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Euro: opportunità o regime?

Vi è un ulteriore e distinto effetto diretto del reg. 1466/97 che supera per rilievo qualsiasi altro. È la soppressione della “democrazia”. È garantita, al livello massimo, la libertà individuale. A livello normativo sono garantiti anche diritti sociali. La libertà individuale ed il godimento di diritti sociali sono tuttavia presupposti necessari, ma non sufficienti della democrazia. Un regime può qualificarsi come democratico soltanto se gli individui, formanti una unica collettività, possono tutti in condizioni di assoluta parità influire sugli indirizzi politici attinenti all’esercizio della sovranità o comunque di carattere prioritario. Nelle condizioni attuali di sviluppo, sono da considerarsi prioritari gli indirizzi economici di base.

LA POLITICA SOPPRESSA
L’influenza dei cittadini può essere esercitata in modo diretto od indiretto. Nelle grandi collettività, di norma in modo indiretto con il voto. Il voto deve essere espresso in condizioni di parità, nello stesso giorno (eccezioni sono ammesse per categorie che versino in condizioni particolari), con identiche modalità, in luoghi prestabiliti.
Il reg. 1466/97 ha soppresso l’unico spazio di attività politica soggetto alla influenza dei cittadini dei singoli Stati membri, lo spazio delle politiche economiche a mezzo delle quali ciascun paese membro avrebbe potuto e dovuto concorrere al perseguimento dello sviluppo, nell’interesse proprio e della Unione. La competenza politica degli Stati membri, oggetto di un diritto potestativo, non è stata sostituita da altre di eguale carattere politico. In sua vece è stato previsto l’obbligo degli Stati membri di realizzare un risultato specificamente definito (il bilancio in pareggio) di carattere primario ed eguale per tutti, la cui realizzazione si risolve in obblighi e doveri individuali, soggetti a poteri di vigilanza, a controlli e a direttive, ed i cui caratteri ed obiettivi sono prescritti.
Soppresso ogni spazio di decisione politica, è scomparso anche il corrispondente spazio di espansione del principio democratico.

UNA LINEA TRACCIATA
Le direzioni di marcia dell’Unione e degli Stati membri sono segnate. Nel settore che nelle condizioni attuali di sviluppo condiziona tutti gli altri, e che è da considerarsi quindi assolutamente prioritario, quello della economia, i “governi devono fare i compiti” ad essi assegnati. Gli istituti democratici contemplati dagli ordinamenti costituzionali di ciascun Paese non servono più. Nessuna influenza possono esercitare i partiti politici. Scioperi e serrate non producono effetti. Le manifestazioni violente provocano danni ulteriori, non scalfiscono gli indirizzi prestabiliti. Atti dimostrativi come salire su torri e sostarvi al freddo per intere notti, e persino i gesti estremi quali il suicidio per tutelare la dignità personale offesa per il non poter pagare i salari ai propri dipendenti o non poter provvedere ai bisogni della propria famiglia, sono privi di effetto.
Il mormorare, il chiacchiericcio diffuso sono liberi, ma dopo essersi affievoliti, si esauriscono. Sono efficacissimi invece per influire sui sistemi autoritari, fino a determinarne il crollo! (le barzellette!). Nel regime UE + euro sono libertà private, prive di effetti pubblici. Non si può abbattere il proprio governo se un governo, nelle materie economiche fondamentali, non esiste. Parole e gesti cadono nel vuoto.

