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Le attese deluse della manovretta di Letta

Rispetto alla legge di stabilità presentata ieri la domanda che sorge è: si poteva fare di più?

Certamente, ognuno può immaginarsi interventi diversi da quelli prospettati e ritenerli superiori. Ma la vera domanda che dobbiamo tutti porci è un’altra: come si fa a realizzare davvero azioni di stimolo con vincoli europei di deficit al 2,5% (e a scendere allo 0,1% nel 2017)?

I numeri

La legge di stabilità impatta sul quadro macroeconomico del 2014 attraverso una manovra “netta” e una “lorda”. La manovra netta è data dal maggior disavanzo, dal 2,3% al 2,5% del PIL, che si ha nel passaggio dal bilancio a legislazione invariata a quello programmatico. Si tratta di 3 miliardi di esborsi per investimenti finanziati in deficit, concessi dall’Europa per l’uscita dalla procedura di infrazione. Con moltiplicatori fiscali elevati (superiori all’unità), questo modesto allentamento potrebbe aggiungere al Pil 2014 uno 0,2-0,3%. Probabilmente tale effetto è già incorporato nella previsione governativa di un  aumento del PIL dell’1% nel 2014.

Il lordo

La manovra lorda è di 8,6 miliardi di euro. Questa cifra comprende varie tipologie di intervento, ma la parte su cui si concentravano maggiormente le attese, ovvero cuneo fiscale e Irap sul lavoro, non va oltre i 3 miliardi per il 2014.

Miliardi spacchettati

Di quei 3 miliardi si effettua poi uno spacchettamento a metà tra lavoratori (minori tasse) e imprese (minori contributi e IRAP sul lavoro). E’ il risultato di una difficoltà di scegliere tra dare uno stimolo alla domanda interna o puntare, migliorando la competitività, sulle esportazioni, con la conseguenza ultima di fornire sgravi modesti su entrambi i fronti. Tenendo conto dell’elasticità del PIL rispetto alle due forme di sgravio pari, a regime, a circa lo 0,5, si comprende come questo sostegno all’economia finirà con l’essere quasi ininfluente.

Le cifre limitate

E’ pur vero che la tranche 2014 è parte di un percorso di riduzioni fiscali che si spinge fino al 2016, ma anche tenendo conto di ciò (circa 5,5 miliardi in tre anni alle imprese e quasi altrettanti al lavoro) si tratta di cifre limitate e troppo diluite nel tempo per essere efficaci.

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