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I Forconi e l’Ungheria

Mentre prosegue ad oltranza la protesta del movimento dei “Forconi” – e il mondo ci guarda e commenta – c’è stata un’intervista fatta da Repubblica un paio di giorni fa a uno dei leader delle proteste, Andrea Zunino, che ha suscitato polemiche. Le discussioni sono nate intorno a una affermazione di Zunino, che faceva riferimento a un’Italia «schiava dei banchieri come i Rotschild» e al fatto che fosse «curioso» – secondo lui – che «5 o 6 tra i più ricchi del mondo siano ebrei». Sono seguite accuse di antisemitismo e richiami alla storia della nascita del nazismo, commenti di condanna da Renzo Gattegna – presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane – e da diverse parti dell’opinione pubblica. Si tratta di parole che appartengono da tempo a un lessico proprio di una più ampia retorica complottista, come chi osserva un certo genere di visioni può facilmente confermare, e sulle quali non vale la pena nemmeno di tornare.

Ma durante quell’intervista, Zunino ha detto anche un’altra cosa passata con minor attenzione sotto l’occhio del mainstream e sulla quale vale la pena riflettere. Durante l’intervista di Vera Schiavazzi, l’agricoltore della pianura piemontese ha richiamato il premier ungherese Viktor Orbàn, prendendolo a riferimento: «Lui sì che sta liberando il suo Paese», ha detto. La questione dell’Ungheria, che sarebbe uscita dalla crisi scacciando l’Europa, il Fondo Monetario Internazionale, la Bce e via dicendo – con quelli che spesso vengono definiti “usurai” di stato -, è da qualche tempo molto dibattuta, sostanzialmente su un certo genere di blog e di profili sui social network. Non è nuova, dunque, l’esternazione di Zunino: che anzi accede a un nuovo tema di una retorica molto simile a quella sopra citata.

Dell’argomento se ne è occupato in un articolo (“La bufala dell’Ungheria” è il titolo) per il Post, Davide Maria De Luca, attento e puntuale giornalista esperto di fact cheking, tempo prima che la protesta dei Forconi venisse alla luce – e dunque preventivamente alle parole di Zunino.  De Luca considera l’Ungheria un paese come Ecuador, Argentina e Islanda: nazioni spesso indicate come riferimenti per uscire trionfalmente dalla crisi, ma che invece non sono un esempio da seguire per l’Italia. Attraverso alcune riflessioni, cerchiamo di capire perché quello di Orbàn non è nemmeno in assoluto un modello positivo.

Il governo ungherese

Orbàn, a capo del partito di centrodestra Fidesz,  ha vinto le elezioni nel 2010 (con ampia maggioranza), impostando la sua campagne elettorale sulla critica all’UE, al Fmi e al comunismo – fissazione di Orbàn, perché minaccerebbe ancora il Paese, con infiltrazioni all’interno al partito di centrosinistra.

La schiacciante vittoria (due terzi dei seggi) gli ha permesso di attuare modifiche alla costituzione e di mettere in moto un programma economico fatto di soluzioni “poco ortodosse” – De Luca spiega che vengono così definite quelle politiche delle banche centrali, che consistono nel creare molto denaro e immetterlo nel ciclo economico con metodi in precedenza poco utilizzati, “non convenzionali”.

La sovranità monetaria

Secondo quanto si scrive sul “boom economico ungherese” in questo periodo, la riconquista della “sovranità monetaria”, rappresenta il passaggio con cui il governo può stampare denaro per finanziare liberamente le proprie spese. Questo è possibile se la banca centrale viene messa sotto il controllo del governo – la pratica, che rappresenta la «”politica non ortodossa” per eccellenza» come scrive De Luca, viene ormai evitata da anni, perché la separazione può meglio impedire impennate dell’inflazione e garantire ai cittadini un governo più equilibrato, per l’impossibilità di continuare ad auto-finanziarsi (stampando soldi), spendere, e imbonirsi il popolo per la rielezione.

