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Banda larga, in Europa solo Grecia e Cipro peggio dell’Italia

La rilevanza dell’innovazione digitale per le opportunità di ripresa economica e per la modernizzazione del tessuto produttivo è un dato acquisito da istituzioni, imprese e osservatori. Tutti concordi nel ritenere lo sviluppo delle tecnologie in banda larga un fattore decisivo nella riduzione dei costi per l’utente e nell’allargamento degli spazi di mercato per i player attivi nella frontiera delle telecomunicazioni. Ma la cornice italiana di ritardi e arretratezze in un comparto strategico e le lacune riscontrate nella realizzazione dell’Agenda digitale promossa dal governo trovano conferma nel rapporto elaborato dall’Istituto per la competitività presieduto dall’economista Stefano Da Empoli. Presentata all’Istituto “Luigi Sturzo” di Roma in un convegno intitolato “Reti e servizi digitali. Chi fischia il secondo tempo dell’economia italiana ed europea?”, il tema del divario telematico rispetto all’Europa ha alimentato il confronto tra esperti, esponenti di aziende di Tlc e rappresentanti istituzionali.

Le cifre dell’indagine

A mettere in luce il gap digitale del nostro paese è Giovanni Cangemi, direttore Area comunicazioni di I-Com: “L’Italia si colloca al terzultimo posto nell’Ue per crescita della banda larga”. È il comparto della rete fissa a risultare penalizzato dal ritmo lento di crescita della banda larga, in cui ci attestiamo al 55 per cento di penetrazione precedendo soltanto Grecia e Bulgaria. E appena 2,6 milioni di abitazioni, a confronto con le 6,8 della Francia, ricorre a un collegamento in fibra ottica, requisito essenziale per lo sviluppo delle più moderne tecnologie telematiche. Altamente competitivo resta il settore delle comunicazioni broadband mobili,  grazie all’utilizzo di smartphone e apparecchi portatili, che raggiunge il 14,3 per cento della popolazione rispetto a una media Ue del 9.

A frenare l’evoluzione digitale del nostro paese non è esclusivamente la carenza di impianti via cavo che perdura da oltre dieci anni ed è aggravata dalle persistenti incertezze sullo scorporo della rete fissa di accesso da Telecom. L’Italia sconta un ritardo di alfabetizzazione informatica: i cittadini che accedono regolarmente a Internet superano la metà del totale a fronte di una media comunitaria del 70 per cento. Mentre nel commercio elettronico il dato crolla al 17 per cento contro un livello europeo del 44.

Ne scaturisce un calo considerevole, stimato attorno al 16 per cento, nei ricavi degli operatori attivi in Italia. Anche se i loro investimenti tra il 2008 e il 2012 hanno mantenuto un trend invariato di 7 miliardi, al contrario di quelli in information technology effettuati dalle aziende bancarie, assicurative, dei trasporti, della grande distribuzione, in netta diminuzione e pari oggi a 14,5 miliardi. Molto significativo nell’ultimo anno è stato il volume di risorse destinate dai player di Tlc alle infrastrutture: 4 miliardi, il 60 per cento delle cifre spese, in crescita del 7 per cento rispetto al 2011. La loro intenzione è puntare sulla banda larga nelle telecomunicazioni fisse e sulla sinergia nell’accesso alle reti di trasmissione: “Pertanto si rende necessaria la presenza di un’infrastruttura strategica unica”.

Svezia paese modello

Realtà all’avanguardia in Europa per grado di evoluzione nelle reti e servizi digitali è la Svezia. Il cui ministro per il commercio Eva Björling nutre fiducia che l’innovazione telematica possa riverberarsi in molti settori, dal commercio alla salute, dai servizi al design, e contribuire alla ripresa produttiva del nostro continente favorendo l’incontro e lo scambio tra culture differenti. L’anno scorso il 75 per cento dei cittadini del regno scandinavo hanno fatto ricorso all’e-banking e il 45 per cento dei suoi prodotti è stato acquistato on line, anche se appena l’11 per cento verso gli altri paesi Ue. Percentuale che l’esecutivo di Stoccolma vuole raddoppiare. E per questo motivo aspira a creare un mercato europeo digitale entro il 2015. Rientra in tale orizzonte la strategia nazionale in banda larga lanciata nel 2011 con l’obiettivo di raggiungere il 90 per cento della popolazione svedese senza barriere e discriminazioni, “grazie a un una rete di accesso che deve restare  indipendente rispetto agli operatori”.

