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Capitalismo intellettuale e analfabetismo finanziario

“I più stolti? Quelli che credono che non succederà nulla soltanto perché hanno chiuso la porta…” (Maurice Maeterlinck)

 

Viviamo in un mondo complesso e interdipendente dove l’economia della conoscenza e la diffusione delle nuove tecnologie di rete hanno prodotto mutamenti epocali nel mercato. Tutto cambia: in un mondo di capitalismo intellettuale in cui la condivisione in rete è il valore fondante, bisogna pensare e agire in modo diverso. Non si vince più da soli: o vincono tutti o non vince nessuno. Non si fa più competizione individuale, si fa competizione collaborativa. Può essere questa la risposta alla tempesta perfetta della crisi? L’immagine suggestiva della tempesta perfetta fotografa un momento (per quanto lungo ormai 5 anni) ma, in realtà, non racconta una trasformazione ben più profonda.

La vera tempesta perfetta non è la crisi. E’ quella generata dallo scontro tra i due grandi “uragani” di questa fase: la grande espansione verso “l’hardware”, verso il macro, (le economie di scala, la globalizzazione delle multinazionali, la tecnologia, la finanza senza confini, le grandi banche, i debiti sovrani) e, nel contempo, la spinta sempre più forte verso il molto piccolo, verso il fluido, verso “il software” (il capitale intangibile dell’intelligenza al servizio del mercato, le reti professionali, le economie di relazione e di scopo, le PMI che esportano sui mercati globalizzati). Il “medio”, non esiste più. Il ceto medio, la media impresa, il piccolo commerciante, il professionista individuale sono una specie in via di estinzione. Basterebbe leggere “La nuova geografia del lavoro” di Enrico Moretti (Ed. Mondadori) per capire il perché.

Ma come si evolverà la tempesta perfetta? Da molti anni ormai il sistema capitalistico sopravvive e cresce attraverso quella che possiamo definire un “andamento a bolle”. La prima bolla finanziaria della metà nel 1987, poi la crisi del 1998, la bolla della new economy, quella del mercato immobiliare e dei sub prime, la conseguente crisi del sistema finanziario e, nell’ultimo periodo, l’attacco all’Euro. Ma la bolla attuale è molto più grave perché la scarsa concorrenza esistente fra le più grandi banche internazionali, la relativa opacità dei tanti prodotti finanziari complessi, l’attacco all’Euro dei grandi fondi speculativi hanno messo in crisi un sistema che pensava di aver trovato un metodo “assoluto” di minimizzazione dei rischi attraverso la diversificazione e la loro distribuzione tra più soggetti.

(continua)

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