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Il Ferrero Rocher: quante cose ci dice uno spot

Lorenzo è un Maestro Chef. Vive in campagna, chissà forse siamo nelle Langhe, in una cascina, evidentemente ristrutturata, dove svolge anche la sua attività professionale, quella di ristoratore. Un ristoratore di classe, fine ed elegante che crea e accosta, che ama circondarsi di belle cose. Quella stessa bellezza, fatta di cura dei particolari e dell’attenzione ai dettagli, che gli piace offrire ai suoi ospiti. Ma, sono tavolate con un numero limitato di palati, s’intende. Non dozzinali, ovvio. Ospiti che sono dovutamente allenati al bello, capaci di discernere tra sapore e sapore, sensibili nel riconoscere la bontà autentica.
Lorenzo affascina lo sguardo e il gusto. E’ lui il testimonial nel recentissimo spot televisivo del Ferrero Rocher.
Spot che ci comunica tanto, molto di più di quello per cui è stato concepito. Il Ferrero Rocher nasce dalla mente geniale di Michele Ferrero, il creatore dei principali brands globali dell’azienda di Alba. Vede la luce nel 1982. Per Michele Ferrero un prodotto ben riuscito è quello che piace subito al primo sguardo e che poi si riconferma a ogni crunch. Ecco. Era così particolare il Ferrero Rocher che non c’erano neanche i macchinari per realizzarlo. Quando si dice: l’idea e l’invenzione. Pensare qualcosa che non esiste al punto che non ci sono neanche le macchine per realizzarlo. Sono passati più di trent’anni.
Non è più il tempo della Signora in giallo. Lei, in una Rolls Royce, che chiede al suo fedele autista, Ambrogio, chi non lo ricorda: “Ambrogio, avrei voglia di qualcosa di buono”. Non è più tempo perché allora, eravamo nel 1992, la Signora in giallo evocava ambienti esclusivi: l’alta finanza, un qualche nobile casato, l’aderenza a un mondo ricco e danaroso, esclusivo, che coniugava possibilità con gusto e raffinatezza. Che era proprio la brand proposition del Ferrero Rocher, volendo parlare difficile.
E non è più, manco tanto, tempo di Richard Gere, (siamo nel 1999), che fu testimonial, anche lui, della pralina che fa crunch. Quel Richard Gere doveva ricordare Edward Lewis, il protagonista di Pretty Woman. Un uomo dell’alta finanza, dunque, che aveva come prerogativa quella di “avere il meglio”. Ricordate? – L’attico – il palco all’Opera – lo champagne per accompagnare le fragole. Richard Gere nello spot, tra gli invitati a una festa esclusivissima, stupisce la sua amata, chissà se l’aveva recuperata in Hollywood Boulevard, svelandole, giustappunto, un Ferrero Rocher. No, non è più il tempo neanche per Richard Gere / Edward Lewis. Non è più tempo perché, qui, dalle nostre parti, oggi, evocare quel mondo non è così popolare, anzi. Il Ferrero Rocher, nelle sue ricercatissime confezioni, deve comunque trovare posto sugli scaffali dei supermercati e sugli espositori di bar e pasticcerie. Luoghi frequentati da chi fatica ad arrivare alla quarta settimana. E che proprio dalla finanza, dai derivati, dagli hedge funds si sente, senza sapere perché, stritolato e vittima.
Meglio Lorenzo, dunque. Un ristoratore, uno di noi, uno bravo, che ci sa fare: creativo e amante del bello. Lorenzo che rappresenta la trasfigurazione di quell’ideale che Carlin Petrini, (ideologo), e Oscar Farinetti, (braccio armato), stanno facendo diventare reale: costruire uno sviluppo economico in questo paese riscoprendo la sua principale risorsa, la terra. Il nostro petrolio, – ama dire Farinetti – è il territorio. I derivati non sono dunque quelli dell’alta finanza ma quelli del latte semmai. La ricetta è quella di coniugare il life style tutto italiano, quel vissuto in una delle sue tante bellissime località, fatto del terroir dei vigneti e degli alpeggi, con i prodotti enogastronomici.
A questo caleidoscopio di valori strizza l’occhio la Ferrero con il suo surrogato di genuinità tutta industriale che rimane uno dei pochi campioni nazionali della manifattura italiana.

Il video: Ferrero Rocher 2013

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