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Ior, viaggio trasparente nei segreti della Banca vaticana

L’appuntamento è fissato per le ore 14. Davanti a Porta Sant’Anna. “Vengo a prenderla io, almeno facciamo prima”, dice Max Hohenberg, dell’ufficio portavoce dell’Istituto per le Opere di Religione (Ior).

Raggiungere la sede dello Ior, meglio noto come la banca del Vaticano (anche se poi mi verrà spiegato non essere propriamente una banca, bensì un istituto sui generis), non è certo una cosa facile. Bisogna prima superare i controlli della Guardia Svizzera. Poi quelli della Gendarmeria. E, come se non bastasse, anche quelli della sicurezza interna dell’istituto. “Sa’, gli svizzeri ed i gendarmi sono piuttosto fiscali. Ma è il loro lavoro”.

Superati i controlli senza alcun ostacolo grazie al lasciapassare del mio accompagnatore, a sinistra si scorge il famoso torrione di Niccolò’ V. E’ la sede dello Ior. E’ là che, secondo i (numerosi) detrattori di questo istituto nato nel 1943 per volere di Papa Pio XII, avvengono cose strane. E’ la che si svolgerebbero operazioni di riciclaggio di denaro sporco. E il recente caso dell’arresto di monsignor Scarano sembrerebbe confermarlo.

Una volta entrati nel torrione sembra di stare in un mondo chiuso ed ovattato. Lunghi corridoi, poche finestre, arredamento curato nei minimi particolari. Insomma, nulla è lasciato al caso. Facciamo un giro in questo “labirinto”, passiamo davanti all’ufficio del presidente von Freyberg. “Purtroppo in questo momento il presidente è impegnato, e quindi non potrà riceverla”. Sino ad arrivare in un cortile dove troviamo un gruppo di gendarmi. Non sapevo che ci fossero gendarmi allo Ior. “Ed infatti non sono per noi”. La curiosità sale: e allora per chi sono? “Vede quella porta in fondo al cortile, alla nostra destra? Bene, quella è una porta di accesso all’appartamento del Santo Padre”.

Percorriamo altri cinquanta metri ed arriviamo in un bellissimo cortile. Mi sembra di averlo già visto. Chiedo dove siamo. “E’ il cortile di San Damaso. Dove vengono ricevuti i Capi di Stato e gli ambasciatori. E soprattutto è il cortile dove abbiamo dato l’ultimo saluto a Benedetto XVI quando ha lasciato il Vaticano per ritirarsi a Castelgandolfo”. Mi sembra di ritornare così a quel 28 febbraio. Alle lacrime dell’autista del Papa emerito che lo avrebbe accompagnato nel suo ultimo viaggio verso l’eliporto. Ma adesso è ora di tornare negli uffici dell’istituto. E’ ora di cercare di capire, con il mio accompagnatore, cosa faccia veramente lo Ior. E quanto ci sia di vero in quello che scriviamo sui giornali. E lo facciamo davanti a una tazzina di caffè.

La trasparenza sul bilancio
La trasparenza, almeno secondo quanto dicono allo Ior, è diventata il filo conduttore della presidenza di von Freyberg. E proprio nell’ambito di questa operazione di glasnost l’istituto ha deciso di pubblicare per la prima volta nella sua storia il proprio bilancio. Per di più un bilancio certificato da Kpmg. “Si, avere un bilancio certificato da una società appartenente al gruppo dei big four è molto importante. Ma in realtà ciò avviene già da quasi vent’anni”. Da vent’anni? Eppure il bilancio dello Ior è sempre stato uno dei misteri vaticani meglio custoditi. “E’, precisamente, dal 1996 che il nostro bilancio viene certificato. Solo che poi anziché essere reso pubblico veniva trasmesso al Consiglio di Sovrintendenza, che a sua volta lo metteva a disposizione della Commissione cardinalizia”. Nulla di nuovo, quindi, almeno sotto questo punto di vista. Ma allora perché pubblicarlo? “E’ il messaggio di apertura del Santo Padre che ci fa strada. Nella riunione del 13 maggio il presidente von Freyberg ha illustrato davanti a tutti i 114 dipendenti dell’istituto le linee guida della presidenza. E trasparenza è stata la parola chiave”. Ma questo vuol forse dire che prima la trasparenza non regnava allo Ior. “Diciamo che la trasparenza prima non era proprio in cima alle prerogative dell’istituto”.

