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Beppe Grillo e Nichi Vendola duellano sui fondi pubblici ai giornali

Le sovvenzioni pubbliche alla carta stampata hanno promosso l’arricchimento del panorama dell’informazione oppure ostacolato la competizione fra operatori realmente meritevoli, falsando l’autentico pluralismo delle voci? Ed è giusto che i giornali tradizionali ricevano ogni anno un flusso rilevante di risorse statali a fronte di un’informazione on line che ne è priva e tutti i giorni deve confrontarsi con le leggi del mercato e della concorrenza? Editori e direttori di prestigiose testate telematiche hanno già espresso le loro valutazioni su uno squilibrio sempre più visibile nella realtà mediatica del nostro paese.

Adesso tocca alle forze politiche presenti in Parlamento confrontarsi sugli interrogativi emersi nell’inchiesta realizzata da Formiche.net riguardante i fondi dalla pubblicità istituzionale di regioni ed enti locali ai giornali tradizionali. È la volta del capogruppo di Sinistra e Libertà a Montecitorio, Gennaro Migliore, e del presidente della Commissione parlamentare di vigilanza sulla Rai Roberto Fico, rappresentante del Movimento Cinque Stelle.

La ricetta di Sinistra e Libertà

Negando che i finanziamenti pubblici possano nuocere alla libertà editoriale e alla concorrenza nell’offerta di news, Gennaro Migliore ritiene doveroso distinguere tra grandi aziende che riescono a operare sul mercato realizzando profitti ed editoria indipendente, cooperativa e politica che ha sofferto degli alti costi e sta scomparendo: “I contributi pubblici non devono essere abrogati ma ridimensionati e calibrati meglio. Perché così regolati conferiscono vantaggi indebiti ai gruppi privati”. Per questa ragione il parlamentare è fortemente contrario agli sgravi fiscali per l’editoria: “I player che fanno capo alle principali realtà industriali dominano la stessa Rete, e godono di un enorme vantaggio tecnologico e pubblicitario”.

Riguardo alla pubblicità istituzionale degli enti locali, Migliore considera essenziale la più ampia divulgazione delle attività di regioni e comuni tramite un giornale a tiratura nazionale, un quotidiano a diffusione territoriale e una testata rappresentativa del pluralismo informativo. Mentre la riorganizzazione dei fondi destinati alle testate di partito non deve trasformarsi nel sostegno surrettizio di una forza politica attraverso organi di stampa privi di valore: “Ricordo che a suo tempo Liberazione costituiva un costo per Rifondazione Comunista e non comportava alcun flusso di denaro nelle casse del partito. Così come esistono fondi statali per finanziare gli autotrasportatori che svolgono un’attività privata, l’informazione giornalistica offerta dal Manifesto o dai giornali parrocchiali può ricevere un supporto finanziario”. Da questo punto di vista, la riforma dell’editoria del 2012 si è rivelata in grado di razionalizzare le norme, contenere la spesa pubblica, rendere rigidi e selettivi i criteri di accesso ai contributi.

L’esponente di Sinistra e Libertà osteggia la campagna del Movimento Cinque Stelle per l’abrogazione delle erogazioni pubbliche ai giornali, condotta sbandierando l’esperienza del Fatto Quotidiano: “Si tratta di una visione liberista che privilegia l’assetto oligopolistico prevalente nel mercato italiano, nociva per le testate artefici di ottima informazione anche con poche copie”.

Polemica analoga tocca le news on line. Per le quali Migliore reputa ragionevoli “sovvenzioni concepite per aiutare le aziende in grado di fornire un’informazione effettiva a pagare e non sfruttare i giornalisti. Contributi che devono essere vincolati a requisiti minimi di copertura, lettura e collegamento e al rispetto dei contratti delle persone assunte”. Tagliare o rimuovere i fondi pubblici, puntualizza il politico progressista rivolto al M5S, vuol dire procedere verso il predominio assoluto del mercato in cui regnano grandi monopolisti come le banche. E colpire le voci critiche, minoritarie, controcorrente che vivono fuori dei circuiti del profitto: “È una grillata”.

La risposta Cinque Stelle

Argomentazioni a cui Roberto Fico replica rivendicando la battaglia storica del Movimento Cinque Stelle per l’eliminazione dei contributi pubblici alle testate giornalistiche. Al centro di una raccolta firme intrapresa dai Meet-up nel V-Day del 2008 per promuovere un referendum. E pilastro del programma elettorale 2013 della formazione animata da Beppe Grillo. Il parlamentare è persuaso che le sovvenzioni statali abbiano tradito il principio che le ispirava: “Anziché agevolare un autentico pluralismo, hanno finito per supportare organi di partito e gruppi editoriali portatori di diversi interessi”.

Per tali ragioni i parlamentari del M5S stanno lavorando a una proposta di legge, coerente con un progetto già presentato in Senato a prima firma Vito Crimi, che punta a rimuovere gli stanziamenti finanziari diretti e indiretti all’editoria, ed eliminare l’obbligo di pubblicare bandi e annunci della Pubblica amministrazione sui quotidiani cartacei. Potrebbero restare in vigore i sostegni ai giornali legati a minoranze linguistiche.

La prospettiva è un robusto incoraggiamento alle nuove frontiere dell’informazione: “Grazie agli 80 milioni risparmiati con il taglio integrale delle elargizioni statali agli organi di partiti e fondazioni pubblicati in Italia e all’estero, potremmo costituire un fondo per le start-up di giornalisti under 35 che vogliono investire nell’editoria in piena libertà dai rapporti politici”. Ma l’evoluzione telematica non può tradursi in agevolazioni pubbliche verso le testate telematiche: “L’informazione deve essere libera qualsiasi sia il canale, il medium fisico”. Peraltro, evidenzia il rappresentante Cinque Stelle, l’utilizzo e le vendite degli spazi pubblicitari sono in calo su tutti i media tranne che in Internet, che rispetto alla carta stampata rende irrisori i costi di mantenimento di un giornale.

Migliore accusa i penta-stellati di favorire, con le campagne ostili ai finanziamenti pubblici, il predominio del mercato in cui regnano grandi monopolisti. È vero il contrario, risponde Fico: “Tutti i grandi giornali hanno siti on line. Grazie al Web siamo passati da un’oligarchia priva di editori puri a una piazza libera ed aperta di informazione e discussione”.

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