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Vi racconto quello che nessuno dice sulla Tymoshenko

Chi è veramente Julia Tymoshenko? Quali sono le reali motivazioni che l’hanno condotta in carcere? Che ruolo hanno giocato il business del gas e gli intrecci legati alla geopolitica? Qualche risposta la si trova nel libro inchiesta di Ulderico Rinaldini “Julija Tymošenko – La conquista dell’Ucraina”(Sandro Teti Editore), con l’introduzione di Alessandro Politi, corredato da alcune interviste realizzate a Kiev nell’estate del 2013 dall’editore.

Teti ha un passato professionale in loco, avendo lavorato a lungo in gioventù in Unione Sovietica, nella redazione italiana dell’agenzia di stampa Novosti. Formiche.net lo ha incontrato.

Perché questo è un libro-inchiesta che va oltre il cliché di Julia Tymoshenko vittima e basta?
Lo è soprattutto per quanto attiene al nostro Paese, dove c’è stata un’informazione del tutto superficiale. Julia Tymoshenko è diventata attuale in Italia nel 2004 durante il periodo della cosiddetta “rivoluzione arancione”. In quell’inverno tutte le sere in diretta televisiva i principali tg italiani le davano spazio, disponendo anche di un’immagine caratterizzata dalla tradizionale acconciatura tipica della contadina ucraina dell’ottocento. Un personaggio fotogenico che è rimasto bene impresso negli occhi degli italiani.

Quante Julia hai individuato nella sua parabola imprenditoriale e politica?
Una volta divenuta primo ministro da subito ha scontato la crisi di alleanza con il presidente Juscenko. Quando ha dovuto fronteggiare problemi di natura giudiziaria, si è parlato di lei come una perseguitata politica, come una dissidente. Non solo i cittadini che non si occupano di relazioni internazionali, ma anche molti giornalisti da me interpellati, non sapevano esattamente perché fosse stata arrestata, come si sono formate le sue immense ricchezze. Per cui in Italia c’è stato un approccio molto superficiale, mutuato soprattutto dai media anglosassoni e sporadicamente seguito sul campo dagli italiani.

Il testo va alle origini della sua carriera politica: una chiave investigativa non “embedded”?
Donna di successo e di carriera, i cui destini sono intrecciati: un approccio non ostile, ma diverso e il più possibile obiettivo rispetto a quelli utilizzati fino ad oggi.

Come si sviluppa nel tempo il rapporto tra Julia e Juščenko?
Si conoscono da moltissimi anni, fin da quando lei divenne deputato. In seguito il sodalizio si è creato alla vigilia delle elezioni, quando Kuchma, il presidente che ha guidato per lunghi anni l’Ucraina, ha passato la mano. Loro, mettendosi alla testa della cosiddetta rivoluzione arancione, hanno tentato di vincere su Janukovich. Quest’ultimo era giunto primo con un margine molto risicato, ma poi si è verificato una sorta di colpo di Stato. In una drammatica notte vennero occupati tutti i palazzi del potere: durante la conferenza stampa la Tymoshenko ammise che c’era stata una larghissima vittoria da parte di Juscenko e non di Janukovich. Su pressione della piazza venne indetto il terzo turno di elezioni, con annullamento delle precedenti: e vinse Julia. Ma il sodalizio più antico lo ha avuto con Pavel Lazarienko.

Un rapporto fondato anche sugli affari oltre che sulla politica?
Lazarienko è stato il primo ministro dell’Ucraina tramite cui Julia ha potuto far decollare a livelli stratosferici il proprio business del gas. Si sono alleati nel costringere a cedere, una ad una, le ultime tre imprese che trattavano il gas importato dalla Russia, e in un caso dal Turkmenistan: gestendolo in seguito in modo esclusivo e giungendo ad accumulare una fortuna di 11 miliardi di dollari.

In che misura Julia ha dovuto plasmarsi per riuscire ad accreditarsi in una società altamente maschilista come quella ucraina?
Come sappiamo, per una donna in Italia raggiungere massimi vertici nel business o nella politica è possibile ma difficile, in quanto parte svantaggiata. In Ucraina quella difficoltà va moltiplicata per dieci soprattutto in quell’area che ultimamente si è leggermente addolcita: l’Ucraina orientale, quella che è disseminata di miniere e fabbriche legate al settore metallurgico.
Come è riuscita ad imporsi nonostante un’immagine e una figura di donna esile?
È riuscita a farsi valere fin da subito, mettendo in risalto un carattere volitivo e coraggioso. La sua grande scaltrezza ha fatto il resto.

Come nasce il suo business?
Aprendo quelli che, durante il periodo sovietico, si chiamavano video saloni, ovvero sale di proiezioni con mastodontici apparecchi collegati a videoregistratori giapponesi che mandavano videocassette con immagini di bassa qualità. Ma creando una notevole affluenza per film che, fino a quel momento, in Unione Sovietica erano censurati. Lì ha costituito un buon capitale iniziale, prima di scoprire il vero business del secolo: il gas.

Un elemento decisivo nella sua parabola imprenditoriale e politica?
Quasi per caso conobbe Lazarienko, ai tempi già un politico importante, mettendosi in società con lui, oltre che divenirne amante. Il vero motore economico del Paese, l’Ucraina orientale, disponeva di grandi conglomerati industriali: i cosiddetti combinat, che avevano ancora alle proprie dipendenze alcune decine di migliaia di persone ciascuno. Erano “superenergivori”, in quanto per produrre acciaio consumavano molta energia, per cui necessitavano di parecchio gas.

Come si spiegano guadagni così ingenti?
La società di intermediazione posseduta dalla Tymoshenko aveva i contratti con società russe da cui acquistava il gas e lo rivendeva a quattro volte il prezzo originale alle suddette imprese. Queste a loro volta, non essendo in grado di pagare in denaro, ricambiavano col baratto di prodotti metallurgici. Ma i migliori, quelli per i quali vi era una forte richiesta all’estero che Julia vendeva ricevendo valuta estera che non ha mai visto la terra ucraina, perché finiva in società off shore.

Nessun combinat si è mai ribellato?
Sì. Ma in quel caso giungeva una telefonata da parte del primo ministro che senza mezzi termini “caldeggiava” l’acquisto del gas da quella data società. Contrariamente il presidente del combinat in questione sarebbe stato allontanato.

Tymoshenko: corpo estraneo o parte integrante di un sistema politico di cui l’Europa si disinteressa (o fa finta di farlo)?
Penso che Julia sia una rappresentante di quel mondo, l’Ucraina post sovietica degli anni novanta, con un destino comune rispetto a molti altri oligarchi del Kazakistan o della Russia. Non mi sento di dire che dall’altra parte della politica ucraina ci siano dei santi, ma potentati che si sono arricchiti con la privatizzazione criminale delle risorse. A consolazione, ci sono i 30enni ucraini, che hanno viaggiato studiando all’estero, con una mentalità nuova. Sarebbe molto negativo per quel Paese se Tymoshenko tornasse al potere, per cui mi auguro che l’attuale classe dirigente passi la mano e consenta a queste forze nuove di emergere. Quanto all’Europa continua ad ignorare certe dinamiche, sbagliando clamorosamente.
twitter@FDepalo

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