoop del Wall Street Journal, che oggi rivela che le intercettazioni dell’intelligence americana confermano la determinazione di Teheran nella risposta ad un eventuale intervento militare in Siria.

OLTRE LE DICHIARAZIONI
Sull’altro versante l’Iran invece lancia da tempo segnali distensivi verso Israele e gli Usa, che sono stati la base delle intense trattative sotterranee di queste ore.
Ieri il ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, parlando con Christiane Amanpour della Cnn, ha detto che “l’Iran non ha mai negato l’Olocausto e l’uomo che lo ha fatto se ne è andato“, alludendo all’ex presidente Mahmoud Ahmadinejad.
Domenica scorsa invece diversi organi d’informazione hanno rilanciato le dichiarazioni dell’ex premier e forse prossimo sindaco di Teheran Hashemi Rafsajani che, parlando alla Iranian Labor News Agency (descritta da Reuters come “semi-ufficiale), aveva accusato il regime del presidente siriano Bashar al-Assad di aver utilizzato delle armi chimiche contro il proprio popolo, e che quindi ora deve “attendersi un’invasione“. Frasi contrarie alla posizione ufficiale dell’Iran – che pubblicamente accusa l’opposizione siriana di essere la responsabile dell’uso di armi chimiche – e che sono state cancellate dal sito. Fonti del governo si erano affrettate a smentirle, affermando che le parole dell’ex presidente erano state male interpretate: una registrazione audio diffusa nei giorni scorsi e reperibile su Youtube ha tuttavia dimostrato inequivocabilmente le accuse di Rafsanjani al regime di Assad.

UN NUOVO CORSO
Secondo gli osservatori, Rafsanjani ha voluto avvertire il governo del presidente moderato Hassan Rouhani (nella foto), punto di convergenza tra le varie posizioni, considerato da Washington un interlocutore adatto per aprire una nuova fase distensiva nei rapporti tra i due Paesi, di non fornire più ad Assad un sostegno incondizionato. Tanto più che Teheran – come sottolinea un’analisi dell’esperto del Congressional Research Service, Kenneth Katzman, pubblicata su Al Monitor – ha ora tutto l’interesse a riaprire un dialogo con le potenze occidentali per risolvere le questioni legate al dossier nucleare ed ottenere la revoca delle sanzioni economiche e finanziarie che hanno messo in gravi difficoltà l’economia iraniana.

VERSO IL REGIME CHANGE?
Una necessità che gli Usa intendono sfruttare e che l’Iran vuole perseguire, se necessario, barattando il regime change in Siria anche con un riequilibrio dei rapporti con Israele, al momento secondo Teheran troppo sbilanciati a favore di Tel Aviv, e con la garanzia del mantenimento a Damasco di una leadership sciita, come quella alawita assurta al potere con gli Assad. Non è un caso che nel fronte ribelle si sia infiltrata da tempo la componente jihadista salafita di Al Nusra, appartenente alla rivale famiglia sunnita e che vuole contribuire per questo a rovesciare il regime siriano. Tra sunniti e sciiti vi è da tempo un conflitto, nel quale l’Iran recita una parte rilevante. La Repubblica islamica è infatti la nazione più grande ed influente nel mondo sciita, il principale ramo minoritario dell’Islam al quale si contrappone il Sunnismo, che corrisponde a circa il 90% dell’intero mondo islamico. Mantenere un ruolo di primo piano anche in questa dimensione risulta centrale per Teheran per non perdere potere nell’universo musulmano.

Questa la scommessa che gli Usa – coperti e guidati da Israele – vogliono provare a giocare per assegnare al Medio Oriente un nuovo equilibrio.

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