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Alitalia, missione impossibile (o quasi)

Nessuno vuole essere un profeta di sciagure. Occorre, però, ricordare che secondo Omero, Virgilio ed in tempi più recenti, Berlioz, Cassandra aveva ragione. È iniziato il conto alla rovescia degli ultimi trenta giorni per un estremo (e tutti si augurano definitivo) salvataggio di Alitalia o per la sua liquidazione. Oppure per un suo drastico ridimensionamento sino a diventare compagnia regionale (come un tempo era Air Inter in Francia) del sistema Air-France-Klm; compagnia regionale destinata essenzialmente al bacino mediterraneo (con una fortissima riduzione di rotte, scali e personali).

È una “missione-che-sembra-impossibile“. A mio avviso, non è stato errato tentarla: in caso contrario, in base alla Legge Marzano l’erario avrebbe dovuto subito accantonare 500 milioni di euro in garanzia e mettere a bilancio ammortizzatori sociali per 14mila persone tra dipendenti della compagnia e dell’indotto. Compromettendo la definizione della legge di stabilità.

Perché la missione abbia qualche possibilità di successo, occorrono però altre misure. L’azionista totalitario di Poste Italiane SpA, il Ministro dell’Economia e delle Finanze (MEF), deve stabilire, con proprio decreto, che i quattro principali responsabili dell’operazione a Poste Italiane siano responsabili con i loro patrimoni personali dei 75 milioni di euro ove venissero versati per ricapitalizzare Alitalia.

Il professore Roberto Perotti della Bocconi ne ha tracciato un attento e dettagliato profilo (che nessuno ha smentito): sono abituati a viaggiare nei “corridoi del potere” di partiti e sindacati ma non hanno alcuna esperienza di trasporto aereo. Mettano la loro capacità davvero alla prova con le risorse proprie non quelle del MEF, e quindi degli italiani. Una misura del genere smonterebbe subito le accuse che l’intervento di Poste sia un aiuto di Stato dato che quattro “trasportisti di ventura” ci hanno messo faccia e portafoglio. E, quindi, sono pronti ad investire anche prima che sia stato stilato un piano industriale, seguendo una procedura che esattamente l’opposto di quanto fa un prudente padre di famiglia.

Se ciò avviene, i nuovi “patrons” di Alitalia (con la “p” minuscola, come si usa dire in Francia) potranno davvero negoziare da pari a pari con i francesi e gli olandesi e mettercela tutta per evitare che il dimagrimento di Alitalia sia eccessivo e che gli aumenti di produttività vengano articolati su un arco temporale realistico.

Il direttore generale di Poste Italiane SpA ha fatto tutta la sua carriera alla CISL – i maldicenti preferiscono dire “grazie alla CISL” -; dovrebbe essere quindi lieto di mettere a disposizione parte di quanto risparmiato sul suo stipendio (si dice di 600mila euro l’anno) per evitare una disoccupazione di massa nel comparto a cui ha dato tanto nella propria vita sindacale – e da cui tanto ha ricevuto. Ragionamenti analoghi possono essere fatti per gli altri, e per lo stesso Massimo Sarmi, ottimo corridore di fondo da sinistra a destra e da destra a sinistra, ma soprattutto sempre grande servitore dei più alti interessi della Nazione.

Suvvia! Alexandre de Juniac, il Patron (con la “P” maiuscola) di AirFrance-Klm non si troverebbe a negoziare con un Toto (chiamandolo Totò a causa dell’accento francese) o con un Colannino père, “capitano coraggioso” e “patriota”, ma ammaccato da tante sventure e ferite degli ultimi tre lustri, oppure ancora con un Colanninno fils (“le petit”, preferiscono dire i francesi) inascoltato responsabile economico del PD e neanche con dirigenti di banche che restano nell’intrapresa nella speranza (sempre ultima Dea a cui rivolgersi) di non rimetterci altre penne.

Avrebbe di fronte chi rischia in proprio, come D’Artagnan, Athos, Portos e Aramis – i quattro moschettieri di Dumas Per i francesi ciò conta. Ed evita di fare la fine di Cyrano de Bergerac.

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