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Fiat, ecco gli effetti di Chrysler sugli stabilimenti italiani del Lingotto

Diventare un costruttore di auto globale. La mission futura con cui Sergio Marchionne ha commentato il colpo da biliardo con cui Fiat è salita al 100% di Chrysler, indica apertamente quali saranno gli scenari successivi all’operazione conclusa con il Veba trust, il fondo sanitario del sindacato dell’auto Usa. Ovvero cosa si produce e si produrrà negli stabilimenti italiani, quali saranno gli investimenti nelle fabbriche in Italia, con l’obiettivo del settimo posto nella classifica mondiale, passando per le strategie di Alfa e per le nuove Jeep in produzione a Melfi.

CLASSIFICA
Dal decimo al settimo posto. Il Gruppo Fiat-Chrysler attualmente è al settimo posto del Global Insight, mentre due lustri fa Fiat Auto stazionava al decimo. Motivo di soddisfazione analitica e programmatica post fusione che si ritrova nell’obiettivo-eccellenza, inseguito nell’ultimo triennio come un vero martello pneumatico nella consapevolezza che quell’eccellenza rappresentata da Maserati potesse recitare un ruolo primario sul palcoscenico mondiale.

AUTO E QUALITA’
Come ricorda Bianca Carretto sul Corriere della Sera di oggi da 44 mesi consecutivi Chrysler prosegue nella sua marcia di vendite al rialzo, con il picco più alto due mesi fa quando le quattro divisioni (Chrysler, Jeep, Dodge e Ram) hanno staccato gli storici concorrenti grazie ai suv (Grand Cherokee e Cherokee) e ai pick up (Ram HD). Una fetta di auto che ha dato frutto pari al 42% delle vendite in Usa. Ecco che allora all’orizzonte c’è la qualità di un brand e di veicoli di eccellenza, come la Maserati, ovvero l’evoluzione di un livello già elevato. I 30mila ordini acquisiti in dodici mesi in virtù dei numeri di Quattroporte e Ghibli, confermano che la scelta è stata azzeccata. E lo certificano anche i numeri, con le appena seimila unità del 2012, mentre le previsioni per il 2015 sono almeno di 50mila ordini. Ma non solo. A Melfi saranno prodotti tre suv, uno con il marchio Jeep e due con il marchio Fiat.

STRATEGIE
La fusione, come osservato da Paolo Griseri su Repubblica di oggi, “tecnicamente non necessaria (Chrysler potrebbe teoricamente rimanere una società del gruppo Fiat), lo è strategicamente nei disegni degli Agnelli”. L’obiettivo è, entro la prossima estate, giungere alla creazione di un’unica società globale anche se andrà deciso dove quotarla e dove insediare la sede legale, particolare che dirà molto sulla location effettiva della base logistica del gruppo. Il punto sta tutto nelle prospettive future per il Lingotto, se potrà impiegare “una parte degli utili Chrysler per riorganizzarsi in Europa”, ovvero ciò che secondo Griseri fino ad oggi non è consentito per le clausole che Chrysler ha firmato nei mesi scorsi con le banche americane per ottenere i prestiti. Ma si tratta di “clausole che andrebbero evidentemente ricontrattate con la nascita della nuova società di fusione”.

LA SITUAZIONE DEGLI STABILIMENTI ITALIANI
Ad oggi i sei stabilimenti Fiat italiani sono impegnati a produrre la Nuova Panda (Pomigliano), Lancia Delta, Giulietta e Bravo (Cassino), Maserati Ghibli e Quattroporte (Grugliasco), Mito (Mirafiori), Ducato (Atessa), Jeep, 500 X, Punto (Melfi). Una cartina di produzione che già oggi porta in pancia prospettive incoraggianti, ma che in virtù delle decisioni logistiche future potrà subire modifiche. Intanto si registra il pollice alzato da parte del Financial Times, secondo cui l’operazione consentirà alla Fiat di ridurre la dipendenza dal mercato automobilistico europeo oltre a migliorare sensibilmente la sua capacità di sfruttare il boom di vendite negli Stati Uniti. E non è poco.

twitter@FDepalo

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