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Ecco perché la Russia deve andare a lezione di soft power

La decisione di concentrarsi su Mosca duran­te il primo mandato di Obama, e l’aumento della cooperazione bilaterale che ne è deriva­to, non hanno mutato fondamentalmente la natura contrattuale delle relazioni Usa-Russia basate sui connotati classici della sicurezza e dell’hard power.

LA RILUTTANZA RUSSA
Insomma, sia Mosca sia Wa­shington sottolineano di essere a favore di una maggiore cooperazione, ma la Russia non è pronta a rinunciare alla propria autonomia strategica per diventare parte di un più gran­de “occidente” a guida americana – un punto sottolineato più volte da Vladimir Putin, in particolare nel suo discorso alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco del 2007. Washington non ha molti mezzi per pro­muovere una partnership più durevole, stante l’ostinazione russa a preservare la propria indipendenza strategica (è questa una dif­ficoltà costante per la diplomazia Usa, basti pensare al caso della Francia di De Gaulle).

UNA STRETTA COLLABORAZIONE
Il problema in questo tipo di relazioni è che è soggetto a costante rivalutazione, e nessuno dei due si sente obbligato da impegni a lun­go termine: la contrapposizione sulla Siria ha portato allo stallo dei negoziati sulla coope­razione missilistica, mentre con l’uscita delle forze Usa dall’Afghanistan, oggi la Russia è per Washington un partner meno indispensa­bile nell’area di quanto lo fosse nel 2009. Può essere che Obama sia ben disposto personal­mente verso la Russia (magari non verso lo “studente annoiato” Putin), ma sembra anche che abbia calcolato che da lì non riceverà lo stesso appoggio agli interessi americani che ottenne nel primo mandato, e per questo essa ha perso la sua priorità. Ma nonostante tutte le frizioni recenti, resta il fatto che la Russia è piuttosto importante per gli Stati Uniti: è non solo l’unico Stato al mondo in grado di distruggere fisicamente gli Usa, ma è anche una grande potenza regionale eurasiatica e un importante player in vari teatri, dal Medio Oriente all’Europa, e sempre, di più, nell’Asia-Pacifico.

IL NODO UMANITARIO
Come gli Stati Uniti e a differenza di molte altre potenze (a partire, almeno finora, dalla Cina), la Russia è in grado di proietta­re la sua forza al di là dei propri confini, e al tempo stesso propensa a utilizzare lo stru­mento militare per difendere i propri interes­si. Queste aspirazioni da grande potenza sono spesso state fonte di tensione con gli Usa, ma indicano anche il motivo per cui Washington non può semplicemente ignorare Mosca. E tuttavia, se quest’ultima resterà una grande potenza solo militare, continuerà a manca­re degli strumenti che Paesi come gli Stati Uniti utilizzano per promuovere all’estero i loro interessi. La sua economia, dipenden­te dall’energia, manca del dinamismo che ne potrebbe fare un importante partner ne­gli scambi e negli investimenti mondiali. E sebbene occasionalmente abbia utilizzato la sua capacità di proiezione strategica a scopi umanitari (come dopo il terremoto di Haiti del 2010, quando trasporti aerei furono messi a disposizione per evacuare le vittime e for­nire aiuti), la Russia è molto indietro rispet­to alle potenze occidentali e al Giappone in termini di capacità di assistenza umanitaria.

POCA COOPERAZIONE
Il suo budget per la cooperazione è attorno ai 500 milioni di dollari annui, circa un ses­santesimo di quello statunitense. E più della metà delle relative risorse sono indirizzate ai Paesi ex-sovietici, il che rafforza lo status di Mosca come attore regionale più che glo­bale. Inoltre, la Federazione fa abbastanza poco per promuovere i beni pubblici globali. Nonostante si tratti di una delle maggiori sor­genti di emissioni di gas serra, la sua voce si è notata per l’assenza durante i negoziati sul cambiamento climatico (anche se gli Usa non si sono comportati certo meglio). Nonostante alcuni sforzi per migliorare le proprie capaci­tà non-militari, la Russia rimane una poten­za sostanzialmente “a una sola dimensione”. Questa unidimensionalità limita la possibilità che la relazione con gli Usa vada oltre la sua attuale natura contrattuale. La Russia rimane un partner necessario per gli Stati Uniti, ma solo per risolvere un numero limitato di sfi­de di sicurezza tradizionale legate all’ambito dell’hard power.

PROMUOVERE MAGGIORI LEGAMI
Quando gli scopi dei due Paesi convergono, come è accaduto spesso durante il primo mandato di Obama, possono lavorare bene insieme. Ma poiché sui temi della sicu­rezza le divergenze sono tante quante le con­vergenze, essi non costituiscono una buona piattaforma per costruire una relazione più costruttiva. Al tempo stesso Washington ha pochi incentivi a rivolgersi a Mosca per cerca­re di risolvere le questioni globali e transna­zionali che, a differenza di quelle militari tradizionali, tendono a essere “a somma po­sitiva”, dove la cooperazione può crescere nel tempo anche se i rapporti tra i vertici politici sono fermi. Rapporti economici poco proficui e il fatto che la Russia sia ancora un fornitore di global common goods meno efficace di quanto potrebbe essere, sono le ragioni per cui, dal punto di vista di Washington, Mosca solo sporadicamente è il partner di riferimento. Se una cooperazione militare più stretta non è in vista nel futuro prossimo, un modo per costruire una partnership più duratura potrebbe essere non solo quello di promuovere legami economici più forti (cui guardano con favore entrambi i governi), ma anche, per la Russia, diventare più capace di affrontare le questio­ni globali e transnazionali che stanno di fron­te al pianeta nel XXI secolo.

I TENTENNAMENTI DI MOSCA
Sviluppare una maggiore capacità di affrontare temi come il cambiamento climatico, la libertà dei mari, la salute globale e altre questioni collegate non solo renderebbe la Russia un partner più apprezzato dagli Usa, ma darebbe anche forza all’ambizione russa a un ruolo più rilevante sulla scena internazionale. Come sempre, la sfida principale per Mosca è in casa, dove il governo cerca di avere una voce più forte in politica estera, ma è riluttante ad assumersi i rischi relativi. Fintanto che i rapporti tra i due Paesi resteranno basati su una cooperazione militare ad hoc, sarà soprattutto Washington a sentirsi libera di rompere quando la posta si alza.

Tratto dal numero di Formiche di ottobre 2013 (n. 85)

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