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I segreti del viaggio di Papa Francesco in Terra Santa

Che Papa Francesco possa recarsi in Terra Santa nella primavera del prossimo anno non costituisce di per sé una notizia clamorosa. Diversa sarebbe la prospettiva se, nel corso di quel viaggio, il pontefice dovesse recarsi anche in Giordania, dove pure si recarono i suoi predecessori Giovanni Paolo II nel 2000 e Benedetto XVI nel 2009.

La tappa in Giordania

E non tanto perché quest’ultima costituisca oggi uno dei fronti della lotta al terrorismo o un epicentro delle cosiddette “primavere arabe”: tutt’altro, il Paese, dopo qualche sommossa dei mesi scorsi, è tranquillo e re Abdallah II, che in agosto è stato ricevuto in Vaticano da Papa Francesco, sembra essere riuscito ad ammorbidire i dissensi, sorti più che altro grazie a un effetto domino causato dalle crisi scoppiate nel resto del Medio Oriente.

Il fatto assumerebbe rilievo internazionale, perché Amman è oggi la principale meta di destinazione dei profughi della Siria, che ammontano a circa un milione, e ospita uno dei più importanti campi di accoglienza dell’intera regione, Zaatari, che si trova a pochi chilometri dalla città di Mafraq all’incrocio dei confini tra Siria, Iraq e Giordania. Recandovisi, Papa Francesco riaffermerebbe con un gesto simbolico, ma concreto, l’attivismo della diplomazia vaticana nelle iniziative di pace già avviate nel corso dell’estate, e culminate con la giornata di preghiera e digiuno del 7 settembre.

Il Papa nel campo profughi dei siriani?

Il condizionale in questi casi è d’obbligo, e il primo a saperlo è la fonte stessa dell’indiscrezione, raccolta dal Vatican Insider, ovvero il vescovo ausiliare di Amman, monsignor Maroun Lahham. Anzitutto perché la missione in Terra Santa per commemorare il 40esimo anniversario dello storico abbraccio tra Papa Paolo VI e il Patriarca di Costantinopoli Atenagora non è ancora stata confermata ufficialmente, e poi perché, nonostante l’attacco americano alla Siria sia stato stoppato anche grazie all’intervento del pontefice e il Consiglio di sicurezza dell’Onu abbia votato un piano per lo viagra prescription smantellamento delle armi chimiche di Damasco, accettato dallo stesso Assad, la situazione rimane estremamente convulsa, con la registrazione nella giornata di ieri del massacro di dodici bambini nella città di Raqqa, nel nord est del paese, vittime di un bombardamento contro la scuola nella quale si trovavano. Nella stessa città i ribelli jihadisti hanno bruciato due chiese, quella greco-cattolica “dell’Annunciazione” e quella armena dei “Santi martiri”. Tuttavia, conferma con una punta di speranza il vescovo Lahham, “se il Papa chiederà di andare anche al campo di Zaatari, tra i profughi siriani (che lì ammontano a oltre 130mila, ndr), lo porteremo”.

Cristiani nel mirino: Siria, Egitto, Pakistan

Nel frattempo, tutta l’area del cosiddetto “Grande Medio Oriente” e dell’Africa sub-sahariana continua a essere incendiata da focolai di violenza anticristiana. Proprio in Siria, dopo l’attacco di metà settembre alla città di Maalula, milizie appartenenti al fondamentalismo islamico, hanno attaccato anche il villaggio di Sednaya, a nord di Damasco, che ha causato un morto e prodotto una nuova ondata di profughi.

In Egitto, dopo il massacro di metà agosto, che ha visto l’uccisione di oltre 500 persone, e l’assalto a 20 chiese, i cristiani copti sono presi di mira in maniera sistematica, in virtù del loro appoggio al “golpe” che ha destituito il presidente Mohammed Morsi, espressione della Fratellanza musulmana. La provincia di Minya, che si affaccia sulle rive del Nilo, risulta essere quella più colpita. Solo due giorni fa il vescovo Anba Makarios è sfuggito miracolosamente a un conflitto a fuoco, mentre si trovava nella sua auto.

Non più tardi di una settimana fa, a Peshawar in Pakistan, un doppio attentato kamikaze davanti alla chiesa anglicana di “Tutti i Santi” ha ucciso oltre 80 persone, tra cui sette bambini e 145 feriti, gettando nuove ombre su quello che per molto tempo è stato considerato il baluardo asiatico dell’occidente nella lotta al terrorismo jihadista.

 

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