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Perché non saranno Marina o Barbara Berlusconi a guidare Forza Italia

L’idea della “successione ereditaria” alla guida di Forza Italia aveva senso prima della scissione di Angelino Alfano, e ne ha ancora di più, ovviamente, dopo la nascita di “Nuovo centrodestra”. Per certi versi a questo punto parrebbe quasi una soluzione obbligata. Berlusconi, avendo perso definitivamente quello che era il delfino designato, sa che le figlie garantirebbe la massima continuità di fronte all’elettorato, nella proposta politica, nella tutela degli interessi aziendali. Tutto questo, naturalmente, ragionando in astratto. In concreto esistono molte riserve e limiti: se le figlie avranno voglia di calarsi nell’agone politico, se vorranno esporsi ai prevedibili attacchi della magistratura, e soprattutto se il nome basterà a tenere insieme l’elettorato. Il carisma e la vitalità non si ereditano: come se la caverebbero Marina o Barbara in una trasmissione di Santoro?

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Fino a che Berlusconi resta politicamente “vivo” – non essendo l’uomo minimamente interessato a cedere lo scettro del potere – mi pare molto difficile che Forza Italia possa diventare un partito aperto, scalabile e centrato su meccanismi di competizione interna. Non per caso, chi auspicava questo tipo di evoluzione alla fine è dovuto andar via. Costruire un partito di centrodestra con regole, radicamento nel territorio, cultura politica e capacità di mobilitare l’elettorato, a ogni modo, sarà cosa lunga e complessa. In questi anni qualcosa si è fatto – ma poco, troppo poco.

Nelle condizioni di “divorzio morbido” che si sono verificate – ovvero con due soggetti che, per quanto consentito dall’asprezza del confronto interno, possono allearsi per costruire una coalizione di centrodestra più ampia possibile – chi avrà più filo, tesserà. Certo, è assai improbabile che il capo della coalizione sia Berlusconi. A meno che il Cavaliere non scelga l’isolamento rispetto a tutte le altre forze giocando da solo, ma senza alcuna speranza di concorrere a governare. Con uno scenario di ampia coalizione, la competizione potrebbe essere tra Angelino Alfano e una rosa di altri nomi come Raffaele Fitto, Daniela Santanchè, Giorgia Meloni e Flavio Tosi. Ai quali, ovviamente, si aggiunge l’incognita dell’eventuale successione ereditaria. Ma, come detto, bisognerà vedere quali saranno i rapporti di forza interni al centro destra, in particolare fra il partito di Alfano e Forza Italia.

Volgendo ora lo sguardo al centro e a quanto accaduto recentemente in Scelta Civica: allo stato attuale le forze centriste continuano a non “sfondare”, ma considerato lo stato di deterioramento e incertezza del sistema politico italiano, nel prossimo futuro può davvero succedere di tutto. Mentalmente gli italiani hanno assorbito il bipolarismo – ma la sopravvivenza dello schema bipolare dipenderà anche dalle offerte che saranno presentate agli elettori. Da un lato la possibile scissione del Pdl, dall’altro il Pd che rischia di non reggere l’impatto di Matteo Renzi, con l’apocalittico scenario di una balcanizzazione del sistema e la navigazione a vele spiegate verso il proporzionalismo. Se così fosse, un centro che prenda tra il cinque e l’otto per cento, o forse anche più, potrebbe pure esistere. Molto dipenderà dalla legge elettorale e dalle sempre rimandate riforme costituzionali che potrebbero ricomporre il quadro del bipolarismo. Dati i precedenti, però, è davvero difficile essere ottimisti.

 

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