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Iran, la strategia di Rohani per rilanciare l’economia

Lo storico accordo sul nucleare raggiunto a Ginevra non ha sbloccato l’economia in Iran. Ma il governo del presidente Hassan Rohani mantiene vive le speranze e scommette sull’apertura del mercato petrolifero alle compagnie occidentali.

Secondo il Financial Times, il ministro del Petrolio iraniano, Bijan Zanganeh, sostiene che il petrolio salverà l’Iran e, per essere ancora più esplicito, ha già nominato le sue sette compagnie preferite, di cui due sono americane: la francese Total, l’olandese Shell, l’italiana Eni, la norvegese Statoil, la britannica BP e le statunitensi Exxon Mobil e ConocoPhillips.

ANTICHI ERRORI
Per il direttore dei progetti di Atieh Bahar Consulting, Ali Arrechi, la sfida di Rohani non è facile. Gli indici di disoccupazione, inflazione e crescita sono il risultato di politiche economiche sbagliate da lungo tempo. Ma “lo stato d’animo a Teheran è positivo. I contratti petroliferi dipendono dall’accordo nucleare”.

TRA INFLAZIONE E RECESSIONE
Secondo il New York Times, prima del rilancio, però, è imprescindibile la cancellazione delle sanzioni economiche internazionali, che rappresentano solo una parte dei problemi economici dell’Iran. Per la prima volta dalla fondazione della Repubblica islamica nel 1979, il Paese soffre di un’altissima inflazione (ha raggiunto il picco del 42%) e recessione.

I SACRIFICI DEGLI IRANIANI
Per Arrechi la strategia che il presidente Rohani ha presentato la settimana scorsa in Parlamento è efficace: prima attaccare l’inflazione e dopo la disoccupazione, fattori legati alla recessione. Ma questa non è una formula magica. Il nuovo programma economico prevede un sacrificio da parte dei cittadini. Gli stipendi aumenteranno soltanto del 18%, la metà dell’inflazione.

LE SANZIONI ECONOMICHE
L’Iran ha la quarta riserva di petrolio più grande del mondo e il greggio rappresenta la fonte di introiti principale dell’economia del Paese. Da quando sono state aumentate le sanzioni nel 2012, la produzione è scesa da 4,3 milioni di barili al giorno a 2,65. Il governo è consapevole che, nei migliori dei casi, le sanzioni non saranno cancellate prima di due anni. Ma gli osservatori e gli analisti iraniani sono ottimisti. “È stato creato un ambiente nel quale nessuno vuole restare fuori dal mercato e le compagnie faranno pressioni sui governo per attivare l’apertura”, ha detto Arrechi.

IL NUOVO MODELLO
Dopo la rivoluzione del 1979, l’Iran ha espulso le compagnie petrolifere straniere e ha ridotto la produzione significativamente. Con il nuovo modello, le compagnie riceveranno una percentuale delle operazioni al posto della quota di produzione. I dettagli di questi nuovi accordi sono riservati e saranno diffusi ad aprile dell’anno prossimo in una conferenza internazionale del ministero del Petrolio iraniano a Londra. “Dai dati che conosciamo si tratta di una combinazione dell’attuale sistema di buy-back e di Product shared agreement che è più attraente per le compagnie perché dà la proprietà delle riserve”, ha spiegato l’analista Arrechi. Ma l’attuale Costituzione iraniana non lo permette. Si spera anche che i contratti siano più lunghi, almeno di 20 anni.

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