UNA MACCHINA DESTINATA A IMPLODERE
La eliminazione della fascia della politica provoca un effetto ulteriore. L’assenza di un potere politico di carattere generale e la sua assenza in tutte le parti attinenti alla sovranità ed ai principi fondamentali, comporta che tutte le condotte degli organi e dei loro titolari, formino oggetto di norme, singole o integrate, che ne determinano il carattere, ne precisano l’oggetto, ne determinano il se, il come ed il quando della concretizzazione. Il sistema risulta formato da fattispecie di carattere costrittivo, aventi ad oggetto condotte dalle quali promana il movimento delle singole parti e dell’insieme dell’organismo.
Ne segue che nel momento in cui gli indirizzi ed il movimento complessivo siano stati sottratti ad ogni decisione “politica”, cioè libera, il sistema risulta autoprotetto. Il suo movimento può essere solo quello derivante dall’insieme delle condotte prestabilite. L’organismo si è robotizzato. Il più potente dei calcolatori può effettuare operazioni altrimenti impossibili. Ma perché ciò accada deve essere stato progettato a questo scopo. La macchina UE + Eurozona comprende opzioni. Sono opzioni da esercitarsi entro ambiti, in condizioni e tempi, e con modalità direttamente o indirettamente predeterminate. Se sono stati commessi errori nella progettazione e se la macchina provoca danni, questi si produrranno sino a quando la macchina funzionerà. Funzionerà, continuando a produrre danni, fino a quando non imploda.

INNOVAZIONI NASCOSTE
Ogni effetto, una volta prodottosi, si trasforma in causa di effetti. Gli effetti del reg. 1466/97, dato il loro rilievo e la lunga durata, sono alla base di distinte serie causali produttive di effetti anche autonomi a ciascun livello, che in parte si cumulano e si intrecciano.
Un primo effetto si collega alle modalità usate per pervenire all’adozione del regolamento, tutte dirette ad impedire che venisse percepita la portata delle innovazioni. Il regolamento, in vigore dal 1° luglio 1998 (v. art. 13), era destinato ad applicarsi a partire dal 1.1.1999. I programmi di stabilità avrebbero dovuto essere presentati prima del 1° marzo 1999 (art. 4). Se si voleva ottenere che non se ne diffondesse la conoscenza, il risultato è stato raggiunto al cento per cento. Ancora oggi la esistenza, la natura e gli effetti del regolamento, non sono generalmente conosciuti dai titolari degli uffici, le cui competenze nei singoli Paesi membri vi si connettono. È ipotizzabile che i ministri che parteciparono al Consiglio che adottò la proposta della Commissione recante la data del 18 ottobre 1996 (v. G.U. Comunità C/368/96) e che ne approvarono il testo definitivo il 7 luglio 1997, non si siano resi minimamente conto della portata del voto che esprimevano in rappresentanza dei rispettivi governi.
Prodottosi il fenomeno depressivo a partire dal 1.1.1999, nessuno ha pensato al reg. 1466/97, le cui norme, ed in seguito i principi, sono rimasti in vigore per tutto il quindicennio successivo.

NESSUN RESPONSABILE
Non essendo nota la causa originaria e quelle prodottesi anno dopo anno in conseguenza degli effetti cumulativi, si sono verificati effetti ulteriori che sono sotto gli occhi di tutti. Economisti, tra i quali un buon numero di premi Nobel, di tutte le parti del mondo, ci bombardano con consigli e ricette. Gli esperti dell’Eurozona e quelli europei fanno altrettanto. Ma non conoscendola, e non potendo risalire alla causa, una causa peraltro così singolare e imprevedibile, ci si limita ad indicare risultati che si vogliono ottenere (sono i soliti: aumento della occupazione, sostegno alle imprese, stimolazione della domanda, diminuzione del carico fiscale, rilancio della economia, e simili). Nessuno spiega come e con quali mezzi conseguirli.
Ma responsabili ce ne devono essere. Non potendo risalire alla fonte, vengono indicati sempre gli stessi: la classe politica, gli sprechi, la spesa sanitaria, la inefficienza della pubblica amministrazione, i lacci della burocrazia, l’evasione fiscale, ecc. E poiché è il governo che dovrebbe eliminarli e non li elimina, il responsabile ultimo è sempre il governo. I governi precedenti e poi, né potrebbe essere diversamente, il governo in carica. Il governo, poveretto, fino a quando il Paese non verrà liberato dalla gabbia in cui si è rinchiuso, con reintegrazione dello stesso governo nella sua potestà politica, non può fare nulla.

