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Unione bancaria, chi pagherà le prossime Cipro d’Europa

Via libera all’Unione bancaria nella Ue. Nella notte i ministri delle Finanze degli Stati dell’Eurozona hanno raggiunto un accordo sulla nascita di un meccanismo unico di gestione delle crisi bancarie.

COSA SI È DECISO 
Secondo quanto spiega La Repubblica, vengono stabilite fondamentalmente due cose. La prima: “gli Stati daranno vita ad un fondo salva-banche unico, finanziato con prelievi sugli istituti di credito a livello nazionale. Inizialmente sarà formato da compartimenti nazionali che alla fine confluiranno in un unico fondo nel giro di dieci anni. Nel primo anno, le banche in default controllato potranno attingere solo al fondo del proprio Paese, ma negli anni successivi, man mano che il fondo cresce, ci sarà una mutualizzazione progressiva delle risorse“.
Passa anche una misura voluta dall’Italia, il “backstop”, “una sorta di paracadute che assicura che nella fase iniziale del fondo, dopo l’auto-salvataggio o “bail-in” delle banche che assegna le perdite ad azionisti, obbligazionisti e grandi depositi, se a una banca serviranno ancora fondi, si potranno avere “finanziamenti ponte” da parte degli Stati o del fondo salva-Stati Esm. Saranno possibili anche i prestiti tra compartimenti del fondo salva-banche“.

LA VITTORIA DI BERLINO
Infine, la seconda componente del meccanismo di risoluzione unico è l’autorità che prende la decisione di far fallire una banca in difficoltà: “Sarà un board formato da rappresentanti delle autorità nazionali, che agirà su impulso della Bce. Saranno gli Stati ad avere l’ultima parola, perché la Commissione, che avrebbe voluto voce in capitolo, è stata invece in pratica estromessa“. Una scelta, questa, sulla quale è stata decisiva la posizione di Berlino, riluttante a consegnare a Bruxelles troppo potere in materia. “La decisione su come e quando “risolvere” una banca sarà presa in 24 ore, come voleva la Bce. Il meccanismo unico di risoluzione – conclude il giornale diretto da Ezio Mauro – si applicherà a tutte le banche supervisionate dalla Bce, entrerà in vigore il 1 gennaio 2015, mentre le regole del “bail-in” si applicheranno esattamente un anno dopo“.
Un pacchetto che di norme che, nelle intenzioni, vorrebbe istituzionalizzare il “modello Cipro” seguito durante il salvataggio delle banche dell’isola, facendo valere il principio che in futuro rischi e perdite delle crisi bancarie ricadranno sugli istituti di credito.

RIFORMA ANNACQUATA?
Non tutti sono però soddisfatti di una riforma che sembra troppo ridimensionata rispetto agli annunci iniziali. L’accordo – come si legge sul Sole 24 Ore – riflette “la difficoltà di trovare un compromesso tra la paura di alcuni Paesi (come la Germania) di firmare un’intesa troppo onerosa per i conti nazionali e l’esigenza di altri Stati (come l’Italia) di presentare ai mercati un assetto dotato di un paracadute finanziario convincente“. L’obiettivo ora è di trovare un accordo con il Parlamento entro la fine della legislatura, fissata in aprile. Il meccanismo unico di gestione delle crisi dovrebbe entrare in vigore il 1 gennaio 2015.

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