Un direttore part-time
Parlare con il presidente non è proprio possibile. Peccato, avrei voluto chiedergli se l’essere presente in Vaticano in modalità part-time potesse rallentare l’attività dell’istituto. “Se vuole posso risponderle io”, dice il mio interlocutore. Prego. “Secondo gli statuti il presidente dovrebbe essere presente all’istituto una volta ogni tre mesi. Visto l’impegno formulato il 13 maggio e la carica di direttore generale ad interim aggiunta dal 1 luglio von Freyberg è presente almeno tre o quattro giorni a settimana. E nonostante questa sua presenza part-time sta portando avanti senza alcun intoppo il programma”. Un direttore part-time che, però, sembra guadagnare non poco. E basta leggere le cifre indicate all’interno del bilancio. 877.000 euro da dividere tra i cinque membri della Commissione cardinalizia, i cinque del board ed il direttore generale. Il mio interlocutore, però, scuote la testa. “Che guadagni tanto lo dicono quelli che non sanno cosa scrivere. Penso di poter dire che il guadagno economico certamente non sia al centro dell’impegno di von Freyberg o di uno dei vari dirigenti ai quali lei si riferisce”.

Esistono conti cifrati?
Si dice, da sempre, che allo Ior esistano numerosi conti cifrati. Conti sui quali la magistratura italiana cerca di indagare, senza ottenere la dovuta collaborazione delle autorità vaticane. “Guardi, sono sincero. Ad oggi non abbiamo ancora trovato uno di questi conti di cui lei parla. Comunque la vera domanda non è se ci sono conti cifrati. La vera domanda è se noi conosciamo i nostri clienti e quindi se siamo in grado di segnalare o impedire abusi. E questo è la parte chiave nel programma del presidente von Freyberg. E’ per quello che facciamo controlli su tutti i 19.000 clienti dello Ior”. Un lavoro che porta via tempo, immagino. “Si, procediamo con circa 1500 clienti al mese”. Quindi, secondo il mio interlocutore, allo Ior non esisterebbero conti cifrati. Eppure, proprio recentemente, ne hanno chiusi 900. Era tutto regolare? “Non commentiamo chiusure di conti. Quello che posso dire è che a luglio abbiamo ristretto la definizione della clientela servita dall’istituto.” Ecco, appunto, chi può aprire un conto allo Ior? “Devono essere clienti con una relazione attiva col Vaticano”. Non capisco e la spiegazione non mi convince. “Se non ci crede, basta che consulti il nostro sito internet. Abbiamo fatto un elenco dei potenziali clienti e lo abbiamo pubblicato il 31 luglio. E mi lasci aggiungere che indipendentemente da questa ridefinizione è dovere dell’istituto assicurare il funzionamento di efficienti sistemi di controllo e di segnalazione alle autorità di sorveglianza”. Insomma, sembra che se, ad esempio, un ex ambasciatore presso la Santa Sede ha ancora un conto allo Ior, questo, da luglio 2013, conto deve essere chiuso.