In realtà Orbàn ha messo la banca centrale ungherese sotto il proprio controllo, ma il governatore Gyorgy Matolcsy – fidato del premier – ha intrapreso una via piuttosto ortodossa di gestione, non stampando mazzette di soldi all’impazzata: l’inflazione infatti è rimasta intorno al minimo storico del 2%.

Tassazioni ultra pesanti

Orbàn ha aumentato le tasse a banche, assicurazioni e grandi gruppi aziendali. Particolarmente colpito (e danneggiato, come dice il Financial Times) è stato il settore finanziario – la tassazione è la più alta d’Europa – in gran parte estero, circostanza che ha permesso al premier di dipingerlo come il nemico straniero (gli “usurai venuti dall’estero”). Questo ha comportato la riduzione dei prestiti – De Luca ricorda che è l’unico caso dell’est Europa, in cui ciò avviene – e la difficoltà di finanziarsi all’estero, perché in pochi si fidano del governo locale. La riduzione degli investimenti diretti esteri, sarà una questione problematica, perché questi rappresentano più o meno un quarto del Pil.

Com’è la situazione, dunque

Ma la situazione non è ancora pessima, visto che la contrazione del 2012 è stata solo dell’1,2 per cento, a cui dovrebbe seguire alla fine di quest’anno una lieve crescita (intorno allo 0,1) e poi riprendere bene nel 2015 – sebbene tutti i paesi confinanti, valgono numeri quasi doppi, la Polonia su tutti. La disoccupazione è all’11 per cento – in linea con i dati della regione – ma il valore dell’occupazione è al 58 per cento, molto lontano dal 65 di media europea.

La situazione dunque non è così rosea: l’Ungheria sta uscendo dalla crisi, è vero, ma è spinta molto dai Paesi limitrofi – e in particolar modo è estremamente legata all’andamento dell’economia tedesca, come dice l’Fmi – che crescono più e meglio di lei. Intanto però, le banche sono in forte crisi e non riescono a prestare denaro, gli investimenti stranieri scappano e c’è molta incertezza su quelli che saranno i risvolti delle politiche economiche attuate.

E Orbàn?

Orbàn viene considerato attualmente una sorta di modello, come lo stesso Zunino ha ricordato, perché si sarebbe liberato della Troika (UE, Fmi, Bce). In effetti, gli uffici del Fondo monetario a Budapest sono stati chiusi, tra i proclami del premier, nel 2013. Ci sono però un paio di cose da sapere: il Fmi è stato fondamentale nel 2010, quando ha prestato 20 miliardi di euro all’Ungheria, evitandole la bancarotta; c’è di più, intorno alla fine del 2011 Orbàn intraprese diversi colloqui con il Fondo, per chiedere un ulteriore prestito, ma le condizioni furono considerate inaccettabili e gli fu rifiutato. (Nota: l’Ungheria ha restituito il prestito al Fmi, con anticipo).

Orbàn, per chi lo prende da esempio è un “ribelle”: ma a conti fatti, sembra più che altro un attento e puntuale studente. Rientrare dal debito con il Fmi in anticipo, così come riportare il deficit (pena la nazionalizzazione di diversi fondi pensione e le imposizioni di tassazioni) entro gli standard europei, sembra più il compito bene fatto di un «allievo modello» (come scrive De Luca).

Ma andando oltre l’aspetto economico, le critiche al governo di Orbàn arrivano anche sotto l’aspetto del flusso di democrazia: dal suo insediamento, segnale De Luca, sono numerose le leggi che hanno indebolito i diritti politici e civili nel Paese. Le modifiche costituzionali di cui si faceva cenno in apertura, sono state considerate da UE e Stati Uniti come violazioni della democrazia, che stanno portando l’Ungheria verso una deriva totalitaria. Tra le leggi, il già citato controllo sulla banca centrale, la riduzione dei poteri della Corte costituzionale, limitazione della possibilità di propaganda agli altri partiti, attivazione norme per il controllo dei media e di pene detentive per i senzatetto, revisione del concetto di “famiglia” (che non includerà più le coppie non sposate, quelle senza figli e quelle omosessuali).

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