GLI EFFETTI PRODOTTI
Gli effetti prodotti da quelli antecedenti trasformatisi in cause sono parecchi. Innanzitutto una grande confusione. Si aggiunge la diversità degli effetti prodotti nei vari Stati. La Germania, cui apparteneva la moneta (il marco) alla quale l’euro avrebbe dovuto assimilarsi, essendo stata assunta a modello ai fini della omogeneizzazione, non ha ricevuto quale effetto della stabilità danni emergenti. Ne ha probabilmente subiti di maggiori come lucro cessante, che però sono meno percepibili. Tanto basta perché venga ritenuta responsabile delle misure costrittive cui altri sono stati assoggettati. Ne seguono invidie, risentimenti, persino odi. All’inverso la Germania guarda con aria di superiorità, con sospetto ed anche con disprezzo i Paesi in peggiori condizioni. I Trattati europei esaltano la coesione. Non è stata raggiunta. Probabilmente, se continuerà ad applicarsi l’attuale regime, non lo sarà mai.
Mentre pervenivano sollecitazioni da ogni parte del mondo, gli organi dell’Unione non potevano restare inerti. La crescita, quale risultato della parità del bilancio imposto con norme di applicazione generale, costituiva l’effetto di un assioma. Così è stato in medicina fino a tutto il ‘700. Non disponendo di strumenti per risalire alle cause, se si avvertivano sintomi gravi di cui non si conoscessero le cause, si ordinava il salasso. Se la prima applicazione non recava sollievo, se ne accrescevano le dosi. E così una terza ed una quarta volta. Lo stesso è accaduto per l’Europa. Poiché l’atteso sviluppo non si produceva, si deduceva che il principio della stabilità non era stato applicato con il necessario rigore. Sulla scia del primo regolamento ne è stato emanato quindi un secondo (reg. 1055/2005), poi un terzo (reg. 1175/2011), infine il Fiscal Compact. Fino a prevedere, per essere più sicuri nella applicazione delle ricette, che modifiche strutturali venissero prescritte ed imposte da organismi esterni. Un “commissariamento”!

UN MECCANISMO “RASSICURANTE”
Nei quindici anni trascorsi dal 1.1.1999, sono stati ratificati e sono entrati in vigore nuovi Trattati, Nizza, Amsterdam, Lisbona. I Trattati sono pieni di affermazioni enfatiche. Sono stati creati nuovi organi. Si poteva abbondare. La disciplina continuava ad essere di fatto quella del reg. 1466/97 integrata dalle modifiche successive. Dove possibile, si è cercato di rafforzarla con parole accuratamente collocate, ma sempre evitando di dare nell’occhio. In quindici anni si sono accumulati centinaia di atti, di livello normativo o applicativo, ai quali ha partecipato un considerevole numero di titolari di funzioni connesse ai problemi europei, sia nell’Unione che nei Paesi di appartenenza. Molti politici ed amministratori hanno fatto carriera. Sono stati titolari o lo sono tuttora di uffici ai quali si connettevano responsabilità massime a livello europeo o negli ordinamenti costituzionali interni. La loro presenza in ruoli connessi all’Unione e/o all’euro è rassicurante. Genera speranza e fiducia. Un ulteriore ostacolo a che si comprenda come stanno effettivamente le cose!

UN VUOTO DI POTERE
Ultimo ma non minore effetto derivato da questi intrecci è un “vuoto di potere”. Il vuoto viene colmato da istituzioni e da titolari che, a livello europeo e nazionale, siano posizionati in condizioni che consentano loro di avvalersene. Abbiamo così titolari di organi comunitari che impartiscono lezioni non richieste a governanti degli Stati membri. Lo stesso fanno, con autorità persino maggiore, titolari di organi di altri Paesi. In ciascun Paese organi, specie del livello più elevato, si espandono in aree contigue, a volte sinanche inferiori.
La confusione è grande, grande il rumore. Ma la macchina robotizzata dell’Europa e dell’euro continua a macinare flussi di risultati negativi, e tranquilla e indifferente, prosegue indisturbata ed inesorabile nella direzione che le è stata imposta.

