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Obama chiude ai repubblicani per riaprire la partita del debito

Nessuna soluzione oggi per lo shutdown, il blocco dei finanziamenti alle agenzie federali da parte di Washington. Democratici e repubblicani pensano ora ad addossarsi colpe a vicenda così da screditare gli avversari agli occhi di un’opinione pubblica stanca e insofferente.

Ma la fine dello stallo dovrà arrivare a breve, dati i costi della “chiusura” che mettono a rischio la fragile ripresa americana. E, di certo, prima del 17 ottobre, il giorno in cui il Congresso dovrà decidere dell’aumento del tetto del debito, la partita più delicata per la Casa Bianca.

Le richieste dei repubblicani

A saltare, con i tagli federali, sono anche agenzie e simboli degli Stati Uniti nel mondo, come il sito della Nasa e la Statua della Libertà, chiusa ai turisti. E il presidente Barack Obama ha rigettato la proposta del Gop di approvare decreti specifici per il finanziamento di alcuni settori del governo, come l’Fbi e il Dipartimento Homeland Secutiry e della Giustizia.

La strategia di Obama

“Obama e il Senato sono stati chiari sul fatto che non accetteranno questo tipo di giochetti, e, se questi provvedimenti arrivassero alla sua scrivania, li bloccherebbe con un veto”, ha sottolineato un portavoce della Casa Bianca. Una posizione, quella del presidente, che Boehner ha definito “ipocrita e non sostenibile”. Il presidente “non può continuare a lamentarsi dell’impatto dello shutdown sui veterani di guerra e sui visitatori dei parchi nazionale quando poi è proprio la Casa Bianca a voler bloccare i provvedimenti intesi a evitare questi problemi”.

Le ripercussioni dello shutdown sul Pil

“Se non si riuscirà a trovare un accordo in tempi brevi, ci sarà un rallentamento dell’economia e uno shock al rialzo sui tassi di interesse. Si stima che una paralisi di circa quattro settimane ridurrebbe le previsioni di crescita del PIL statunitense, per il 2013, a 0,1% rispetto all’1,5% atteso”, sottolinea l’Ufficio studi Sace.

Il tetto del debito

L’impasse politico solleva preoccupazioni per un altro tema “chiave” dell’economia Usa: l’innalzamento del tetto del debito pubblico consentito. Ad oggi tale tetto è fissato a 16,7 mila miliardi di dollari, a fronte di un debito effettivo di circa 16,1 mila miliardi di dollari (corrispondenti a 99,2% del Pil)

Il segretario al Tesoro americano, Jack Lew, ha detto che il suo ministero ha cominciato a ricorrer a “misure straordinarie” per continuare a onorare i pagamenti a carico dello Stato. E in una lettera inviata al Congresso ha lanciato l’appello per l’immediato innalzamento del tetto del debito, perché al di là della scadenza del prossimo 17 ottobre “non ci saranno tempi supplementari per agire”. Dopo quella giornata, che indica la scadenza ultima entro la quale le misure eccezionali utilizzate dal governo Usa per evitare il default saranno esaurite, “resteranno in contanti 30 miliardi per gli impegni del nostro Paese”, un importo ben al di sotto di quello che a volte può spendere il Tesoro in un giorno, cioè fino a 60 miliardi di dollari.

E, nella sua lettera indirizzata al portavoce dei repubblicani alla Camera Jack Boehner, Lew ha aggiunto che “se ci fosse denaro insufficiente nelle casse dello Stato, per la prima volta nella storia sarebbe impossibile per gli Usa far fronte ai loro obblighi”.

La bomba nucleare “debito”

La Casa Bianca teme ora che lo stallo sul budget di breve termine possa non essere risolto in tempo per decidere dell’aumento del tetto del debito nei prossimi giorni. Un mancato accordo entro la deadline del 17 ottobre potrebbe scatenare un default tecnico per il debito statunitense e un nuovo crollo dell’economia nazionale, e di conseguenza, mondiale. “Il tetto del debito è un’esplosione nucleare rispetto alla bomba a mano (dello shutdown)”, ha detto alla Cnn John Huntsman, ex candidato presidenziale repubblicano.

Le reazioni di Wall Street

E con gli occhi puntati su Capital Hill resta anche Wall Street. L’impatto di una tale situazione di incertezza sui mercati finanziari “ha ridotto i benefici che si erano ottenuti con la decisione della Federal Reserve di rinviare, rispetto all’ipotesi di settembre, il tapering della politica monetaria non convenzionale adottata (QE3)”, conclude Sace.

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