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Datagate (lo spionaggio “soft”): messaggi geopolitici.

Per chi ha un po’ di dimestichezza con le attività di intelligence, il polverone sollevato attorno a quello che è genericamente chiamato “spionaggio” appare una costruzione creata ad arte, un diversivo che agita il solito anti americanismo d’antan. Come scrive Ansalone su Formiche.net “evitiamo gli isterismi”. Cerchiamo di capire perché.

Su quale pianeta vivono i nostri ingenui politici “spiati”? Hanno mai sentito parlare di guerra informatica e di cyber war? Van Rumpuy, il belga presidente dell’UE, ha addirittura scambiato la questione con quella della ‘data protection’, come fosse una questione di privacy! Barroso, il portoghese presidente della Commissione, paragona la situazione a quella totalitaria della DDR (Boom! Perché allora non ha offerto asilo politico a Snowden?). È un po’ patetica la cancelliera Merkel che adesso s’infuria ma non ha trovato nulla da dire quando le sue agenzie di sicurezza hanno comprato, facendo anche uso di corruzione, dati informatici bancari da funzionari di aziende straniere. Il fine giustifica i mezzi, si dev’esser detta! Quanto alle lacrime di coccodrillo per lesa sovranità, si chiede alle varie figure apicali dei nostri Stati di fare un piccolo sforzo di memoria.

È noto che dal 2001 gli USA hanno lanciato una serie di programmi di monitoraggio elettronico delle comunicazioni globali. Programmi annunciati pubblicamente e con una discreta risonanza sulla stampa mondiale. Ricordate Echelon, “l’orecchio di Internet” la cui principale centrale d’ascolto è vicino Londra? Da allora molte altre strutture, più o meno note, sono state impiantante sui territori dei paesi alleati dell’America (e in collaborazione con essi). Da ultimo, possiamo ricordare la costruzione del MUOS a Niscemi (Sicilia). Nell’insieme si tratta di sistemi radio ad altissima frequenza capaci di creare un cono geografico dove captare virtualmente ogni tipo di comunicazione elettronica che poi viene stoccata in megacomputer per essere analizzata. Su quest’ultima fase le difficoltà non sono poche (secondo molti specialisti, la larga maggioranza dei dati è inutile o indecifrabile). Gli algoritmi e i computer non bastano: ci vuole la conoscenza e l’intelligenza umana per ‘leggere’ i dati. Non a caso, negli anni passati non era infrequente leggere annunci pubblici di reclutamento, per migliaia di posti, da parte delle agenzie statali di sicurezza, dalla Francia al Regno Unito, dall’Australia agli USA. Chi non ha scelto la via degli annunci pubblici, si è comunque attrezzato formando eserciti di analisti di dati.

Tra i primi a rompere il connivente silenzio di collaborazione nella raccolta globale dei dati è stato il fondatore di Wikileaks, Julian Assange, che nel giugno 2012 ha dovuto rifugiarsi presso l’ambasciata dell’Ecuador nel Regno Unito. Dopo di lui, nel giugno 2013, Edward Snowden, consulente della NSA, ha chiesto asilo politico mentre si trovava in Cina (Hong Kong) per poi ricevere, a fine agosto, protezione in Russia. Scontate e ben note le reazioni e le minacce americane che vedevano in questi episodi atti di aggressione all’interesse nazionale. La “guerra dei dati” era confinata all’aggiustamento degli equilibri tra le grandi potenze mondiali: USA, Russia e Cina. È noto, infatti, che la Cina e i BRICS vogliano realizzare un sistema di cavi a fibre ottiche sottomarine che colleghino i 5 paesi più altri 21 in Africa, in modo da non essere più costretti a passare sui circuiti (facilmente spiabili) occidentali. Il ‘BRICS Cable’ oltre alla chiara richiesta di modificare la governance delle istituzioni finanziarie mondiali è stata percepita come una minaccia al sistema centrato sul dollaro (e al super potere USA). Infatti, la reazione americana non ha tardato a farsi sentire.

La prima conseguenza si è prodotta in Brasile, nel settembre 2013. Infatti, mentre si consumava un complesso braccio di ferro tra gli USA e i BRICS su energia e finanza, e sull’integrazione regionale sudamericana, scoppia il caso dello “spionaggio” ai danni del presidente Dilma Rousseff e di vari settori dell’economia brasiliana, tra cui il gigante petrolifero Petrobras. Il Brasile ha ovviamente protestato animatamente, anche annullando il previsto viaggio alla Casa Bianca. Dopo lo sdegno non è però cambiato il corso delle relazioni tra i due paesi.

La seconda conseguenza è attualissima e di particolare rilevanza perché tocca le relazioni interne al blocco occidentale, USA – UE e alleati.

A pochi giorni dal Consiglio europeo di ottobre, si apprende che alte autorità dello Stato e di vari settori economici in Francia e in Germania sono state “spiate” dalla NSA americana. Al di là delle varie dichiarazioni di sdegno e di protesta, vale la pena cercare di capire i motivi del tempismo di queste informazioni così scomode.

Un primo messaggio di ordine generale agli europei è: “il vostro alleato americano vi ascolta, per proteggervi meglio”. In nome della vostra (europea) e della nostra sicurezza si deve ben fare qualche concessione e accettare di essere “protetti”. Non è un caso, infatti, che il messaggio è stato recapitato forte e chiaro a Parigi, che deve rimodulare le sue aspirazioni di potenza: la posizione di Parigi sulla Siria, e poi quella pro israeliana contro l’Iran, disturbano e irritano gli americani. Il secondo messaggio è stato recapitato (questa volta in modo ben visibile) alla Germania che, dal punto di vista americano, irrita e disturba sia nelle relazioni con la Russia sia nella costruzione dell’Unione bancaria europea. Sulle relazioni con la Russia si vuole far capire che la Germania può agire ma in modo subordinato agli interessi globali americani. Sulle questioni UE, la rigida posizione tedesca in materia bancaria e fiscale si scontra con l’interesse della Casa Bianca di realizzare al più presto la TTIP, il mercato unico transatlantico di beni, servizi e investimenti. Quindi, meglio ascoltare bene le parole del governatore Draghi alla cena di capi di governo che si tiene stasera a Bruxelles.

È significativo che il Regno Unito da ascoltato emerge come collaboratore affidabile e ascoltatore (non dimentichiamo, tra le altre, la notizia dell’infiltrazione dei servizi di sicurezza britannici nella Belgacom, che gestisce tutte le comunicazioni dell’UE).

Infine, l’Italia, ascoltata non si è scomposta particolarmente. Per un paese che è sopravvissuto a varie deviazioni degli apparati di sicurezza e alla rete Gladio e Stay Behind, essere ascoltati è quasi normale. La moderata reazione di facciata non va però confusa con l’ignavia. Infatti, l’Italia è per gli USA uno strumento strategico imprescindibile per la gestione del Mediterraneo e della fascia territoriale nordafricana che si estende dall’Egitto all’Algeria. Non a caso, Obama ha suggerito che il governo italiano e quello britannico lavorino insieme.

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