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Intesa, i perché e le mezze verità sul defenestramento di Cucchiani

Con una brusca accelerazione azionisti e consiglieri della più grande banca italiana hanno deciso la defenestrazione dell’uomo che avevano scelto solo 20 mesi fa per guidare il gruppo alla riscossa e al dopo-Passera. Addirittura una convocazione di domenica per affrettare i tempi e uscire sui mercati con il nuovo vertice, nella giornata peggiore per i mercati vista la situazione traballante del governo Letta, quello delle larghe intese.

Tutti i commentatori sono d’accordo nel giudicare sconcertante questa decisione presa di corsa. Non si capisce in fondo quale sia la vera motivazione. In mercati più trasparenti, come quelli anglosassoni, i CEO perdono la poltrona a causa dei risultati poco buoni che normalmente si riflettono nel cattivo andamento del titolo azionario. In Italia non funziona così, spesso si perde la poltrona per altri motivi e le varie interpretazioni offerte dai più informati parlano di frizioni con la presidenza e con le Fondazioni (sempre loro…).

Sì perché sui risultati ci sarebbe molto da discutere, quantomeno sulla creazione di valore per gli azionisti. I numeri parlano sempre e dicono che in un periodo di grande sofferenza per le banche, sotto la guida di Cucchiani (dal 22-11-2011) il titolo Intesa SanPaolo è passato tra alti e bassi (dovuti spesso allo spread Italia) da una quotazione di 1,12 fino a raggiungere 1,70 punta massima prima che uscissero le voci sul defenestramento dell’ex capo di Allianz Italia. Un aumento del 52% che ha battuto quanto realizzato in borsa dalle altre banche italiane di grande dimensione.

Sotto il profilo patrimoniale – il vero tallone d’Achille del sistema bancario italiano- la politica di Cucchiani ha portato, anche a costo di fare soffrire il conto economico, a un rafforzamento dei ratios patrimoniali tra i migliori in Europa e a fare accantonamenti sui crediti deteriorati che nessun’altra banca ha saputo fare. Intesa non ha mai sofferto di problemi di liquidità che hanno messo in crisi metà del sistema bancario italiano e ancora oggi è uno dei pochi nomi che si può affacciare sul mercato internazionale e raccogliere denaro a medio-lungo termine. E dunque perché questa decisione? Stando al comunicato della stessa banca, che è uscito in due fasi, la prima alle 23:17 di domenica:

Torino, Milano, 29 settembre 2013 – Intesa Sanpaolo informa che Enrico Tommaso Cucchiani lascia con effetto immediato la carica di Consigliere Delegato e CEO.
Intesa Sanpaolo esprime pieno apprezzamento per i risultati conseguiti da Enrico Tommaso Cucchiani, per la professionalità e lo standing internazionale messi a disposizione del Gruppo. Enrico Tommaso Cucchiani esprime a sua volta attaccamento al Gruppo e la propria stima e alta valutazione per i Presidenti, i Consiglieri e il management. Intesa Sanpaolo auspica che Enrico Tommaso Cucchiani possa in futuro collaborare con il Gruppo.
Su proposta unanime del Comitato Nomine, il Consiglio di Sorveglianza, riunitosi in data odierna al completo dei suoi componenti, all’unanimità ha indicato al Consiglio di Gestione Carlo Messina quale Consigliere Delegato e CEO.

a cui poi è seguito un secondo inusuale comunicato questa mattina di precisazione:

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Le motivazioni dell’uscita di Enrico Cucchiani restano ancora misteriose: la “necessità di un maggior grado di incidenza sulle dinamiche operative” significa che Cucchiani viveva in un suo mondo distaccato da quanto avveniva sotto di lui nella banca? E “l’accelerazione delle effettive potenzialità del Gruppo” non significa forse che Cucchiani andava troppo piano per le aspettative dei grandi soci e del consiglio di sorveglianza?

In entrambi i casi, è difficile riconciliare apprezzamento e buonuscita (si parla di 7 milioni di euro) con un giudizio così diplomaticamente positivo sul passato (“conseguito i risultati attesi”) e negativo sul futuro e perciò occorre solo fare riferimento alle clausole firmate all’atto del suo ingaggio nel 2011. Senza contare che 22 mesi sono proprio pochi per valutare l’impatto di un CEO su cambiamenti strategici.

La sola conclusione a cui si può arrivare è che l’uscita del CEO sia stata richiesta a gran voce dai soci per loro ignoti motivi – probabilmente legati agli assetti futuri di controllo -, tra cui non si poteva includere il fallimento del mandato almeno sul piano della creazione di valore per gli azionisti, o il mancato raggiungimento dei risultati.

Questo commento non è un giudizio sulle effettive capacità di Cucchiani nel guidare una macchina così grande e complessa come Intesa SanPaolo, vi sono molti altri fattori per giudicarne l’operato soprattutto dall’interno, ma piuttosto sugli strani metodi che presiedono al meccanismo della meritocrazia italiana.

Gli osservatori non capiscono, il popolo dei bancari di Intesa non capisce ma si adegua e si domanda ora cosa cambierà con l’arrivo bruciante in due mosse di Carlo Messina al vertice della più grande banca del Paese, ma nel fondo sta già pensando – per abitudine ed esperienza degli ultimi 20 anni – a quando arriverà il prossimo ricambio e quanti dipendenti ci saranno allora.

L’analisi integrale si può leggere qui

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