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Berlino s’interroga sul salario minimo alla francese

“Presto saremo malandati come la Francia”. La diagnosi sul futuro della Germania è di Robert Schwager, professore di finanza presso l’Università di Göttingen che dalle colonne del Welt apre il dibattito sull’occupazione e sull’introduzione del salario minimo da parte del nuovo governo di Grosse Koalition. “La cosa strana – certifica – è che Berlino celebra l’errore consapevolmente”. Dopo il dualismo con il neo ministro della Difesa, possibile futura cancelliera, ecco detonare sulla stampa tedesca la questione legata al lavoro.

DIVERSITA’ PUNTO DI FORZA
Uno dei grandi punti di forza dell’Europa è la diversità storica, economica e politica dei suoi Stati nazionali. Il punto di partenza del ragionamento proposto da Schwager prende spunto da questo assioma, base su cui il continente giustamente ha potuto esprimere le proprie istanze e che ha consentito ai singoli Stati di prendere spunto dalle esperienze dei propri vicini. Adesso il terzo mandato di Angela Merkel “copia” il salario minimo che in Francia – definito salaire minimo interprofessionnel de croissance (SMIC) – è attualmente pari a 9,43 € all’ora. Ma soprattutto per decenni è stato uno dei capisaldi della politica occupazionale francese.

CAMBIO DI STRATEGIA
Mentre il modello applicato in precedenza a Berlino faceva riferimento alla contrattazione collettiva al fine di determinare i salari, oggi il modello inseguito è quello francese. Ma con una differenza storica tra i due Paesi. Secondo l’economista, la politica pensionistica dei due Paesi è stata estremamente diversa negli ultimi 20 anni, in quanto la Germania è stata caratterizzata da una forma di previdenza obbligatoria, aumentando l’età pensionabile. Al contrario l’accordo di coalizione Cdu-Spd sembra che preveda adesso un abbassamento dell’età pensionabile per alcuni lavoratori.

ALLOGGI E FRANCIA
Un altro termine di confronto proposto da Schwager riguarda le politiche abitative applicate in Francia, dove la branca degli alloggi si basa su investimenti pubblici e sulla regolamentazione dei canoni di locazione. Con una nuova misura proposta lo scorso settembre, l’Assemblea nazionale ha deciso di limitare gli affitti nei nuovi contratti, per cui i più alti canoni di locazione nelle aree metropolitane potrà superare l’affitto medio di massimo il 20%. Inoltre in politica fiscale a prima vista tra i due Paesi restano le tradizionali differenze, come il tax rate deciso dall’Assemblea Nazionale che non è considerato in Germania, dove invece l’accordo di coalizione non prevede aumenti delle tasse. Tuttavia la Cancelliera esclude aumenti fiscali che l’SPD non appoggerebbe in ogni caso.

DEFICIT
Un passaggio che secondo il docente dell’Università di Göttingen conduce all’ultima area di raffronto tra Germania e Francia. Parigi lo scorso anno aveva un deficit di bilancio del 4,8% del prodotto interno lordo, mentre la Germania su quel versante appare solida. Ma ciò non esclude automaticamente, secondo l’economista, che proprio la scelta di cambiare strada sul lavoro e sposare la scelta del salario minimo non possa avere in prospettiva gli esiti francesi. Certamente si potrebbe obiettare che le misure previste in Germania in ciascuna di queste aree siano meno ampie che in Francia, quindi potrebbero anche non verificarsi gli effetti che si sono osservati in questi mesi in Francia. Ma proprio le politiche economiche della Grande Coalizione, scrive sul Welt, potrebbero contribuire a ridurre il vantaggio storico di Berlino.

ENERGIA CROCEVIA
Un altro importante settore, come quello energetico, potrebbe però essere l’ago della bilancia, dal momento che per i clienti industriali, il costo dell’energia elettrica in Francia è di circa il 40% in meno rispetto a quella tedesca. Ragion per cui all’orizzonte ci si potrebbe aspettare per Berlino un periodo di stagnazione, così come è accaduto in Francia. Ma cosa spinge i partner della grande coalizione, nonostante l’esempio cautelativo della Francia, a perseguire nelle loro politiche?

twitter@FDepalo

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