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Così Bruxelles e Francoforte devono costruire l’Unione bancaria. Le proposte di Bruegel

Accelera il processo europeo verso la creazione dell’Unione bancaria: mentre si registrano i primi progressi in materia di regolamentazione per le grandi banche sotto la supervisione della Banca centrale europea, le istituzioni sono alla ricerca di un quadro normativo per risolvere le crisi finanziarie. Christopher Gandrud e Mark Hallerberg, ricercatori del think tank europeo Bruegel, hanno analizzato le proposte della Commissione europea in materia, valutando il peso delle autorità nazionali e sovranazionali nelle decisioni da assumere nel salvataggio delle banche. La scelta definitiva dovrà pervenire entro il 2014, e la nuova normativa entrerà in vigore a partire dal primo gennaio 2015.

LA RESPONSABILITÀ DEGLI STATI MEMBRI
La Commissione europea ha messo a punto a giugno 2012 una proposta di direttiva – Bank resolution and recovery Directive – che, una volta adottata, fornirà le regole per la ristrutturazione delle banche in difficoltà, per il salvataggio delle loro funzioni essenziali e per disciplinare perdite e costi di azionisti e creditori. L’approccio scelto è a guida degli Stati membri, che attraverso le proprie autorità di controllo decidono della bontà dei piani di risanamento delle banche, hanno poteri di intervento precoce e predispongono e attuano piani di risoluzione della crisi (vendita dell’istituto, separazione delle attività con un ente-ponte e salvataggio interno).

L’INTERVENTISMO DELL’UE
A completamento del quadro, a luglio 2013 la Commissione europea ha proposto un regolamento che istituisce il Single Resolution Mechanism (SRM) e il Single Bank Resolution Fund (SBRF), assegnando all’Unione europea un maggior potere di intervento nelle crisi bancarie nazionali. Alla Banca centrale europea, in qualità di organismo di vigilanza, il compito di individuare gli istituti in difficoltà. Un Comitato unico di risoluzione, composto da rappresentanti della Bce, della Commissione europea e delle autorità nazionali del Paese di residenza della banca oggetto dell’azione, dovrà definire il metodo di risoluzione e vigilare sull’attuazione delle misure da parte della autorità nazionali, alle quali potrà sostituirsi in caso di inadempienza. Il Fondo unico di risoluzione (SBRF) metterà a disposizione del SRM finanziamenti a medio termine attraverso la contribuzione del sistema bancario. Una delle peculiarità di questo meccanismo è che gli Stati membri non dovrebbero ricorrere a misure fiscali per soccorrere l’istituto in difficoltà.

INTERESSI IN GIOCO
Nell’approccio a guida delle autorità nazionali, le istituzioni designate per il controllo e la risoluzione della crisi – banche centrali, organismi finanziari, ministero delle Finanze – potrebbero risultare più “generose” nei confronti degli istituti sotto osservazione rispetto a quanto farebbero gli organismi sovranazionali. Questo sia per la possibile influenza della politica sulle autorità designate – giustificata da ragioni elettorali, dal possibile acquisto di titoli di Stato o da un certo nazionalismo bancario -, sia per il peso che gli altri istituti bancari avrebbero nel piano di risanamento.
L’approccio sovranazionale avrebbe il vantaggio di essere più efficiente nel minimizzare i costi per i contribuenti, e il Comitato unico di risoluzione – nel quale le autorità nazionali non avrebbero un diritto di veto – potrebbe assicurare una maggiore indipendenza politica, visto che i suoi componenti sarebbero soprattutto tecnocrati che non rappresentano alcuno Stato membro in particolare. Tuttavia, non è da escludere che il board possa decidere di applicare vincoli meno stringenti per le banche considerate importanti a livello sistemico per la finanza europea.

LA TUTELA DEI CONTRIBUENTI
L’approccio a predominanza sovranazionale potrebbe garantire impegni più credibili nel risolvere le crisi delle banche con una minore spesa pubblica. Tuttavia, la casistica potrebbe variare, soprattutto alla luce dell’importanza che alcune banche rivestono nel sistema finanziario europeo. Imprescindibile, comunque, è che qualunque sia il sistema di risoluzione scelto, il risanamento sia attuato con fondi finanziati dal sistema bancario. In questo modo si otterrà il duplice vantaggio di ridurre i costi diretti per i contribuenti e di disincentivare gli istituti di credito al compimento di operazioni rischiose, riducendo di conseguenza le richieste di salvataggio. È altrettanto rilevante, infine, che le autorità nazionali coinvolte siano fortemente indipendenti e che abbiano il sostegno della Commissione e della Banca europea, perché possano sostenere decisioni il più possibile trasparenti e a tutela dei contribuenti.

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