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Ecco perché i mercati emergenti continueranno a crescere

La reazione dei mercati emergenti alla prospettiva della riduzione dello stimolo monetario ci ha ricordato la crisi finanziaria asiatica del 1997. Mentre i mercati emergenti risentono ancora dell’andamento dei flussi di capitale (obbligazioni e azioni dei mercati emergenti hanno registrato un deflusso netto di circa 46 miliardi di Dollari americani dal mese di maggio), possiamo individuare interessanti opportunità di acquisto. Sulla base dei fondamentali, la previsione di una nuova e diffusa crisi dei mercati emergenti ci sembra eccessiva.

UN PASSO INDIETRO

Quando scoppiò la crisi finanziaria in Asia nel 1997 le economie coinvolte presentavano un deficit delle partite correnti tra l’1,5 e il 5,9% del Pil per Corea del Sud, Indonesia, Tailandia, Filippine e Malesia. Tra questi paesi, solo l’Indonesia continua a presentare un deficit delle partite correnti. Oggi i mercati emergenti sono in condizioni migliori, in grado di contrastare i fattori esterni, poiché sono molto meno esposti al debito denominato in Dollari americani e in altre valute forti rispetto agli anni ‘90, hanno riserve in valuta estera più abbondanti, un rapporto tra debito estero e Pil più contenuto rispetto alle economie sviluppate e di conseguenza un indebitamento a breve termine molto più basso in percentuale delle riserve in valuta.

DISTINZIONI NECESSARIE

Eppure, se da una parte lo scenario generale appare più favorevole rispetto a 15 anni fa, dall’altra occorre operare una distinzione tra le diverse economie emergenti, in particolare sul fronte delle partite correnti. Paesi come l’India, l’Indonesia e la Turchia hanno un deficit delle partite correnti rispettivamente del 5,1%, 2,8% e 6,1% rispetto al Pil, e ciascuno di questi paesi deve affrontare diversi problemi strutturali. Il Brasile invece presenta un deficit più contenuto del 3,6% e deve affrontare un insieme di sfide tra cui la mancanza di competitività, la necessità di riforme fiscali e il fatto che il paese conta eccessivamente sui consumi alimentati dal credito. In tutti e quattro questi paesi si terranno le elezioni politiche nel 2014, e questo non sembra incoraggiare l’applicazione delle riforme necessarie.

CHI STA MEGLIO

Al contrario, la situazione sembra migliore in Polonia e Cina. La Polonia presenta un rapporto tra il deficit delle partite correnti e il Pil in linea con quello del Brasile, ma pare si sta muovendo nella giusta direzione. Inoltre, la Polonia gode di una relativa stabilità politica e di flessibilità economica, nonché di una buona posizione in Europa centrale e orientale e potrà beneficiare della ripresa dell’Eurozona. L’avanzo delle partite correnti in Cina è in calo e il livello del debito privato preoccupa, tuttavia l’economia del paese continua a registrare una crescita del Pil reale del 7% circa, e nel corso degli ultimi mesi sono state allontanate le preoccupazioni inflazionistiche con una costante rivalutazione del Renminbi in termini reali e nominali.

LA RIPRESA DOPO LA CRISI ESTIVA

Sono i punti di forza e di debolezza delle economie più che i differenziali dei tassi di interesse di questi paesi ad aver condizionato l’andamento delle valute dal mese di maggio: India, Indonesia, Turchia e Brasile ne hanno risentito negativamente, mentre Polonia e Cina hanno reagito meglio. Dopo il crollo dei mercati obbligazionari emergenti durante l’estate, Brasile, India, Indonesia e Turchia registrano una buona ripresa dei rendimenti rispetto ai titoli del Tesoro americano. Questo fattore potrebbe essere interessante per gli investitori di breve periodo poiché offre un cuscinetto contro la svalutazione valutaria, mentre alcuni potrebbero anche contare su un prolungamento del Quantitative Easing. Tuttavia, i fondamentali torneranno a guidare le dinamiche di mercato quando ci sarà qualche certezza in più sulle tempistiche del tapering.
Oltre ad analizzare le diverse economie emergenti, dobbiamo distinguere anche tra le diverse asset class. Date delle prospettive positive per una determinata economia emergente, le obbligazioni in valuta locale offrono una soluzione interessante per sfruttare il miglioramento del rating di credito – e la riduzione degli spread – poiché traggono vantaggio dalle dinamiche demografiche relativamente favorevoli e offrono un’alternativa interessante rispetto al debito dei mercati sviluppati che presentano problematiche strutturali.

QUALCHE PREVISIONE

Per gli investitori con un orizzonte temporale di lungo periodo, prevediamo che l’apprezzamento delle valute in termini reali proseguirà in molti mercati emergenti, trainando al rialzo anche i valori nominali di queste valute nel corso del tempo. La situazione per i mercati azionari emergenti invece è meno rosea. L’esperienza della crisi asiatica dimostra che mentre chi aveva investito prima della crisi e ha resistito ne ha tratto vantaggio, i mercati azionari emergenti non risultano particolarmente convenienti anche se scambiano su livelli di Price on Earnings minimi dal 2007. A differenza del mercato obbligazionario, è possibile partecipare alla crescita dei mercati azionari emergenti tramite titoli di società quotate nei mercati sviluppati che presentano multipli simili o più convenienti. I titoli a più bassa capitalizzazione sembrano preferibili rispetto alle large cap.

Un eventuale tapering potrebbe dare il via ad una nuova ondata di vendite nei mercati emergenti. Potremmo inoltre assistere a delle speculazioni sulle tempistiche del tapering. La debolezza dei mercati potrebbe rappresentare un’opportunità di acquisto di obbligazioni dei mercati emergenti e azioni a più bassa capitalizzazione, sebbene in valuta locale e per gli investitori a lungo termine.

Andreas Utermann
Global Chief Investment di Allianz Global Investors

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