NUOVO GOVERNO O… NUOVO “REGIME”?
Una osservazione conclusiva su quanto è accaduto il 1.1.1999. La dottrina distingue tra due ipotesi. La instaurazione di fatto di un nuovo governo (ossia del detentore dei poteri pubblici di vertice) e l’instaurazione di fatto di un nuovo regime.
La “democrazia” è (deve essere) il principio fondamentale del regime degli Stati aderenti all’Unione europea. La democrazia è stata soppressa nel 1999 nell’Eurozona e negli Stati senza deroga. In ciascuno degli Stati membri senza deroga, viene cancellato il diritto-potere di ciascuno di essi di influire sulla crescita con le proprie politiche economiche, i loro cittadini non hanno alcuna possibilità di influire sugli obblighi cui il proprio Paese, quindi essi stessi vengono assoggettati. Nell’eurozona perché non vi sono stati previsti organi politici responsabili nei confronti della totalità dei cittadini delle collettività che ne fanno parte assunti come entità unitaria. Ciò che è accaduto deve qualificarsi come “instaurazione di fatto di un nuovo regime”. Era accaduto in Francia con la “rivoluzione francese”, in Russia, nel 1917, con la rivoluzione bolscevica. Con queste differenze, che la rivoluzione francese, affermando i principi della libertà degli individui e delle imprese, sprigionò enormi energie esistenti. Quella collettivista creò vincoli che sarebbero risultati più stringenti di quelli anteriori, dei quali ci si voleva liberare. La rivoluzione francese e quella russa imposero, con la introduzione di nuovi regimi, anche la introduzione di vertici di un nuovo tipo. La rivoluzione, operata dal “falso euro”, concretizzatasi nel principio della stabilità, ha creato un regime autoreferenziale. In quello sovietico l’autoreferenzialità abbracciava larga parte della organizzazione. Ma il vertice ne era escluso. Con l’ulteriore differenza, che in quello sovietico si proclamava la conquista del potere da parte del proletariato. In quello della stabilità, manca un vertice politico e, accantonato l’obiettivo della crescita, domina, quale “dio” insondabile ed assoluto, un principio astratto che genera un movimento che inesorabilmente produce depressione e forse, alla fine, implosione.

VERSO L’INSTABILITÀ
Altra considerazione. Va valutata attentamente. Potrebbe sconsigliare l’applicazione tardiva della disciplina della moneta del TUE ed oggi del TFUE (Lisbona). Con l’esperienza del “poi” si può oggi affermare che la richiesta che la nuova moneta somigliasse al marco era a sua volta inficiata da un “errore”. Si era tenuto conto della stabilità interna, non di quella esterna. La collettività tedesca era fortemente coesa. Non può trascurarsi che vi vigeva da quasi un secolo un sistema di Stato sociale, il più solido ed avanzato nel mondo. Intese collaborative tra imprenditori e classe operaia esistevano tanto a livello di organismi centrali quanto in forme istituzionalizzate, all’interno delle imprese. Non si tenne conto dell’ambiente esterno. Era stato fino a quel tempo a sua volta stabile. La stabilità esterna persisteva da oltre cinquanta anni. Appariva naturale e destinata a durare. Costituiva invece il prodotto di una situazione storica peculiare, la divisione del mondo in due grandi blocchi contrapposti, quello del mondo libero, che si avvaleva del regime di mercato, e quello collettivista che raggruppava i Paesi la cui organizzazione si ispirava, in varia misura, al modello amministrativizzato dell’URSS. Anche le regolazioni tra gli Stati, nel blocco collettivista, erano in qualche misura rigide. Era la stabilità esterna a garantire la stabilità interna, obiettivo e nello stesso tempo condizione per il successo della moneta e dell’economia tedesca.
La stabilità esterna, proprio negli anni in cui vennero stipulati i due Trattati, dell’AUE e del TUE, cominciava a vacillare. Nel 1999 sarebbe mancata del tutto. Oggi le condizioni del mondo esterno sono l’opposto della stabilità.

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