Le relazioni con Scarano
Nel corso della nostra conversazione il nome di monsignor Scarano è stato pronunciato poche volte. E’ però giunto il momento di parlarne. Secondo la magistratura Scarano avrebbe utilizzato conti dello Ior per riciclare denaro. E ci sono le prove, insieme alle ammissioni del monsignore stesso. Non vorrete mica negare? “No, per noi il caso Scarano è stato un vero disastro, soprattutto perché è avvenuto solo poche settimane dal momento in cui abbiamo avviato il programma di adempimento”. Va bene, però ha agito per anni indisturbato. “Vero, ma grazie al processo di analisi che stiamo facendo su ciascun cliente avremmo beccato un’irregolarità molto più presto. E mi lasci dire che Scarano aveva comunque tutti i requisiti richiesti per essere un cliente dell’istituto”. Il mio interlocutore mi fa poi cenno col capo che vuole aggiungere una cosa. “Non voglio e non posso commentare su un’indagine in corso, però all’interno dello Ior abbiamo rilevato tutti i fatti degli ultimi dieci anni relativi a questa vicenda e quindi abbiamo pochi dubbi su cosa sia successo”. Insomma, in passato vi è quindi stata una sorta di culpa in vigilando da parte dell’istituto? “Si, e ora stiamo cercando di migliorare le cose. Abbiamo fatto un vero e proprio manuale antiriciclaggio per i nostri dipendenti, così ora sanno cosa possono fare e cosa invece è loro impedito”.

Le (burrascose) relazioni con le istituzioni italiane
Che i rapporti con la Banca d’Italia e, soprattutto, con la magistratura italiana non siano buoni non è certo un mistero. Numerose sono state in passato le richieste di poter avere accesso ai conti dello Ior. Senza successo. In Vaticano, si dice, ci si nasconde dietro allo strumento della rogatoria internazionale. “In realtà non è proprio così. Noi non ci nascondiamo dietro a niente. Siamo costretti a passare attraverso la rogatoria internazionale perché questo prevede la legge. E la legge mica l’abbiamo fatta noi”. Provo ad accennare una contestazione ma vengo subito bloccato. “Il Vaticano è uno Stato come un altro. Cosa succederebbe se al nostro posto ci fosse, ad esempio, la Germania o la Francia? La stessa cosa, nel senso che anche in questo caso sarebbe necessario passare attraverso una rogatoria internazionale”. Questo è vero. Ma resta il fatto che in tema di riciclaggio non siete stati mai molto collaborativi in passato. “E come potevamo fare? Non avevamo neanche gli strumenti o le istituzioni. Lei lo sa che la legge antiriciclaggio e l’Autorità di sorveglianza finanziaria in Vaticano esistono solo da pochi anni? Stiamo facendo di tutto per metterci in linea con gli standard richiesti. Uno sforzo che tutti dovrebbero apprezzare”.

I rapporti con la Commissione referente sullo Ior
E’ notizia di quest’estate la creazione di una commissione referente sullo Ior. E’ da qui che deve uscire la riforma della banca vaticana. Si potrebbe persino decidere di chiudere la banca. “Si, è vero. Qualcuno ha proposto di chiuderla. O di trasformarla in banca etica. Ma non sta a noi giudicare”. In molti hanno parlato di una sorta di commissariamento della banca. Una sorta di commissariamento di von Freyberg, una delle ultime nomine riconducibili al Segretario di Stato Tarcisio Bertone. “Non so se quello che lei dice sia vero o falso. Certo è che noi abbiamo un forte rispetto nei confronti del lavoro dei membri della Commissione. Il presidente von Freyberg ha partecipato alla prima riunione. E spesso i membri vengono da noi per avere informazioni. Anzi, se ora apriamo la porta, magari vediamo passare uno di loro”.

Una vera trasparenza?
Mi trovo allo Ior da quasi due ore. E’ quasi l’ora di andare via. Ma resta ancora una curiosità. Un nuovo sito internet, un nuovo bilancio. Basta questo a dire che lo Ior è trasparente? “Capisco la sua domanda. E i suoi dubbi”. Sino a dove potrà spingersi la trasparenza dell’istituto? “Guardi, la trasparenza è molto importante. Ma deve tenere conto che al centro della missione dello Ior vi è la tutela e la sicurezza del patrimonio che ci viene affidato”. Questo vuol forse dire che non farete altro? “La trasparenza è sicuramente necessaria. E’ dovuta alla Chiesa, ai cattolici, ai clienti ed anche alle autorità. Non è quindi un valore in sé”.

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