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Isole contese, ecco come Washington vuol mettere ordine tra Cina e Giappone

Il dubbio è se, nel monitorare il volo di due B-52 nella propria zona di identificazione aerea, la Cina non sia sembrata una “tigre di carta”. Chico Harlan, corrispondente del Washington Post da Seul, scrive su Twitter che questa è stata la domanda dei giornalisti cinesi al portavoce del ministero degli Esteri.

LE ISOLE CONTESE
Ieri due bombardieri Usa disarmati di ritorno nella base a Guam, nel Pacifico, hanno sorvolato la Air Defense Identification Zone (Adiz), le cui coordinate sono state annunciate nel fine settimana e la cui istituzione è considerata una provocazione dagli Usa. L’area nel Mar cinese orientale include tratti contesi con la Corea del Sud e con il Giappone. Si tratta delle isole Ieo che Seul ha annunciato di volere includere in una propria zona di difesa, e soprattutto del tratto di mare conteso con Tokyo in cui si trovano le Diaoyu, come sono chiamate dai cinesi le isole che per i giapponesi sono le Senkaku, di fatto nazionalizzate un anno fa dal governo nipponico che le acquistò dai proprietari privati. Si tratta di isolotti disabitati, ma i cui fondali sono ricchi di risorse naturali e posizionati strategicamente per il controllo delle rotte.

LA ZONA DI IDENTIFICAZIONE
L’Adiz si sovrappone così all’analoga zona di identificazione aerea istituita da Tokyo. A differenza di quella analoga statunitense, la zona cinese prevede che a identificarsi siano tutti i velivoli che sorvolano l’area, non soltanto quelli che fanno rotta verso la Cina.

I B-52 hanno messo in pratica quanto dichiarato il 23 novembre dal segretario alla Difesa americano, Chuck Hagel, in risposta all’annuncio cinese. Washington considera l’istituzione dell’Adiz un “atto unilaterale che fa aumentare il rischio di incomprensioni e calcoli sbagliati”. Gli aerei hanno sorvolato la zona contesa senza fornire i piani di volo e senza mantenere le comunicazioni con i comandi cinesi a terra, come previsto dalle regole fissate da Pechino.

LE CONTROMISURE CINESI
Dal canto loro i cinesi non hanno fatto scattare le “misure difensive d’emergenza” previste in caso di violazione della zona, limitandosi a dire di aver costantemente monitorato il volo dei due bombardieri, identificando i velivoli in modo corretto e, come ha spiegato il portavoce del ministero della Difesa, dimostrando di essere capaci di mantenere il controllo sul proprio spazio aereo.

Per gli Usa, che hanno parlato di una missione programmata già da prima dell’istituzione della zona di controllo, si tratta invece di spazio aereo internazionale, in cui i propri aerei possono volare come in passato, senza sottoporre alla Cina i piani di volo. Su richiesta del governo nipponico anche la Japan Airlines e la Ana hanno smesso di fornire le informazioni e i dati richiesti dalle autorità cinesi, al momento senza incorrere in problemi. Ma va ricordato che la zona di identificazione non è una zona di interdizione al volo.

UN NODO DA SCIOGLIERE
Le acque contese nel Mar cinese orientale e in quello meridionale stanno diventando uno dei punti caldi dello scacchiere globale, anche per il riposizionamento statunitense nella regione dell’Asia e del Pacifico in quello che Pechino ritiene una forma di contenimento della propria influenza. È il cosiddetto pivot asiatico dell’amministrazione statunitense, che prevede di schierare nell’area risorse e forze militari.

LA POSIZIONE AMERICANA
Sebbene gli Stati Uniti non abbiano ancora preso una posizione formale nelle dispute sulle isole, riconoscono l’amministrazione giapponese sulle stesse. Analisti citati da Bloomberg considerano il volo dei B-52 uno stratagemma per dissuadere l’esecutivo nipponico di Shinzo Abe da azioni che avrebbero potuto esasperare la situazione. L’amministrazione liberal-democratica tornata al governo lo scorso dicembre si è dimostrata più assertiva nelle rivendicazioni territoriali. In questo contesto va letta anche la decisione di aggiornare l’alleanza con Washington alla luce delle “sfide del XXI secolo”, nel dettaglio la minaccia nordcoreana e i rapporti tesi con Pechino.
E intanto la prossima settimana il vicepresidente statunitense, Joe Biden, sarà in Asia orientale, in Giappone, con tappe in Cina e in Corea del Sud. Ad aprile è invece atteso il presidente Obama, che lo scorso ottobre dovette annullare il viaggio in Asia per il blocco parziale delle attività dell’amministrazione, conseguenza del mancato accordo sul debito al Congresso, arrivato soltanto all’ultimo.

LA PRIMA PORTAEREI
Di martedì è anche la notizia della partenza della Liaoning, prima portaerei cinese, verso il Mar cinese meridionale. Un’esercitazione in calendario da tempo, ha spiegato Fan Liqing dell’ufficio per le relazioni con Taiwan, in risposta ai timori di Taipei.

MAGGIORE COLLABORAZIONE
Come ricorda il britannico Guardian, l’espansione della forza militare cinese preoccupa il Pentagono, nonostante quest’anno ci siano stati ripetuti contatti tra i militari delle due potenze che cercano di collaborare. Con l’obiettivo di rapporti più stretti, il prossimo anno la Cina parteciperà per la prima volta al Rim of the Pacific, l’esercitazione biennale condotta dagli Usa, la più grande nel suo genere.

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