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Telecom, Letta e Alfano. Il destro Crosetto ha sinistri presagi

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“La rivoluzione liberale è morta con il voto di fiducia” certifica l’ex forzista Guido Crosetto, che dal pulpito di Fratelli d’Italia, scissionisti dopo Fli, ma prima degli alfaniani dal fu Pdl, prova a disegnare i contorni dell’embrione di formazione di centro nata ieri. “Quello in carica – dice a Formiche.net – è il governo della sinistra democristiana in chiave europea e non ha nulla che vedere con gli elettori liberali, ma si colloca su una strada ciellina”.

Letta “sposa” Alfano: si avvera la profezia montiana di voler tagliare le cosiddette ali?
Sembra di sì e sulla carta lo è. Quello di ieri non è soltanto un cambio interno al Pdl, ma una trasformazione più ampia. Come annunciava il ministro Mario Mauro qualche tempo fa, è la concretizzazione di un progetto che definiva moroteo.

Prima il Fli di Fini, poi Fratelli d’Italia, ora gli alfaniani: non sono un po’ troppe tre scissioni in quattro anni per lo stesso partito?
Si tratta di tre cose completamente diverse. Fini aveva dei voti suoi, noi ce ne siamo andati prima delle elezioni andando a caccia di quei voti, oggi gli alfaniani vogliono prendersi i voti di Berlusconi a portarli da un’altra parte. Un caso diverso, proprio come punto di partenza: ma tra le scissioni la nostra è quella con il maggior risultato politico e quella con la miglior dignità dal punto di vista umano.

Con il Grande Centro all’orizzonte quanto spazio resta a destra?
Innanzitutto diciamo che questi non stanno facendo il centrodestra, ma una cosa con Enrico Letta: rinnegano la storia di Forza Italia prima e del Pdl dopo. Penso che ci siano profonde diversità nell’impostazione che può dare il centrodestra rispetto a quella auspicata da un centro che sta con la sinistra.

Quindi addio a liberalizzazioni e spunti per un’Ue diversa?
Loro tendono a chiudere qualsiasi differenza di vedute all’interno del Ppe, ma in questo modo escludono anche una piccolissima possibilità per l’Italia di essere determinante. E scelgono la linea, comoda, di appoggiarsi all’euroburocrazia continentale che non ha neanche più colore politico: non è più né destra né sinistra. E’ un’altra cosa.

Il fronte liberale rischia di rimanere afono?
Il fronte liberale di centrodestra classico è il vero problema di Enrico Letta. Quello in carica è il governo della sinistra democristiana in chiave europea e non ha nulla che vedere con gli elettori liberali, ma si colloca su una strada ciellina. Comunione e Liberazione ha da sempre spostato il proprio baricentro da sinistra a destra a seconda dei momenti storici. Ora mi pare abbiano scelto questa opzione, per cui non si può parlare di centrodestra. Se poi sceglieranno quella strada autonomamente o restando all’interno del Pdl questo cambierà le carte in tavola e ovviamente il rapporto con noi. Nel primo caso potrebbero diventare una specie di Monti di sinistra.

L’Officina delle idee promossa da Fratelli d’Italia subirà un’accelerazione?
Procede e vi saranno altre autorevolissime adesioni, proprio perché in questo momento la necessità di definire cosa sia il centrodestra nel Paese credo sia ancora più forte di prima. E lo dico quando il primo partito non di sinistra sembra diventare la stampella di Letta sconfessando il proprio fondatore. Chiariamolo, quest’ultimo ha fatto errori drammatici negli scorsi anni e specialmente nell’ultima settimana: ma cannibalizzarlo per salvare Letta mi sembra strano.

Si aspettava la capriola lettiana di Berlusconi?
Il voto di ieri è colpa dei falchi, che alla fine hanno danneggiato lo stesso Berlusconi. E’ anche vero però, che le casacche di falchi e colombe variano a seconda se si stia o meno al governo. Molte delle colombe di oggi se fossero state fuori dall’esecutivo sarebbero diventate falchi.

L’Italia è destinata a non avere la rivoluzione liberale allora?
Stante le cose di oggi no. La rivoluzione liberale è morta con il voto di fiducia, perché non saranno i Formigoni o i Giovanardi a poterla mettere in atto. Il mio obiettivo è realizzare un centrodestra vero e sarei disposto a rinunciare a tutto pur di riuscirci.

Intanto i francesi di Safran puntano Avio Spazio, dopo Telecom finita a Telefonica: un altro gioiello di famiglia sul mercato nel silenzio della politica?
Con questo governo in carica, se lei in questo momento è seduto ad una scrivania deve sperare che non gliela vendano a qualche straniero. Telecom non si preserva semplicemente se si attua un piano industriale. La sua parte fondamentale è l’infrastruttura tecnologica che diventa la banda larga: per cui nel momento in cui offro una risposta devo anche dire dove trovo le risorse e come la ammortizzo. La questione è più complessa del dire italiani sì o italiano no.

twitter@FDepalo

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