Skip to main content

Il Corriere della Sera è diventato statalista?

La prospettata cessione di Telecom agli spagnoli di Telefonica trova ampio spazio sui giornali, dove a dominare è in particolare il “nodo” della rete, l’infrastruttura fisica sulla quale transitano i dati di milioni di italiani, considerata da molti osservatori e politici strategica per la sicurezza e l’interesse nazionale.

IL CASO ROVATI
Quello della rete è un tema che ritorna. Non sono passati molti anni da quel 2006 che vide abbattersi su Palazzo Chigi una vera e propria burrasca. L’imprenditore e consigliere dell’allora premier Romano Prodi, Angelo Rovati, aveva studiato lo scorporo della rete e il suo collocamento in una nuova società da quotare in Borsa, magari con un sostegno statale. Una sorta di modello Terna con Cassa depositi e prestiti. L’idea divenne di dominio pubblico mentre Prodi era con il suo staff in visita ufficiale in Cina. Si scatenò un pandemonio e Rovati dovette dimettersi.

IL CORRIERE NEL 2006
Le accuse per il consigliere di Prodi furono pesanti. Da un lato il fronte berlusconiano lo attaccava con mitragliate di dichiarazioni e lo stesso Berlusconi si dichiarò “allibito“, accusando il governo di sinistra di voler “intervenire nelle scelte di società private“. Esclamando scandalizzato: “Questa è la loro vera natura!“. Dall’altro nemmeno la stampa fu tenera con Rovati. Attacchi concentrici giunsero da giornali vicini a posizioni liberiste, come il Corriere della Sera, che in un editoriale a firma di Dario Di Vico commentò senza mezzi termini che “l’idea che un esecutivo, anche se guidato da uno stimato economista industriale, debba sostituirsi ai capitalisti nelle scelte produttive delle loro aziende è perniciosa“.

IL CORRIERE OGGI
Oggi, a distanza di sette anni, l’atteggiamento del quotidiano diretto da Ferruccio de Bortoli sembra radicalmente mutato, con buona pace dei corrieristi aedi del liberismo Alesina e Giavazzi.
In principio è stato il vicedirettore del Corriere, Daniele Manca, a scrivere in un editoriale che “non si può permettere che società indebitate” come Telefonica “e alle prese con una crisi della Spagna ben più ampia della nostra, subentrino a prezzi di saldo“.

Un concetto ribadito sulle colonne del giornale di via Solferino anche da Massimo Mucchetti, ex editorialista del Corriere, oggi senatore del Pd e presidente della Commissione Industria di Palazzo Madama, che aveva avvertito in una intervista al Corriere sui rischi di affidarsi a una società, come quella spagnola, oberata dai debiti.

Ma il cambio di rotta del quotidiano milanese non si limita alla semplice opposizione a Telefonica. Il Corriere oggi, in un pezzo a firma di Fabio Tamburini, già direttore di Radiocor/Il Sole 24 Ore indica anche quale debba essere la via d’uscita dalla bagarre di queste ore. Soffermandosi sul nodo degli investimenti per lo sviluppo della banda larga, condiderato di “importanza strategica“, il giornale diretto da De Bortoli si interroga: “Perché il Fondo strategico italiano, costituito un paio di anni fan on è pronto a mobilitarsi per assicurare gli investimenti necessari?“. Aggiungendo che “in cassa non resta molto e mancano le risorse per investire nelle tlc“, anche se, per Tamburini, “gli interventi nella banda larga e nella rete si prestano più all’impegno diretto del principale azionista, la Cassa depositi e prestiti“. Proprio quello che propose l’allora incompreso Rovati.

×

Iscriviti alla newsletter