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Decreti legge, vi spiego il perché della scudisciata di Napolitano

Art. 75 della Costituzione, comma 2: “Quando, in casi straordinari di necessità e di urgenza, il Governo adotta, sotto la sua responsabilità, provvedimenti provvisori con forza di legge, deve il giorno stesso presentarli per la conversione alle Camere che, anche se sciolte, sono appositamente convocate e si riuniscono entro cinque giorni”.

La “Costituzione più bella del mondo” è chiara sul tema del Decreto Legge. Come è stato chiaro il presidente Napolitano nel messaggio di ieri alle Camere in cui ha ribadito “la necessità di verificare con il massimo rigore la ammissibilità degli emendamenti ai decreti legge a criteri di stretta attinenza all’oggetto del provvedimento, anche adottando opportune modifiche dei regolamenti parlamentari“. Un messaggio che fa seguito ad uno dal contenuto simile inviato nel febbraio 2012 e ad un altro del 2002 dell’allora presidente Carlo Azeglio Ciampi.

Le parole del presidente Napolitano arrivano nello stesso giorno in cui il Consiglio dei Ministri – in seguito alla stop imposto dal Quirinale al decreto “salva Roma” il 24 dicembre – ha dovuto varare un decreto “Milleproproghe” che ha assorbito alcune norme del precedente decreto.

PRESIDENTE E CORTE CONTRO I DECRETI LEGGI OMNIBUS

In entrambi i suoi messaggi alle Camere il presidente ha richiamato la sentenza della Corte Costituzionale n. 22 del 2012, che è un forte monito per il Governo. Infatti, con quella sentenza la Corte per la prima volta ha annullato disposizioni inserite dalle Camere in un Decreto Legge nel corso dell’iter del relativo disegno di legge di conversione. Forte monito perché la legge di conversione in questione era quella relativa al Decreto Legge n. 29 dicembre 2010 n. 225 (anch’esso un “Milleproroghe”), che la Corte ha dichiarato incostituzionale anche per “estraneità alla materia e alle finalità del medesimo”.

Una decisione con cui la Corte Costituzionale afferma la propria competenza sugli emendamenti ad un Decreto Legge, se evidentemente estranei all’oggetto e alle finalità di questo. La loro approvazione importa, secondo la Corte, un “uso improprio del potere parlamentare di conversione e concreta un vizio di legittimità costituzionale della legge di conversione”.

Una sentenza di per sé storica, anche se non unica, visto che in tema di decretazione d’urgenza già alcune sentenze della Corte Costituzionale avevano posto dei limiti alle voglie del Governo, a partire dalla n.360 del 1996, che pose fine al fenomeno della reiterazione dei Decreti Legge diventata ormai patologica (si era arrivati a 17 volte), e dalla n. 171 del 2007 (sullo stesso tema anche la sentenza n. 128 del 2008) in relazione alla sindacabilità dei presupposti di necessità e urgenza del Decreto Legge.

OMOGENEITA’ E RISPETTO DELLA LEGGE 

Queste decisioni erano riuscite, almeno in parte, a frenare la prassi degenerativa della decretazione d’urgenza, ma i gravi problemi del sistema di produzione normativo italiano si sono spostati verso la delegazione legislativa, la (presunta) delegificazione, e le “leggine” di vario genere. Ed è rimasta la questione della disomogeneità dei Decreti Legge.

Al di la dei moniti del presidente e delle sentenze della Corte Costituzionale, l’omogeneità di contenuto dei Decreti Legge è prevista dall’articolo 15, comma 3, della legge n. 400 del 1988: “I decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo”. E anche l’art. 96 bis co.7 del Regolamento della Camera dei Deputati afferma il principio dell’omogeneità delle disposizioni della legge di conversione, ponendo un limite chiaro agli emendamenti che non rispettino la materia in oggetto.

Degli esempi di violazione delle norme di cui sopra? Solo per rimanere a quest’anno e facendo riferimento ad un tema assai di moda: dove sono l’immediata applicazione e l’omogeneità nel DL “IVA e Lavoro”, emanato lo scorso giugno, dell’assoggettamento all’AAMS e della tassazione della sigaretta elettronica a partire dall’1 gennaio 2014? E che rapporto può esserci tra il decaduto DL “Salva Roma” e la reintroduzione in Senato dei divieti di “svapo” e di pubblicità, che erano stati cancellati dal DL “Scuola” alla Camera dopo essere stati introdotti con un emendamento dal DL “IVA e Lavoro” sempre al Senato? E, incredibilmente, pare (perché come sempre i testi usciti dal ConsiglIo dei Ministri rimangono spesso nel mistero per un tempo non noto) che gli stessi siano stati reinseriti nel Milleproroghe approvato ieri. Il tutto in meno di 6 mesi, alla faccia della legge, della Corte Costituzionale (che in realtà potrebbe trovarsi tra qualche tempo ad intervenire nel merito), della certezza del diritto e del buon senso. Eppure la Corte è stata chiara: l’assenza di omogeneità conduce alla rilevazione della mancanza dei presupposti del decreto legge ai sensi dell’articolo 77, secondo comma,della Costituzione.

E l’AIR?

A ciò si aggiunga un altro tema purtroppo dimenticato rispetto ai Decreti legge, e cioè l’AIR (Analisi dell’Impatto della Regolazione) prevista dal DPCM 170 del 2008, attuativo dell’art.14, commi 1-3 della legge 246 del 2005. L’AIR – ancora poco nota in Italia – consiste nella valutazione preventiva dei potenziali effetti di una norma sulle attività di cittadini ed imprese e sull’organizzazione e funzionamento della PA, attraverso la comparazione tra le opzioni alternative (inclusa la c.d. opzione zero, cioè il mantenimento della disciplina in vigore). La normativa prevede che i Decreti Legge siano corredati da una Relazione AIR contenente almeno i seguenti elementi: analisi delle esigenze e dei problemi; individuazione dei destinatari pubblici e privati dell’intervento; descrizione dei principali effetti positivi e negativi; stima dei principali costi per i destinatari.

Sembra però che norme di legge e sentenze costituzionali siano di scarso interesse per Governo e Parlamento. Di conseguenza, pur essendo vero che per far recuperare alla decretazione di urgenza il proprio ruolo di intervento straordinario occorrano delle profonde riforme – a cominciare dal superamento del bicameralismo perfetto, come ammesso dallo stesso Enrico Letta – che vadano all’origine delle cause che hanno snaturato l’iter di conversione dei decreti legge. Ma forse il rispetto delle norme esistenti da parte di Governo e Parlamento sarebbe già un enorme passo avanti verso una migliore funzionalità ed efficienza dell’intero sistema politico-normativo. A meno che qualcuno non pensi davvero che tutto è colpa dei lobbisti

Franco Spicciariello

(esperto di relazioni istituzionali, cultore della materia presso la cattedra di Diritto Costituzionale dell’Università LUMSA di Roma e fondatore del primo master italiano in “Public Affairs e Lobbying”)

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