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I “martiri europeisti” ucraini salveranno la credibilità dell’Unione europea?

AshtonKiev

Mentre esplodono bombe killer al Cairo e si prospetta un’imponente manifestazione popolare contro il governo del generale Abdel Fattah Saeed Hussein Khalil el-Sisi, domani cade l’anniversario dell’evento sociale e politico più importante della storia dell’Egitto degli ultimi 30 anni: tre anni fa, c’era una volta piazza Tahrir.

In questi stessi giorni stiamo vivendo in Ucraina delle violente manifestazioni che da quelle di Euromaidan (“piazza Europa”) della fine di novembre 2013 stanno mutando in una guerra civile condotta da varie minoranze sociali e ultra-nazionaliste contro il governo ucraino reo di aver preferito i 15 miliardi di dollari della Russia alle vaghe promesse dell’Unione europea.

Catherine Ashton, Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza, aveva incontrato alla fine di luglio 2013 il deposto presidente egiziano, l’esponente della fratellanza musulmana Mohammad Morsi detenuto in una prigione militare, invece nel novembre 2013 è apparsa in piazza con i manifestanti di Kiev dove si appresta a tornare la prossima settimana.

La stessa attenzione non è stata prestata dall’Unione europea verso chi, all’interno dei suoi confini, dagli Indignados spagnoli, ai vari gruppi di Occupy, alle imponenti manifestazioni in Grecia, protestava per il diritto alla dignità contro i governi schiavi delle banche e della Troika.

Due pesi e due misure!

Ramanzine retoriche sono state propinate dall’Unione europea al governo islamista turco di Recep Tayyip Erdoğan che ha represso con ferocia gli studenti che protestavano a piazza Taksim nel maggio 2013, e poco o nulla si sta facendo nei riguardi delle successive repressioni di insegnanti e altri pubblici funzionari che manifestavano ad Ankara, oppure per la repressione contro i giornalisti, e da ultimo per le epurazioni massicce che in questi giorni colpiscono tutti i servizi pubblici turchi, dalla magistratura alla polizia.

Foto di gruppo mettono l’Alto Rappresentante dell’UE sul podio dei “grandi” nei negoziati sul nucleare iraniano e su quelli per la Siria. Una “grandezza” il cui peso reale non si riesce a misurare. Un superattivismo mediatico di fine mandato, che è perlomeno sospetto.

Tra tutti questi eventi è però la battaglia a Kiev che è provvidenziale per l’Unione europea. In un momento di bassissima popolarità tra i propri cittadini, finalmente esistono dei “martiri” per l’Europa prontamente ribattezzati dai media compiacenti come “manifestanti europeisti”. Certo che dopo i “santi” alla Robert Schuman, gli “idealisti” alla Altiero Spinelli, i fallimentari “funzionalisti” alla Jacques Delors, gli opachi e mediocri attuali leader europei hanno bisogno di tingere di rosso, con il pathos epico che solo i martiri possono fornire, la stanca bandiera blu con la corona di 12 stelline gialle. Ma nelle piazze ucraine non vediamo nessun Doctor Gratiae e negli scritti dei manifestanti non si leggono “Confessioni”.

Vista la pervicace dannosità che l’Unione europea è inconsapevolmente capace di sprigionare, che i governi, come infatti fanno quello italiano e tedesco, intervengano presto per evitare il peggio.

Cairo against Mubarak

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