Le strategie delle imprese di telecomunicazioni

Le enormi potenzialità offerte dalla penetrazione delle reti digitali vengono messe in rilievo da Nunzio Mirtillo, amministratore delegato di Ericsson Italia: “Nelle nazioni OCSE abbiamo rilevato un legame tra aumento della rapidità delle connessioni in Rete e la crescita del reddito delle famiglie. E grazie alla banda larga aziende e istituzioni potranno mettere in comune risorse e conoscenze che nessuna di esse è in grado di fornire autonomamente”. Consapevole del valore di un intervento pubblico, anche nella forma di agevolazioni, per estendere l’applicazione delle tecnologie più innovative alle aree meno “appetibili” per il mercato è Gianluca Baini, presidente Regione Mediterraneo di Alcatel Lucent. Il quale ricorda che “gli investimenti per le infrastrutture in banda larga previsti dagli operatori di telecomunicazioni nel nostro paese entro il 2020 copriranno un quarto del territorio”. Esattamente la porzione di abitanti che Vodafone punta a coprire nelle comunicazione fissa in broadband. Che sommata ai collegamenti mobili beneficerà, ricorda Michelangelo Suigo, Head of public affairs della multinazionale, di investimenti per 3,6 miliardi di euro nel prossimo biennio.

Le critiche dei consumatori

Gli squilibri tra le aree del nostro paese sono al centro del ragionamento di Antonio Gaudioso, segretario generale di Cittadinanzattiva. Rimarcando come “l’enorme digital divide culturale italiano riguardi prima di tutto istituzioni le cui scelte tardano ad arrivare nonostante le persone di alta qualità chiamate a realizzare l’Agenda digitale”, il rappresentante dell’associazione a difesa dei consumatori spiega che nelle aree rurali appena il 17 per cento di famiglie e imprese può contare su una connessione regolare di buon livello alla Rete. Ritardo tanto più grave considerando che nelle zone extra-urbane è concentrato il grosso delle imprese. È per questa ragione che Gaudioso invoca l’intervento di investitori istituzionali come Cassa depositi e prestiti, in grado di orientare nel medio-lungo periodo il risparmio dei cittadini verso lo sviluppo della banda larga in fibra ottica.

Lo stato di avanzamento dell’Agenda digitale

Riflessioni a cui gli esponenti delle istituzioni tentano di rispondere facendo il punto sull’iniziativa del governo. Francesco Sacco, membro del Coordinamento Agenda digitale presso la Presidenza del Consiglio, precisa le tre priorità lungo le quali si articola lo sviluppo delle reti di trasmissione e accesso in fibra ottica: “Anagrafe digitale centralizzata destinata a sostituire le 8.100 strutture di stato civile presenti nei comuni italiani. Identità digitale delle imprese in grado di favorirne l’interazione con i consumatori e le istituzioni, basata su un sistema di autenticazione garantita dallo Stato valida per l’accesso a tutti i servizi. Piattaforma unica per i pagamenti on line”. Bisogna operare con efficacia, evidenzia Sacco, per far rientrare in questa sfera di intervento materie tuttora affidate alle amministrazioni locali come scuola e sanità digitale: “E pensare all’istituzione di un sottosegretario al governo per le priorità telematiche”. Ma tutto ciò non basta: “È necessario un salto culturale da parte di sindacati e Confindustria, finora poco sensibili agli obiettivi fissati nell’Agenda digitale”.

L’esigenza di una governance uniforme delle competenze nel settore digitale è rimarcata da Roberto Sambuco, capo Dipartimento comunicazioni del Ministero per lo sviluppo economico: “Nell’orizzonte del mercato unico europeo delle telecomunicazioni indicato dal Commissario Ue Neelie Kroes, si rivelerà cruciale la gestione dei 35 miliardi di euro di fondi comunitari previsti per il settennato 2014-2020. A patto che non vengano sprecati come avvenuto fino ad oggi per 20 miliardi di risorse destinate alle regioni italiane”.

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