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Datagate: la Germania vuole un nuovo 5+1

Il sussulto di sdegno europeo dopo le rivelazioni (ma poi erano veramente tali?) di Snowden sul monitoraggio ad ampio spettro del traffico di dati europei fa emergere l’evidente divisione tra gli Stati europei e nasconde la vera “ciccia”.

Mentre le autorità UE non trovano altro diversivo che accusare grossolanamente la Russia di aver fornito delle chiavette usb “truccate” ai partecipanti al G20 di San Pietroburgo (hanno dimenticato i parrucchini e i baffi finti?!), la vera questione è che la Merkel sta usando la questione sull’NSA per raggiungere un nuovo obiettivo geopolitico. Com’è già avvenuto per il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, quando la Germania ha sfruttato l’apripista italiano per poi ottenere solo per se stessa la formula 5+1, adesso ci riprova per essere ammessa nel club dell’intelligence noto come i “five eyes” (US; UK; Canada; Nuova Zelanda; Australia). Tra i membri del ‘club’ vige l’accordo mutuo di collaborazione, condivisione e di non spionaggio reciproco. Non a caso la cancelliera chiede lo stesso trattamento per la Germania. Quanto al resto d’Europa…

Dei tre punti richiesti è probabile che la Germania potrà ottenere soddisfazione su quello di non spionaggio reciproco (almeno formalmente), ma sulla collaborazione e la condivisione sarà difficile che i cinque accettino un accordo visto che la Germania aspira a mantenere rapporti privilegiati diretti con Russia, Cina e Iran. Tutto non si può avere, ma è abbastanza per la Merkel per cantare vittoria a livello domestico.

Mentre la Francia avrà poco da chiedere perché è già stata messa fuori gioco nell’ultima fase di Sarkozy (scandali sui finanziamenti politici; affaire Betancourt in Colombia; eliminazione politica di DSK; affaire Merah a Tolosa; ecc…) tra i grandi paesi europei dotati di ‘intelligence’ resta l’Italia. Come ha notato il Prof. Silvestri sull’Unità, “non è detto che la prudenza italiana paghi”. Si rischia infatti di essere relegati tra i paesi di serie B. Intanto, come ha scritto Claudio Gatti sul Sole 24 Ore, l’Italia ha ‘concesso’ ai servizi americani e britannici accesso diretto al nodo delle telecomunicazioni di Palermo che controlla il 100% del traffico dati da e per il Medio Oriente. La decisione risale ai tempi del governo di centro sinistra di Prodi e di D’Alema. Mentre il primo non sembra aver autorizzato alcunché, D’Alema e il suo consigliere per gli affari internazionali (attuale vice ministro agli AAEE) dovrebbero saperne qualcosa. D’Alema ha dichiarato: «Devo essere molto cauto nel rispondere perché tutta questa materia dei rapporti con servizi stranieri è coperta da segreto di Stato, come ha confermato anche la sentenza della Corte Costituzionale sul caso Abu Omar. Detto ciò, posso invece dichiarare che nessun governo italiano, tantomeno quello da me presieduto, ha mai autorizzato gli americani a effettuare intercettazioni di cittadini italiani». La domanda sorge spontanea: cosa ci guadagna l’Italia da tanta collaborazione?

Infine, il Datagate ha aperto anche la questione dati personali e privacy. Su questo è più credibile, anzi è auspicabile, che una regolamentazione che tuteli i semplici cittadini sia al più presto adottata a livello europeo. Però la posta in gioco è molto più grande della semplice tutela dei diritti dei cittadini che, chiaramente, non possono godere della protezione del contro spionaggio che dovrebbe intervenire (se capace e leale) per le personalità rappresentative e apicali.

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