Skip to main content

DISPONIBILI GLI ULTIMI NUMERI DELLE NOSTRE RIVISTE.

 

ultima rivista formiche
ultima rivista airpress

Libia, ecco perché è necessario ripartire da zero

Il premier libico, Ali Zeidan, è stato rilasciato dopo essere stato portato via stamani, dall’albergo in cui vive a Tripoli, da uomini armati. Un episodio che ha riportato all’attenzione delle cronache l’instabilità della Libia, cruciale non solo per il nostro Paese ma per l’intera area come spiega a Formiche.net Karim Mezran, Senior Fellow presso il Middle East Policy Council di Washington, docente di studi mediorientali presso la Johns Hopkins University a Bologna e Washington e componente del Consiglio di gestione del Centro Studi Americani a Roma.

Professore, che cosa accade in Libia?
Il Paese vive in uno stato di completa confusione istituzionale e sociale. Nessuno può dirsi al sicuro e qualsiasi azione, anche la più normale, è rischiosa, sia per civili che per politici e militari, anche ad altissimi livelli.

Ma chi ha preso il primo ministro Zeidan?
Un gruppo di ex ribelli, di miliziani chiamati a garantire l’ordine pubblico nel tentativo di arginare il fenomeno delle milizie armate che dopo aver contribuito a far cadere il regime di Muhammar Gheddafi hanno fatto il bello e cattivo tempo in Libia. È un grosso errore pensare che in Libia ci siano in questo momento forze di polizia indipendenti.

Che connessione c’è tra l’episodio e la rendition americana che ha portato all’arresto di Abu Anas al-Liby?
I due episodi sono strettamente connessi. Una parte dei libici ritiene Zeidan traditore. C’è stata una blanda protesta del governo libico nei confronti degli Usa, ma nessuno ci ha creduto, né in Occidente né sull’altra sponda del Mediterraneo. Tra molti elementi delle milizie, in larga parte composte da elementi islamici, c’è la convinzione che “uno di loro abbia venduto al-Liby al nemico americano”. Se si fosse trattato di un attacco terroristico ci sarebbero state conseguenze molto visibili, invece il primo ministro è stato sequestrato senza nessun conflitto a fuoco o reazione, segno inequivocabile che non c’è stata alcuna resistenza nel consegnare il primo ministro.

Come mai?
I miliziani hanno agito su ordine diretto del Dipartimento anticrimine del ministero dell’Interno. E ciò conferma quanto già detto: servono misure urgenti per portare il Paese alla normalità.

Come si esce da questa situazione?
Si deve lavorare a un accordo nazionale per togliere potere a queste milizie e rifondare lo Stato, mettendo tutti intorno a un tavolo per programmare nuove elezioni e una riorganizzazione della società libica in tutti i suoi aspetti più importanti. Una grande assemblea in cui tutti siano legittimati a dire la loro. Solo partendo da questi principi si può sperare in un miglioramento.

Il ministro della Difesa Mario Mauro ha convocato una riunione con i vertici militari per “monitorare la situazione in raccordo con la presidenza del Consiglio dei ministri e il ministero degli Esteri”. Che ruolo può recitare l’Italia nella questione libica?
L’apporto del Paese alla pacificazione, per i motivi che ben conosciamo, potrebbe essere importante. Ma la domanda è: esiste un Mr. Libia in italia? Serve qualcuno che tratti con i pochi interlocutori governativi che ci sono oggi per formare forze di polizia valide, che appoggi un nuovo processo di dialogo nazionale, che invii Carabinieri, che crei rete con la aziende italiane sul territorio. L’Italia si sta già muovendo sul piano culturale, ma non è sufficiente. Serve un impegno massiccio, anche se è politicamente difficile.

×

Iscriviti alla newsletter